Confedir

Pubblico impiego: salta l’intesa tra Governo e parti sociali sul rinnovo dei contratti

Al termine dell'incontro svolto all'Aran, i sindacati hanno detto no all’ipotesi di rinnovo dei contratti: non sono state stanziate le risorse, sono stati confermati i tagli e l’abolizione degli scatti stipendiali. Confedir: persi due anni di contrattazione, il Governo è tornato a riproporre il modello Brunetta del febbraio 2011. Con l'aggravante che nel frattempo gli stipendi degli statali sono tornati quelli di 24 anni fa.

Fumata nera oggi all'Aran in occasione dell'incontro organizzato tra i rappresentanti del Governo, in particolare della Funzione Pubblica, e le parti sociali, tra cui tutte le confederazioni sindacali interessate, per trovare un accordo sulla definizione dei parametri generali su cui costruire nel 2014 i nuovi contratti collettivi nazionali dei vari comparti del pubblico impiego.

L'amministrazione ha messo sul tavolo una proposta di intesa che si discosta sensibilmente dal protocollo del maggio scorso e che, a sorpresa, riprende in buona parte l'accordo del 4 febbraio 2011 che alcune confederazioni sindacali, tra cui la Confedir, non firmarono. Oggi, come allora, diversi obiettivi difficilmente realizzabili indicati dalla riforma Brunetta sono stati riproposti: sostanzialmente, le relazioni sindacali si ridurranno quasi esclusivamente a un diritto di informativa sui temi dell'organizzazione degli uffici, costituzione fondi per i trattamenti accessori da gestire poi in sede di contrattazione integrativa, processi di riorganizzazione che producano esuberi ed avvio di processi di mobilità.

Sempre se passasse questa proposta, i sindacati avranno la possibilità di partecipare ai tavoli sull'esame congiunto dei criteri per l'individuazione degli esuberi e sulle modalità dei trasferimenti. Ma questi dovranno obbligatoriamente completarsi entro 30 giorni. È se non arriverà l'accordo, lasceranno campo libero all'amministrazione. Inoltre, sempre scorrendo la proposta, l'esame congiunto tra le due parti potrà avvenire solamente sui criteri di regolazione dei rapporti di lavoro, sulle pari opportunità e sul mobbing: aspetti tutt'altro che essenziali.

Confermata poi l'introduzione del merito, che andrà a sostituire gli scatti automatici in busta paga. Inoltre tutto il processo sarà vincolato alla reperibilità delle risorse provenienti da nuovi risparmi o tagli che già hanno piegato la macchina amministrativa. E che non garantiscono il legame minimo degli aumenti di stipendio al costo della vita, visto anche che il potere d’acquisto degli italiani si è ridotto a quello di oltre due decenni fa.

Viene inoltre confermato il blocco degli stipendi fino al 2014, già previsto dalla legge 122/2010. Come è ripresa l’idea dell’applicazione di criteri di produttività (performance personale) nella gestione ed assegnazione dei trattamenti economici accessori. Il tutto, sempre senza individuare linee guida, criteri generali e obiettivi e senza prevedere risorse economiche aggiuntive.

"Per la Confedir - dichiara Marcello Pacifico, delegato al contenzioso - è evidente che non si possono punire i dirigenti e dipendenti pubblici fermi, come ci ha detto l'Istat in questi giorni, al potere d’acquisto di 24 anni fa. Né il premio del merito può essere legato alla filosofia di nuovi tagli, visto che già abbiamo ridotto di uno su dieci i posti nel pubblico impiego. Per non parlare della scuola, dove si sono persi oltre 150mila posti in tre anni ed è stato ridotto di un terzo il fondo d’istituto destinato alle scuole a supporto delle attività didattiche".