Un’altra sentenza storica incassata dal sindacato Anief a favore di un lavoratore della scuola: ad emetterla è stata la sezione Lavoro del Tribunale di Messina che nell’esaminare il ricorso di un insegnante di scuola superiore, precario dal 2000 al 2014, ha dato ragione al suo ricorso, derivante dal mancato riconoscimento degli scatti di anzianità professionale in tutti quegli anni, accordandogli oltre 30 mila euro di risarcimento e la collocazione su una fascia stipendiale maggiore. Dopo avere studiato la normativa non sussiste, il giudice ha rilevato che non c’è “alcuna “ragione oggettiva”, concretatasi in peculiari elementi, circostanze o modalità di esecuzione del rapporto di lavoro, che valga a distinguere l’attività lavorativa prestata dal ricorrente rispetto a quella svolta dai colleghi di ruolo (v. sul punto già sent. Corte di Giustizia sent. 22 dicembre 2010, cause riunite C-444/09 e C- 456/09, Gavieiro Gavieiro)”. Per questi motivi, il docente “ha, dunque, diritto al pieno riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata e quindi alla medesima progressione economica dei docenti di ruolo per i servizi annuali e/o superiori a 180 giorni l’anno svolti dall’a.s. 2000/2001 all’a.s. 2013/2014”.
Per il Tribunale, dunque, “il Ministero convenuto va condannato alla corresponsione in favore del ricorrente di 20.782,22 euro per la progressione economica e quindi a titolo di incrementi stipendiali, connessi all’anzianità di servizio, non percepiti durante tutto il periodo di precariato e di 9.324,52 euro per l’integrale valutazione del servizio preruolo ai fini della ricostruzione della carriera dopo l’assunzione a tempo indeterminato, previa disapplicazione dell’illegittimo decreto qui impugnato, per complessivi 30.106,74 euro, oltre interessi legali”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ritiene che “l’Rpd, come la Cia per il personale Ata, non può essere omessa dallo stipendio: il diritto euro-unitario lo dice chiaramente. E adesso anche quello nazionale. I docenti, educatori e Ata farebbero bene a valutare se rivolgersi alle nostre strutture territoriali per presentare ricorso ad hoc per il recupero della Retribuzione professionale docente. Le cifre risultano sempre più rilevanti, soprattutto se le supplenze sono durate diversi anni”.
LA RICHIESTA DEL SINDACATO
La richiesta dei legali Anief è stata quella, in particolare, “di accertare il proprio diritto all’immediato riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, di tutta l’anzianità di servizio maturata con i diversi contratti stipulati, come se il rapporto fosse stato costituito sin dall’inizio a tempo indeterminato, e di condannare l’Amministrazione resistente, in sede di ricostruzione della carriera e in conseguenza dell’imprescrittibilità dell’anzianità di servizio, a collocarlo nella fascia stipendiale corrispondente a tutta l’anzianità di servizio maturata ai sensi del CCNL Comparto Scuola applicabile ratione temporis al personale docente assunto a tempo indeterminato di pari qualifica”.
Nella sentenza, il Tribunale di Vicenza ricorda che la Corte di Giustizia UE “si è ripetutamente occupata dell’interpretazione di tale clausola” e gli Stati membri devono “assicurare al lavoratore a termine ‘condizioni di impiego’ che non siano meno favorevoli rispetto a quelle dell’assunto a tempo indeterminato ‘comparabile’”. Inoltre, il giudice ha rilevato che “le maggiorazioni retributive che derivano dall’anzianità di servizio del lavoratore costituiscono ‘condizioni di impiego’ ai sensi della clausola 4 cit., e quindi possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9 luglio 2015, causa C-177/14 Regojo Dans): a tal fine non è sufficiente che la disparità di trattamento sia prevista da una norma generale e astratta, di legge o di contratto”.
Tali “principi – scrive ancora il Tribunale - sono stati tutti ribaditi dalla Corte di Lussemburgo nella motivazione della recente sentenza del 20 giugno 2019 in causa C- 72/18, Ustariz Aróstegui, secondo cui «la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che riserva il beneficio di un'integrazione salariale agli insegnanti assunti nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in quanto funzionari di ruolo, con esclusione, in particolare, degli insegnanti assunti a tempo determinato come impiegati amministrativi a contratto, se il compimento di un determinato periodo di servizio costituisce l'unica condizione per la concessione di tale integrazione salariale»”.
Nelle conclusioni, “il giudice ha Il Tribunale, ogni ulteriore istanza disattesa: 1) dichiara il diritto” del docente “al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell’anzianità maturata per i periodi di servizio svolti alle dipendenze del MIUR, ora MIM, a tempo determinato per oltre 180 giorni l’anno dall’a.s. 2000/2001 all’a.s. 2013/2014 e quindi sia alla medesima progressione economica attribuita ai docenti di ruolo che alla ricostruzione di carriera dopo l’assunzione a tempo indeterminato, con applicazione della clausola di salvaguardia prevista dal C.C.N.L del 19 luglio 2011; 2) per l’effetto condanna il Ministero resistente a corrispondere al ricorrente la somma lorda di 30.106,74 euro, oltre interessi legali dalle singole scadenze al soddisfo, di cui 20.782,22 a titolo di differenze tra il trattamento stipendiale effettivamente percepito e quello dovuto per il suddetto periodo pre ruolo in base al sistema delle fasce di anzianità previsto dai contratti collettivi succedutisi nel tempo, e 9.324,52 euro per l’integrale valutazione dei servizi svolti in detto periodo ai fini della progressione di carriera dopo l’immissione in ruolo; 3) condanna, altresì, il Ministero resistente a pagare le spese di ctu e a rimborsare al” docente “le spese processuali, liquidate queste ultime in 4.887,5 euro, oltre spese generali, iva e cpa, distratte in favore dei procuratori antistatari in epigrafe indicati”.
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