È una delle indicazioni prioritarie giunte dal secondo Congresso nazionale dell’Anief, che rappresentano anche una risposta alle sollecitazioni dello stesso neo ministro dell’Istruzione rivolte ai sindacati e incentrate su mobilità, leggi delega e rinnovo contrattuale. Dagli oltre 400 delegati Anief, riuniti a Roma, è stato espresso un concetto unanime: la chiamata diretta ha creato un diffuso malcontento tra i lavoratori, selezionati per la prima volta con una logica discrezionale, di tipo aziendale e non consona alla scuola pubblica. Inoltre, non è efficace nemmeno per il miglioramento della didattica, perché i nuovi Piani dell’Offerta Formativa triennali prevedevano un reclutamento del personale necessario per la loro realizzazione, ma dopo il primo anno di sperimentazione la maggior parte degli istituti ha chiesto attraverso i bandi di reclutamento obbligatori alcune professionalità che, nella maggior parte dei casi, non sono mai arrivate. Inoltre, la mobilità a domanda e d’ufficio è stata effettuata per ambiti territoriali, facendo così perdere continuità didattica e titolarità a docenti che avevano anche decenni di insegnamento alle spalle.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Anief): stiamo parlando di una modalità selettiva priva di alcun beneficio, che va cancellata al più presto, per ridare spazio alla titolarità su sede, attraverso la valutazione di titoli e servizio acquisiti. È necessario il ripristino della titolarità su sede all’interno dell’ambito di attuale appartenenza, sia per il personale docente attualmente in servizio, sia per il personale docente di prossima assunzione a decorrere dai contingenti di immissione in ruolo in via di definizione per il prossimo anno scolastico; lo stesso, poi, dovrà valere per i docenti che in fase di mobilità dovessero richiedere una diversa sede. Pensare di mantenere la chiamata diretta, invece, rappresenterebbe confermare la ‘madre’ di tanti problemi e discriminazioni professionali.
“La chiamata diretta dei docenti introdotta dal Governo Renzi si è rivelata un vero fallimento e va cancellata al più presto, per ridare spazio alla titolarità su sede, attraverso la valutazione di titoli e servizio acquisiti: il nuovo ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, è bene che lo sappia, perché è una delle correzioni legislative imprescindibili della ‘Buona Scuola’, senza la quale qualsiasi progetto di risanamento della nostra istruzione pubblica verrebbe vanificato”. A dirlo èMarcello Pacifico, neo-confermato presidente nazionale Anief fino al 2020, dando in questo modo voce alle indicazioni giunte dal secondo Congresso nazionale del giovane sindacato e rispondendo alle sollecitazioni dello stesso neo ministro dell’Istruzione rivolte ai sindacati e incentrate su mobilità, leggi delega e rinnovo contrattuale.
Dagli oltre 400 delegati Anief, riuniti a Roma, è stato espresso un concetto unanime: la chiamata diretta ha creato un diffuso malcontento tra i lavoratori, selezionati per la prima volta con una logica discrezionale, di tipo aziendale e non consona alla scuola pubblica. Non è, poi, efficace nemmeno per il miglioramento della didattica, perché i nuovi Piani dell’Offerta Formativa triennali prevedevano un reclutamento del personale necessario per la loro realizzazione, ma dopo il primo anno di sperimentazione la maggior parte degli istituti ha chiesto attraverso i bandi di reclutamento obbligatori alcune professionalità che nella maggior parte dei casi non sono mai arrivate. Inoltre, la mobilità a domanda e d’ufficio è stata effettuata per ambiti territoriali, facendo così perdere continuità didattica e titolarità a docenti che avevano anche decenni di insegnamento alle spalle, con alcuni di loro obbligati a spostarsi anche fuori provincia e con lo spauracchio di finire pure in un’altra regione.
“Per questi motivi – spiega il presidente Anief – il nostro sindacato ritiene necessario il ripristino della titolarità su sede all’interno dell’ambito di attuale appartenenza, sia per il personale docente attualmente in servizio, sia per il personale docente di prossima assunzione a decorrere dai contingenti di immissione in ruolo in via di definizione per il prossimo anno scolastico; lo stesso, poi, dovrà valere per i docenti che in fase di mobilità dovessero richiedere una diversa sede, su altro ambito provinciale e non. Pensare di mantenere la chiamata diretta, invece, rappresenterebbe confermare la ‘madre’ di tanti problemi e discriminazioni professionali”.
L’Anief, pertanto, chiede pubblicamente, attraverso apposita mozione, “la soppressione della chiamata diretta. Perché si tratta di uno strumento di reclutamento non voluto, poco utilizzato e poco affine alle necessità legate all’autonomia scolastica, rivelatosi altresì focolaio di tensioni sindacali ed emotive”. Perché “la Chiamata Diretta si è rivelato uno strumento non richiesto a priori, non utilizzato al presente e poco utilizzabile in future”, anche “per mancanza delle professionalità richieste”.
Come alternativa valida a questo modello di selezione del personale, inadatto alla scuola, il sindacato “si impegna a facilitare il collocamento del personale richiedente mobilità presso la sede di ambizione indipendentemente dall’attuale ambito territoriale di appartenenza anche promuovendo il rafforzamento dei legami di interconnessione tra enti locali, attività produttive, background socio-economico del territorio ed istituzioni scolastiche, elementi tesi a valorizzare i percorsi scolastici nel territorio di appartenenza”.
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