Anche tu da queste parti? Sono almeno dieci click che ti osservo, sai?
Scommetto che apparteniamo allo stesso popolo.
Lasciami indovinare…anche tu vai in crisi quando ti chiedono: “Dove abiti?”, ti imbarazzano domande come: “Da dove vieni?”, “Dove vai?”, “Quanto tempo rimani?”? Allora sei dei nostri. Se poi cominci addirittura a balbettare quando qualcuno vuole sapere dove lavori, be’, collega, sai cosa c’è? Sei proprio al posto giusto qui ed ora, almeno su questa pagina e l’inchiostro seminato dall’aratro digitale della mia tastiera è proprio per te.
I giudici hanno optato per il riconoscimento integrale dell’anzianità pregressa, mediante la corresponsione delle maggiorazioni dovute agli aumenti stipendiali già riconosciuti ai colleghi insegnanti a tempo indeterminato: con ben sette sentenze ottenute dall’Anief, il Miur è stato condannato per violazione delle norme comunitarie nei confronti dei supplenti cui non aveva mai riconosciuto il diritto alle progressioni di carriera e all’anzianità di servizio maturata in ragione dei tanti contratti a termine succedutisi negli anni.
IL PARERE DEI GIUDICI: “in assenza di ragioni oggettive di deroga al principio di non discriminazione sussiste il diritto dei ricorrenti alla progressione professionale retributiva, negli stessi termini previsti per il personale di ruolo” ribadendo che “non possono esservi dubbi sul fatto che l’Ordinamento comunitario prescrive come regola la parità di trattamento tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato nel settore privato come in quello pubblico”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): quella emessa dai tribunali piemontesi conferma la bontà della vittoria del sindacato presso Corte di Giustizia Europea, attraverso cui è stato imposto a tuti gli stati membri di porre fine al trattamento diversificato e vessante dei precari rispetto al personale già immesso in ruolo. Perché il tempo delle umiliazioni è finito: ora c’è spazio solo per il rispetto del diritto. Anche per i precari della scuola.
Il 12 Marzo del 2011 è stata una giornata particolare: mentre in Italia un milione di persone si è raccolto intorno alla Costituzione e alla Scuola, il Giappone è stato travolto dallo Tsunami e dal rischio della catastrofe nucleare, il pensiero d'apertura della manifestazione è stato rivolto, infatti, ai popoli colpiti dalla tragedia. Le reminiscenze recuperano i fotogrammi di una famosa fiction degli anni Ottanta. In The day after si affrontava il tema della guerra fredda e del rischio nucleare insito nella minaccia bellica.
Certo è strano, però, che proprio in questi anni in cui si ridiscute l'esito del referendum sulle politiche energetiche italiane, sia proprio la natura a incalzare l'umanità spingendola aggressivamente verso una riflessione seria. Torna in mente l'abilità degli australiani di qualche mese fa, quando sono riusciti a prevedere l'onda anomala e ad evacuare in tempo la popolazione, si ricorda Haiti abbandonata al suo destino mentre resta scolpito nella memoria il terremoto de L'Aquila, previsto dall'inudita Arianna di turno. E se l'ironia della sorte vuole che Repubblica titoli uno dei suoi più recenti articoli sulla scuola, L'uragano di tagli del governo sull'istruzione, forse, un motivo ci sarà. Se è vero, infatti, che il campo delle previsioni si colloca in un orizzonte statistico di estrema incertezza, è vero anche che i fatti dimostrano che non è impossibile strutturare strategie efficaci di prevenzione e di gestione dei rischi e delle emergenze. La fallacia di tali sistemi non è solo l'esito dell'imprevedibilità del destino. Se si pensasse alle competenze necessarie per riuscire in un campo così esposto all’errore, sarebbe forse un'operazione così forzata? La preparazione di chi è preposto a ruoli di tale responsabilità è un parametro fondamentale sul quale riflettere soprattutto in un sistema viziato da un fenomeno clientelare di dimensioni abnormi come quello del nostro paese ed è, non sfugga ai più, un problema di natura culturale. La cultura passa dalla scuola e dall'università, ma l'uragano continua ad abbattersi sull'istruzione e sulla ricerca: 19.700 cattedre in meno l'anno prossimo significa non solo aumentare il tasso di disoccupazione tra i precari della scuola – le energie migliori del nostro sistema educativo – ma anche ridurre il monte ore delle lezioni degli alunni, intervenendo pesantemente sul diritto allo studio. Alla scuola elementare, le precedenti 40 ore per tutti sono diventate opzionali: le famiglie possono scegliere moduli di 30, 27 e 24 ore settimanali (Chi dice che inItaliale famiglie non possono scegliere?!?). Alle medie le ore settimanali sono 30 e il tempo prolungato è disponibile nel 21% a fronte del vecchio 29% delle scuola, ma è alle superiori che il tempo-scuola passa sotto la mannaia dei tagli più incisivi: per risparmiare sugli 87.000 sprechi i liceali italiani siederanno tra i banchi per 71 mila ore di lezione in meno, gli aspiranti periti per 240 mila ore di lezione a settimana e gli studenti degli istituti professionali per ben 223 mila ore in meno. Tutto questo senza decremento di alunni, ma solo di classi.
