Il 12 Marzo del 2011 è stata una giornata particolare: mentre in Italia un milione di persone si è raccolto intorno alla Costituzione e alla Scuola, il Giappone è stato travolto dallo Tsunami e dal rischio della catastrofe nucleare, il pensiero d'apertura della manifestazione è stato rivolto, infatti, ai popoli colpiti dalla tragedia. Le reminiscenze recuperano i fotogrammi di una famosa fiction degli anni Ottanta. In The day after si affrontava il tema della guerra fredda e del rischio nucleare insito nella minaccia bellica.
Certo è strano, però, che proprio in questi anni in cui si ridiscute l'esito del referendum sulle politiche energetiche italiane, sia proprio la natura a incalzare l'umanità spingendola aggressivamente verso una riflessione seria. Torna in mente l'abilità degli australiani di qualche mese fa, quando sono riusciti a prevedere l'onda anomala e ad evacuare in tempo la popolazione, si ricorda Haiti abbandonata al suo destino mentre resta scolpito nella memoria il terremoto de L'Aquila, previsto dall'inudita Arianna di turno. E se l'ironia della sorte vuole che Repubblica titoli uno dei suoi più recenti articoli sulla scuola, L'uragano di tagli del governo sull'istruzione, forse, un motivo ci sarà. Se è vero, infatti, che il campo delle previsioni si colloca in un orizzonte statistico di estrema incertezza, è vero anche che i fatti dimostrano che non è impossibile strutturare strategie efficaci di prevenzione e di gestione dei rischi e delle emergenze. La fallacia di tali sistemi non è solo l'esito dell'imprevedibilità del destino. Se si pensasse alle competenze necessarie per riuscire in un campo così esposto all’errore, sarebbe forse un'operazione così forzata? La preparazione di chi è preposto a ruoli di tale responsabilità è un parametro fondamentale sul quale riflettere soprattutto in un sistema viziato da un fenomeno clientelare di dimensioni abnormi come quello del nostro paese ed è, non sfugga ai più, un problema di natura culturale. La cultura passa dalla scuola e dall'università, ma l'uragano continua ad abbattersi sull'istruzione e sulla ricerca: 19.700 cattedre in meno l'anno prossimo significa non solo aumentare il tasso di disoccupazione tra i precari della scuola – le energie migliori del nostro sistema educativo – ma anche ridurre il monte ore delle lezioni degli alunni, intervenendo pesantemente sul diritto allo studio. Alla scuola elementare, le precedenti 40 ore per tutti sono diventate opzionali: le famiglie possono scegliere moduli di 30, 27 e 24 ore settimanali (Chi dice che inItaliale famiglie non possono scegliere?!?). Alle medie le ore settimanali sono 30 e il tempo prolungato è disponibile nel 21% a fronte del vecchio 29% delle scuola, ma è alle superiori che il tempo-scuola passa sotto la mannaia dei tagli più incisivi: per risparmiare sugli 87.000 sprechi i liceali italiani siederanno tra i banchi per 71 mila ore di lezione in meno, gli aspiranti periti per 240 mila ore di lezione a settimana e gli studenti degli istituti professionali per ben 223 mila ore in meno. Tutto questo senza decremento di alunni, ma solo di classi.
E se gli alunni sono gli stessi, ma le classi sono di meno, il senso è uno: peggiorare le condizioni di insegnamento-apprendimento nelle aule, con la scusa che meno insegnanti sarebbero meglio pagati. Davvero un bel modo di blandire i professionisti dell'istruzione, di convincerli che un futuro peggiore per tutti è il prezzo per un presente migliore di pochi. Qualcuno il 12 Marzo lo ha detto chiaramente: i nostri studenti non sanno come andrà il loro futuro, non conoscono il passato e nessuno spiega loro il presente, manca il tempo per farlo e, del resto, il vero programma ministeriale è proprio quello di sottrarre loro strumenti per interpretare il loro tempo, affinché non diventino troppo autonomi, perché non capiscano a fondo come esercitare con libertà e con consapevolezza i propri diritti di cittadinanza ad esempio votando i candidati migliori o pretendendo che i loro rappresentanti sappiano proteggerli dai disastri e tutelarli dalle conseguenze.
Marystar, invece, the day after, dice che "il vero punto non è quello delle risorse, ma come vengono investite. Il governo non ha fatto tagli alla scuola, ma agli sprechi. La spesa per la scuola negli ultimi anni è infatti aumentata del 30 per cento, non è diminuita":
- Salve, sono la professoressa Spreco e vengo da Genova. In corso c'è una petizione per raccogliere le firme per portare avanti un disegno di legge di solidarietà nazionale per ricostruire L'Aquila.
Nella rovina del disastro ambientale, la professoressa Spreco si aggira con circospezione, forse solo l'appello del papa potrà fermare la catastrofe... E da papa Roncalli a papa Ratzinger, saluti dalla scuola con furore.
14/03/2011
Antonietta De Luca
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.