Concorso a cattedra. Anche la Gilda ricorre in tribunale. Ma non può chiedere l’abilitazione automatica per tutti gli idonei, anche se non vengono assunti. Né può puntare all’annullamento della procedura.
Apprendiamo con una certa soddisfazione che anche la Gilda degli insegnanti ha deciso di seguire la via del ricorso contro il concorso a cattedra bandito nei giorni scorsi dal ministero dell’Istruzione e le cui prove preselettive si svolgeranno nel prossimo mese di dicembre. Tuttavia apprendiamo anche che sempre secondo la Gilda “la legge stabilisce che l’abilitazione all’insegnamento viene assegnata attraverso il concorso, mentre secondo il bando il titolo può essere acquisito soltanto da chi prende il posto in cattedra”.
L’Anief reputa questa posizione erronea, poiché la normativa vigente sul reclutamento dei docenti (D.Lgs 297/1994 come modificato dalla L. 124/99), cui il Miur si è riferito per bandire il concorso, consente al ministro dell’Istruzione di decidere se concedere o meno l’abilitazione anche al personale risultato idoneo tramite concorsi pubblici: l’abilitazione all’insegnamento, quindi, non viene automaticamente acquisita, anche se si è risultati abili all’insegnamento.
La Gilda, inoltre, punterebbe ad impugnare il concorso “al Tar del Lazio per chiederne l’annullamento”. Anche su questo punto, dobbiamo dissentire: il ricorso al tribunale amministrativo regionale non può bloccare il concorso a cattedra. Quello che è possibile, invece, è che i giudici riscontrino le discrepanze e indichino al Miur quali modifiche attuare. Come, appunto, l’introduzione di una graduatoria di merito per i prossimi tre anni.
Che, non a caso, è quanto ha chiesto l’Anief: censurare l’inesistenza di una graduatoria di merito, la cui realizzazione non pregiudicherebbe l’esito del concorso. Mentre garantirebbe a partecipanti la loro corretta collocazione.