E se gli alunni sono gli stessi, ma le classi sono di meno, il senso è uno: peggiorare le condizioni di insegnamento-apprendimento nelle aule, con la scusa che meno insegnanti sarebbero meglio pagati. Davvero un bel modo di blandire i professionisti dell'istruzione, di convincerli che un futuro peggiore per tutti è il prezzo per un presente migliore di pochi. Qualcuno il 12 Marzo lo ha detto chiaramente: i nostri studenti non sanno come andrà il loro futuro, non conoscono il passato e nessuno spiega loro il presente, manca il tempo per farlo e, del resto, il vero programma ministeriale è proprio quello di sottrarre loro strumenti per interpretare il loro tempo, affinché non diventino troppo autonomi, perché non capiscano a fondo come esercitare con libertà e con consapevolezza i propri diritti di cittadinanza ad esempio votando i candidati migliori o pretendendo che i loro rappresentanti sappiano proteggerli dai disastri e tutelarli dalle conseguenze.
Marystar, invece, the day after, dice che "il vero punto non è quello delle risorse, ma come vengono investite. Il governo non ha fatto tagli alla scuola, ma agli sprechi. La spesa per la scuola negli ultimi anni è infatti aumentata del 30 per cento, non è diminuita":
- Salve, sono la professoressa Spreco e vengo da Genova. In corso c'è una petizione per raccogliere le firme per portare avanti un disegno di legge di solidarietà nazionale per ricostruire L'Aquila.
Nella rovina del disastro ambientale, la professoressa Spreco si aggira con circospezione, forse solo l'appello del papa potrà fermare la catastrofe... E da papa Roncalli a papa Ratzinger, saluti dalla scuola con furore.
14/03/2011
Antonietta De Luca Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Non sono passate che poche settimane da quando Vecchioni ha vinto il Festival di Sanremo cantando di idee, che Berlusconi ha avvertito subito l'impulso di distruggere tutto quel bel sentire. Per questo Maria Corallo ha chiesto ai suoi alunni di ricordare un messaggio positivo avuto dai professori. In cima alla sua hit-parade, espressioni tipo: accettare i rimproveri, capire gli errori, rispettare gli altri, migliorarsi continuamente. La compilation viaggia già all'indirizzo di Arcore e con tutto il suo valore educativo, visto che il binomio scuola-famiglia evocato dal premier ha scatenato reazioni che nemmeno i suoi più fedeli collaboratori sono riusciti a contrastare con raziocinio. Tutto il lungimirante piano apologetico elaborato nelle segrete stanze del Pdl consiste in una sola strategia: repetita iuvant, come recita l'adagio dei vecchi maestri, maestri così, però, non ce ne sono più, forse non gliel'ha detto nessuno al capo, forse non hanno inculcato loro abbastanza che su quello che si legge e che si ascolta, bisognerebbe sviluppare una riflessione autonoma, un'analisi critica propria: verrebbe da chiedersi se abbiano frequentato una scuola pubblica o privata, se siano cresciuti coi programmi Rai o Mediaset, se abbiano mai consultato le voci 'educare' ed 'inculcare' su un qualunque dizionario di italiano. Io li ho visti i paesi dove la scuola pubblica è solo una parola, si sta peggio anche se una minoranza esigua sta al calduccio e impara tre lingue. A che serve sapere tre lingue se non sai come parlare con uno diverso da te? Il nostro presidente del consiglio dicendo quello che ha detto sulla scuola pubblica ed i suoi insegnanti offende milioni di famiglie e migliaia di persone che all’insegnamento dedicano il loro tempo migliore, con cura, con affetto vero per quei ragazzi […] non sono dei cinici, fanno il loro lavoro con passione civile tra mille difficoltà e per la maggior parte degli insegnanti della scuola pubblica è così. Perché offenderli? Perché demotivarli? Perché usare un termine come inculcare? E’ una parola brutta che parla di un mondo che non deve esistere più, dice Jovanotti che invece uno sguardo al Devoto Oli lo ha dato: imprimere nell'animo di qualcuno con assidui ammaestramenti un sentimento, un precetto. Questo è 'inculcare', è questo il senso di ripetere tutti in coro e ad uno ad uno la stessa frase fino alla creazione di una nuova verità da calare dall'alto al popolo 'sovrano', una pratica che nemmeno nella scuola presessantottina si vedeva più da gran tempo. Spero che non siano queste le scuole agognate da Berlusconi il quale, di educazione, poco ne sa, se è vero che 'educare' significa, invece, tirare fuori le doti migliori dell'animo umano e se è vero che 'insegnare' vuol dire farlo nella libertà e nel pluralismo della democrazia, questa sconosciuta.
Un altro problemino il nostro premier ce l'ha con il concetto di diverso, pronto ad essere continuamente reinterpretato. Con certe esternazioni pare che l'universo omologo che ha costruito nelle menti di parte degli italiani con le tv piene di programmi trash è l'unico in cui si senta a suo agio. E diverso da quello impartito dalle famiglie è l'insegnamento che ha luogo nella scuola pubblica, differente pure da quello che viene impartito nel diplomificio di Poggiomarino.
Godiamocelo tutto questo paragone, colleghi, e magari chiediamoci perché l'insegnante di italiano di quella scuola privata non ha denunciato quel che accadeva tra le sue mura, perché non ha fatto la cosa giusta. Soltanto dopo, potremmo soffermarci a considerare il concetto di famiglia-modello-mulino-bianco. La retorica della famiglia ormai non basta più a coprire il colabrodo sociale che sembra essere diventata la nostra istituzione più cara.
Ecco, senza tornare sulle espressioni di indignazione più che condivise che si sono levate dal mondo della scuola, dell'università, della ricerca, della società civile, dall'associazionismo, dai partiti di opposizione e dal settore culturale e artistico, mi preme raccogliere tutto questo amore manifestato per la Costituzione e la diffusa consapevolezza del rapporto stretto e delicato tra Scuola e Costituzione. L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
Ai precari della scuola propongo allora di portare con sé una copia della Carta al momento di firmare le prossime proposte di nomina in settembre 2011, agli artisti di dedicarci una canzone, una canzone bella e semplice, diretta e veritiera che sappia esprimere tutto il carico di affettività che nel bene e nel male l'esperienza umana della scuola ispira nelle generazioni e nelle persone che ad essa si relazionano dalla profondità dei bisogni di una società civile in cammino.
Una canzone che parli di come siamo messi oggi, da quando la politica ha deciso di premiare il privato a prescindere dal merito, anzi a guardare le statistiche risultano premiati qui privati che si posizionano peggio nei test PISA. Tutto questo continuando a sottrarre al pubblico risorse materiali e morali tese alla distruzione di quella stima che è un piacere oggi vedere rinnovata tra le persone che riempiono le piazze in agitazione. Piazze indignate e offese, ma soprattutto piazze affezionate all'idea di una scuola che è di tutti, di una scuola dove quando si canta, non si canta, perché passi, si canta perché qualcosa di importante resti.
09/03/2011
Antonietta De Luca
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Se la società disfa quel che l'educazione compie, finisce che poi ci ritroviamo i centri commerciali stracolmi di gente sotto Natale, alla vigilia di Capodanno. Niente paranoie sul consumismo di una società dove contano i regali, ma non si sa più quando né dove né se incontrarsi per scambiarseli.
Per esempio l'anno scorso, ho ricevuto una wok. Be', colleghi, non immaginate la misura in cui il mio grado di indipendenza dal territorio sia, da allora, improvvisamente avanzato: con quella pentola potreste cucinare anche nel mezzo di una piazza, che so, sotto un ponte, tanto per dirne una. Man mano che le supplenze diventano più brevi, i ponti cambieranno con maggior frequenza, logicamente. Comincerei sin d'ora a solidarizzare con i volontari, coloro che passano le vigilie e antevigilie prestando servizio nelle mense allestite per i senza fissa dimora, in fondo l'anno prossimo potrei vivere un cambio di ruolo e trovarmi tra i serviti, invece che tra i servitori. Per adesso, però, la luce del mio appartamento di un metro per un metro è gialla. Contrasta con quel terribile grigio-padano che entra dalla finestra, ma non è per questo che mi piace così tanto: mi piace perché è calda e non mi mette in evidenza i brufoli, come fanno la luce al neon o le lampadine al risparmio energetico. Eh, sì qualche traccia di acne la conservo ancora, infatti in classe, qualche volta, mi prendono in giro i ragazzi. Mi hanno regalato un fondotinta che è una bomba a Natale scorso, dovreste provarlo! Secondo me, al centro commerciale, se vi sbrigate, lo trovate ancora.
