‘Lo schema di decreto legislativo per la promozione dell’inclusione scolastica, all’esame del Parlamento, non sembra garantire i diritti, né soddisfare i bisogni degli studenti disabili, pertanto, abbiamo chiesto chiarimenti al ministro dell’istruzione’, spiega il gruppo di senatori proponenti. Che chiedono anche ‘i necessari correttivi’ a un testo che ‘desta forti preoccupazioni’. Il sindacato, intanto, torna a chiedere la cancellazione della norma che prevede il conferimento di un semplice attestato di frequenza della scuola media e nessun titolo reale. E del dispositivo immotivato che impone il passaggio da 5 a 10 gli anni di permanenza minima del docente di sostegno sul settore.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non si può pensare di garantire la continuità didattica solo costringendo il docente specializzato a rimanere sull’alunno. Come non possiamo che contrastare la norma che alza il numero di alunni in presenza di un disabile grave nel gruppo-classe: come si può pensare di elevare la qualità della didattica ‘speciale’ se a governare sono sempre le esigenze di cassa? È chiaro che se riparlerà in tribunale: i giudici saranno chiamati a esprimersi sull’ennesima lesione del diritto allo studio. Infine, non possiamo non ricordare che la delega sul sostegno non si occupa di un aspetto fondamentale: il dato nazionale degli oltre 40mila posti, su 140mila, che ogni anno devono andare in deroga fino al 30 giugno, a causa di una legge, la 128/2013, che non si riesce a cancellare.
È tutto da rifare il decreto legislativo della Legge 107/15 sulle norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità: all’immotivato raddoppio di permanenza dei docenti immessi in ruolo, frutto del falso mito della continuità didattica, da una più attenta revisione del testo della legge delega, già approvata dal Consiglio dei Ministri, emerge che con la delega passa a 22 il numero di alunni per classe in presenza di alunni con disabilità gravi certificate.
La denuncia non arriva solo dalle associazioni di settore, ma anche da diversi parlamentari: per questo e altre motivazioni, un gruppo di senatori – Orellana, Bencini, Uras, Bocchino, Battista e Romani (Gruppo per le Autonomie – Psi – Maie) - ha presentato un’interrogazione al Ministro dell’Istruzione perché “il testo presenta, dunque, numerose criticità e su diverse questioni non soddisfa la delega sull’inclusione scolastica contenuta nel decreto sulla buona scuola; non si rispetta il principio della continuità didattica e si alza da 20 a 22 il numero degli alunni presenti nelle classi con studenti disabili, rendendo oltretutto tale termine non vincolante”.
“Lo schema di decreto legislativo per la promozione dell’inclusione scolastica, all’esame del Parlamento, non sembra garantire i diritti, né soddisfare i bisogni degli studenti disabili, pertanto, abbiamo chiesto chiarimenti al ministro dell’istruzione”, ha sottolineato il senatore Luis Alberto (Aut), primo firmatario di una interrogazione presentata in Senato. I senatori auspicano “i necessari correttivi” a un testo che “desta forti preoccupazioni”, perché “in base al nuovo decreto il diritto al sostegno didattico verrà ora basato sulla valutazione diagnostico-funzionale, con la conseguenza di delineare un meccanismo che sembra più attento alle esigenze di organico e di razionalizzazione delle risorse che non ai reali bisogni degli studenti con disabilità”.
Anief ricorda che la delega sulla riforma del sostegno, contenuta nell’Atto 378, mette a rischio la possibilità che un alunno disabile possa conseguire la licenza media: al posto del titolo di studio, gli verrebbe conferito un semplice attestato di frequenza. Poiché, infatti, con il decreto sulla nuova valutazione degli alunni approvato dal Governo, nella sezione riservata alla “valutazione degli alunni con disabilità e disturbi specifici di apprendimento” (art. 12, comma 5) si parla di prove d’esame “equipollenti a quelle ordinarie” e valide ai “fini del superamento dell'esame e del conseguimento del diploma finale”. Tuttavia, qualora non si raggiungano gli obiettivi minimi nazionali, l’alunno non ha possibilità di conseguire il titolo di studio, ma potrà ottenere non più di un attestato di frequenza.
C’è poi la norma che porta da 5 a 10 gli anni di permanenza minima del docente di sostegno sul settore. Pensare però di salvaguardare i bisogni formativi dell’allievo e la continuità didattica, confermando lo stesso insegnante di sostegno per un alto numero di anni, è un’illusione. Gli ispiratori della legge delega non hanno infatti considerato un aspetto fondamentale: ogni insegnante di sostegno è inserito all’interno dell’organico dell’istituto scolastico e, poi, nel Consiglio di Classe. Quindi, all’inizio del nuovo anno scolastico, sempre che abbia mantenuto la stessa sede di servizio, nulla vieta che possa cambiare allievo. Ma ammesso pure che mantenga l’affiancamento al medesimo alunno, c’è da ricordare che la programmazione educativa individualizzata, che ne definisce le modalità formative, dipende dalle indicazioni super partes provenienti dell’equipe medica e psico-pedagogica: il Pei non è frutto del singolo docente, ma sempre e solo del Consiglio di Classe, che periodicamente cambia volto e strategie.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “costringere il docente di sostegno a seguire lo stesso alunno con programma differenziato, non comporta alcuna garanzia di continuità per la formazione dell’alunno: l’insegnante di sostegno è titolare della scuola e non dell’alunno, ma anche perché tutto il Consiglio di Classe potrebbe avere nuovi insegnanti grazie ai trasferimenti. È chiaro che non si può pensare di garantire la continuità didattica solo costringendo il docente di sostegno a rimanere sull’alunno. Non possiamo che contrastare, inoltre, la norma che alza il numero di alunni in presenza di un disabile grave nel gruppo-classe: come si può pensare di elevare la qualità della didattica ‘speciale’ se a governare sono sempre le esigenze di cassa?”
“Se dovesse passare questa norma, che porta a 22 gli alunni per classe laddove ci sia un disabile certificato – continua Pacifico –, è chiaro che se ne riparlerà in tribunale: i giudici saranno chiamati a esprimersi sull’ennesima lesione del diritto allo studio. Infine, non possiamo non ricordare che la delega sul sostegno non si occupa di un aspetto fondamentale: il dato nazionale degli oltre 40mila posti, su 140mila, che ogni anno devono andare in deroga fino al 30 giugno, a causa di una legge, la 128/2013, che non si riesce a cancellare. In questo panorama, l’unica cosa certa è che anche il prossimo anno assisteremo a organici e assegnazioni centrifugate. Noi, col nostro piano di emendamenti alla legge delega sul sostegno, abbiamo indicato la strada giusta: la speranza – conclude Pacifico – è che i parlamentari ora e il Governo poi, ci seguano”.
Per approfondimenti:
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