I lavoratori hanno diritto a “beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane“. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione Europea, attraverso una sentenza riguardante un dipendente pubblico di Vienna, Hans Maschek, che si era visto rifiutare l’indennizzo per le ferie non godute a causa di una malattia subita nel periodo precedente l’accoglimento della sua domanda di pensionamento. A riprendere il provvedimento, l’Anief, in un comunicato nel quale si aggiunge che i giudici di Lussemburgo hanno pure ribadito che “il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione“. Questo “è conferito a ogni lavoratore, indipendentemente dal suo stato di salute. Quando cessa il rapporto di lavoro e dunque la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile, la direttiva prevede che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, egli non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria”.
I lavoratori hanno diritto a “beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane“. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione Europea, attraverso una sentenza riguardante un dipendente pubblico di Vienna, Hans Maschek, che si era visto rifiutare l’indennizzo per le ferie non godute a causa di una malattia subita nel periodo precedente l’accoglimento della sua domanda di pensionamento. A riprendere il provvedimento, l’Anief, in un comunicato nel quale si aggiunge che i giudici di Lussemburgo hanno pure ribadito che “il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione“. Questo “è conferito a ogni lavoratore, indipendentemente dal suo stato di salute. Quando cessa il rapporto di lavoro e dunque la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile, la direttiva prevede che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, egli non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria”.
“Al ministero dell’Istruzione stanno lavorando alacremente per l’individuazione definitiva dei titoli da collegare alla chiamata diretta dei docenti, che porterà quasi 10 mila docenti, in prevalenza assunti con le fasi finali della Legge 107/2015, a ottenere la titolarità su ambito territoriale: dopo la rottura con i sindacati, l’amministrazione avrebbe sempre più l’intenzione di redigere, a breve, delle linee guida con all’interno un ventaglio base di requisiti molto ampio, da cui successivamente i dirigenti ricaveranno i 4 o 6 requisiti ritenuti utili per l’assegnazione del posto con la nuova modalità prevista dal comma 79 della riforma approvata un anno fa dal Governo”. Così l’Anief in una nota circolata in questi giorni, dove sottolinea come questo modo di procedere possa essere “addirittura peggiorativo della Legge 107/2015, che già conteneva una percentuale altissima di storture e norme peggiorative per la didattica e il personale che la mette in atto”.
“L’individuazione, quasi maniacale, dei titoli – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – su cui Miur e sindacati, sino a giovedì scorso, hanno continuato a spendere tempo ed energie, non risolve il problema. Non cambia nulla, infatti, se i requisiti richiesti per ricoprire il posto sono ristretti o allargati: in ogni caso, l’adozione di modalità standard, sulla base di parametri generici, costituisce una forzatura rispetto alle precipue necessità espresse dalla scuola attraverso il Piano dell’ offerta formativa triennale”.
“L’individuazione dei titoli – sottolinea Pacifico – non era e non rimane l’aspetto fondamentale attorno a cui concentrarsi: in ogni caso, le esigenze della scuola verranno dettate preliminarmente da Viale Trastevere. La logica vorrebbe, invece, che accadesse l’esatto opposto: è ogni scuola, sempre sulla scorta di quanto indicato dall’organo supremo in materia, il Collegio dei docenti, che deve indicare i requisiti, senza che questi siano decisi a monte o dall’esterno. La Legge, del resto, parla chiaro: a tenere in mano il timone sono le richieste delle scuole, non l’amministrazione centrale attraverso liste precostituite da far utilizzare ai presidi”.
LE PROSPETTIVE - LA TECNICA DELLA SCUOLA
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IL PUNTO
I RICORSI
Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione
Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo
Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti