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Prelievo forzato sugli stipendi: l’Inps si adegua alla sentenza 116/13 della Corte costituzionale

Per le pensioni più ricche in arrivo sospensione del contributo indebito e arretrati. Confedir chiede al Mef che per equità si applichi la decisione della Consulta anche agli altri redditi: va restituita l’aliquota del 2,69% del TFS per il biennio 2011-2012 e del 2,5% di TFR, indebitamente trattenuto per i neo-assunti a partire del 15 maggio 2000. Pacifico: la parità di trattamento e un’adeguata retribuzione dei lavoratori devono prevalere, anche in presenza di interessi rilevanti di bilancio.

Sull’illegittimità del “contributo di perequazione” applicato dal 2011 dallo Stato su stipendi e pensioni superiori ai 90mila euro, Confedir si era espressa 40 giorni fa. Ed ora anche l’Inps si adegua, dando applicazione alla sentenza 116/13 della Corte costituzionale: attraverso il messaggio n. 11243, l’Istituto nazionale di previdenza ha chiesto alle proprie strutture di sospendere, dal mese di agosto, l’applicazione del prelievo (5% tra 90 e 150mila euro annui, 10% fino a 200mila e 15% sopra questo tetto) e di restituire quanto trattenuto nel 2013. Inoltre, presto saranno indicate anche le modalità per i rimborsi degli anni precedenti.

Confedir coglie l’occasione per chiedere al Ministero dell’Economia e delle Finanze di fare altrettanto con tutti i dipendenti pubblici. Restituendo l’aliquota del 2,69% del TFS per il biennio 2011-2012 (quale differenziale tra il 9,60% spettante e il 6,91% attribuito prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, cc. 98-99 della legge n. 228/12) e del 2,5% di TFR, indebitamente trattenuto per i neo-assunti a partire del 15 maggio 2000 (ai sensi dell’art. 1, c. 2 del DPCM 20 dicembre 1999).

Secondo Marcello Pacifico, segretario organizzativo Confedir e presidente Anief, “per ovvi motivi di equità, infatti, la sentenza della Consulta va applicata alle aliquote illegittime applicate a tutti i redditi: si tratta semplicemente di adottare il principio di uguaglianza sostanziale dei cittadini davanti alla legge. Un concetto presente in più articoli della Costituzione. E, come ribadito dalla Consulta, anche in presenza di interessi rilevanti di bilancio non può decadere. È un principio – conclude Pacifico - su cui si regge il nostro ordinamento. Che deve necessariamente condurre ad una parità di trattamento e a un’adeguata retribuzione dei lavoratori”.

La Confederazione è anche cosciente che i presupposti perché ciò venga riconosciuto non vi siano. È emblematico che proprio nelle ultime ore, presso l’Aran, i rappresentanti della PA hanno confermato alle organizzazioni sindacali, a nome del Governo, di voler tirare dritto sulla linea del mantenimento del blocco dei contratti per il 2014 e di non voler riconoscere gli scatti attribuiti nel 2011. Non solo, l’amministrazione sembrerebbe anche intenzionata a “congelare” una parte dei permessi sindacali retribuiti fruiti dalle Rsu dei dirigenti.

Viene da chiedersi se questo irrigidimento ulteriore delle posizioni della parte pubblica derivino anche dai risultati ottenuti dall’azione sindacale della Confederazione. Che in questo modo verrebbe “punita”. In tal caso, è quasi inutile annunciare che Confedir si rivolgerà al Tribunale. Anche per l’annullamento di quest’ultima norma iniqua e antisindacale.