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Confedir-Unadis: Venti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego: la dirigenza dello Stato tra riforma, controriforma e prospettive future

Intervento di Marcello Pacifico, presidente Anief, delegato Confedir alte professionalità, direttivi e quadri P. A. alla Tavola rotonda “Status della dirigenza in venti anni di contrattazioni” - Roma, Centro Congressi Cavour, 12 aprile 2013.


1993-2013: perché si è penalizzato il pubblico impiego rispetto al comparto privato? E l’Europa?

Dal d.lgs. 29/1993 al d.lgs. 165/01 come modificato dal d.lgs. 150/09, ovvero dall’introduzione della privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, diverse norme hanno cambiato l’organizzazione e il funzionamento della macchina amministrativa statale con evidenti riflessi sulla carriera di dirigenti e dipendenti della P. A., anche in deroga a precise scelte negoziali e diritti non comprimibili, per ragioni di finanza pubblica.

Nessuna finestra sulla riforma delle pensioni attuata dalla riforma Fornero, trattenuta del 2,5% sul TFR per i neo-assunti dopo il 2000, blocco del contratto per il quadriennio 2010-2013 con riduzione del potere d’acquisto degli stipendi a ventitré anni fa, riduzione degli organici (- 275.000 posti di lavoro negli ultimi sei anni) e conseguente applicazione della mobilità coatta-cassa integrazione, deroga alla stabilizzazione dei precari della scuola e della sanità prevista dalla UE (direttiva 1999/70/CE) sono soltanto alcuni dei temi che rendono evidente come oggi conviene essere assunti dai privati piuttosto che nel pubblico impiego. L’esperienza privatistica ha influito sulla materia delle pensioni, del trattamento di fine servizio, della produttività e del merito, della razionalizzazione, dei licenziamenti, della mobilità, della stabilizzazione, subendo una controriforma che ha reso precari gli impegni assunti negli anni dai Governi con le parti sociali, sotto la scure dei mercati, fino a penalizzare ingiustificatamente e discriminativamente i lavoratori assunti nel pubblico rispetto al comparto privato.

Lo si è visto ancora di recente con la legge n. 214/11 che ha aperto delle finestre per le pensioni soltanto per i privati sconvolgendo i piani pensionistici integrativi degli statali, costretti, peraltro, a pagarsi, attraverso fondi di comparto e bancari, lo stesso trattamento pensionistico che è stato garantito fino a ieri dallo Stato o ancora con la legge n. 228/12 che ha riportato al regime di TFS i dipendenti e dirigenti pubblici assunti prima del 6 maggio 2000 che chiedevano la restituzione della trattenuta del 2,5% sullo stipendio per il transito in regime di TFR, totalmente a carico dell’azienda (art. 2120 Codice civile), dopo la declaratoria di incostituzionalità (sentenza n. 223/12) dell’art. 12, c. 10 della legge n. 122/10. E lo abbiamo letto ancora di recente nella proposta di intesa sulle nuove relazioni sindacali, avanzate il 6 marzo 2013 dal Governo alle parti sociali, in aderenza al d. lgs. 150/09, quando si è ricordato il blocco dell’anzianità retributiva per il quadriennio 2010-2013 e si è caldeggiato la sostituzione, a partire dagli anni successivi, degli scatti di stipendio con il sistema premiale della performance individuale, sempre che siano reperite risorse aggiuntive derivate da nuovi risparmi, mentre la Consulta (sentenza n. 223/12) ha cancellato il blocco degli automatismi di carriera dei magistrati (art. 9, c. 21, L. 122/2010).

Di contro, il piano di razionalizzazione secondo i criteri di efficienza e di efficacia previsto dalla legge n. 133/2008 - mai verificati e accertati - ha ridotto di 275.000 unità la pianta degli organici negli ultimi sei anni (di cui 200.000 nella scuola) e degli uffici (ad es. - 4.000 scuole autonome su 12.000), mentre deve essere ancora adoperata dal Governo la nuova forbice per il taglio del 10% del personale dipendente e del 20% del personale dirigente ai sensi della recente legge n. 135/12, con l’attivazione di meccanismi di mobilità coatta intercompartimentale, cassa-integrazione a 24 mesi con 80% di stipendio e licenziamento già preventivati dalla legge n. 183/12, licenziamenti peraltro legittimati per motivi economici ancora dalla recente legge n. 92/2012. E lo spoils system (delle leggi n. 145/2002, n. 286/2006) sul modello fiduciario del sistema aziendale, influenzato da scelte non sempre limpide e disinteressate del decisore politico continua a compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa privando il Paese di una classe dirigente eppure formata.

Infine, le recenti leggi introdotte per la scuola e la sanità nel 2011-2012 hanno derogato alla direttiva comunitaria 1999/70/CE sulla stabilizzazione del personale in servizio dopo 36 mesi, deroghe che il Governo ha richiesto, attraverso una specifica intesa sui contratti a termine lo scorso mese di marzo 2013, alle parti sociali anche per tutti gli altri precari della pubblica amministrazione con contratti in scadenza, secondo un sistema che ha fatto della precarietà in questi ultimi anni uno strumento di finanza pubblica per conseguire risparmi altrimenti irraggiungibili ma in spregio al principio di non discriminazione censurato dai tribunali del lavoro. E l’Europa quanto non dimenticata, diventa il grande assente visto che ancora non si è dotata di una direttiva comunitaria sulla dirigenza pubblica, mentre necessiterebbe di un aggiornamento, alla luce anche degli aspetti pubblicistici e di un’armonizzazione del sistema delle relazioni sindacali, la direttiva sull’organizzazione dell’orario di lavoro (1993/104, 2000/34, 2003/88) che non può essere accompagnati da provvedimenti analoghi sulla sola sicurezza.

La domanda iniziale, forse, non merita una risposta ma una proposta: queste riflessioni critiche vogliono invitare a ricostruire, insieme, un nuovo sistema dove l’organizzazione dell’orario e dei rapporti di lavoro per dirigenti e dipendenti sia davvero funzionale ai principi costituzionali sottesi all’azione amministrativa, all’interno di un contesto di relazioni sindacali certe e giuste, accompagnate da un serio piano di investimenti senza il quale, come abbiamo potuto accertare, non può essere introdotto nemmeno quel livello intermedio dei quadri - quello sì correttamente mutuato dai privati - indispensabile nella gestione dell’apparato pubblico, perché la P. A. è una risorsa del Paese non soltanto per l’Italia ma per l’Europa.

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