Nella letterina di quest'anno avevo chiesto un camper, visto che, a sentenze vinte e stravinte, mi aspettavo di dover col prossimo settembre migrare ancora più a Nord, ma Santa Claus ha detto che, a causa della crisi, la consegna è prorogata, insieme ad altre mille, al 2014. Sarò stata punita per le mie inclinazioni consumistiche di cittadina globalizzata d'occidente? Anche voi? Menomale che l'Unione Europea è sempre pronta, coi suoi premi di consolazione, ad alleviare ogni nostra pena: insegnate in una terza superiore? Allora il Diario d'Europa sarà vostro e dei vostri studenti, basterà richiederlo entro il 28 gennaio 2011, seguendo questo link:http://www.descrittiva.it/calip/1011/IT_Order%20form%202011-12.pdf.
Chissà cosa porterà il 2011 alla scuola e all'università, oltre che le preziose notizie comunitarie contenute in queste pagine. Può darsi, ad esempio, che qualche cervello in fuga rimpatrierà, visto che solo ieri il Senato ha approvato una legge ad hoc: http://www.repubblica.it/scuola/2010/12/23/news/ddl_fuga_cervelli-10527145/.
Può darsi che il Progetto-merito della Gelmini sulla valutazione degli insegnanti fallirà, visto che si sta rivelando un flop. I colleghi di Napoli, Pisa e Torino si stanno opponendo alla redazione della lista dei buoni e dei cattivi. Come? Semplicemente declinando l'invito del ministero ad attuare la sperimentazione. Come emerge dalle stime Cobas Scuola: "[...] più della metà degli istituti ha respinto [...] il tentativo della Gelmini di dividere gli insegnanti tra bravi e fannulloni". Sono 85 su 122, le scuole del comune di Torino che hanno deliberato di "rispedire al mittente la truffa della sperimentazione meritocratica". Premiare le scuole migliori e i docenti più motivati è uno slogan di facile effetto, ma bisogna poi verificare le modalità di realizzazione di questi distinguo. Se condividiamo l'idea di una carriera nella scuola, rifiutiamo in toto quella di creare vere e proprio scuole-ghetto, marginalizzate nelle classifiche perché valutate a prescindere dall'ambiente socio-economico in cui sono immerse.
Come vengono attribuiti i premi per gli insegnanti? Sarà, per ogni istituto, una commissione formata dal dirigente scolastico e da due docenti eletti dal Collegio affiancati dal presidente del Consiglio di istituto in veste di osservatore, a stabilire il 15-20% di docenti da premiare con una quattordicesima. Pezze d'appoggio il CV, una relazione autovalutativa dell'interessato e colloqui con alunni e genitori. Al livello di istituto, premi fino a 70.000 € sono previsti per le scuole migliori di Pisa e di Siracusa, se gli studenti si classificano bene nelle prove Invalsi e se risultano positive le relazioni sottoscritte da un ispettore e da due osservatori indipendenti, in tal caso, sarà cura della scuola vincitrice assegnare premi agli insegnanti secondo propri criteri.
E mentre il rapporto Eurispes sull'adolescenza traccia il ritratto di una gioventù sempre più distante dal nostro immaginario http://www.dire.it/DIRE-WELFARE/adolescenti_oggi.php?c=36173&m=10&l=it, ma calata nel solito contesto scolastico grigio, monotono, antiquato, insicuro, in una sola parola inadeguato, mentre la situazione del precariato, con le fresche energie di cui la nostra scuola ha così disperatamente bisogno, peggiora a vista d'occhio in spregio alle più elementari forme di democrazia (il rispetto delle sentenze emesse ad ogni grado della giustizia), il ministero cosa fa? Valutazione e sperequazione. Ma chi è alla fine che valuta il ministro e che lo premia? Babbo Natale?!? E se poi abrogano i camini? Be', in attesa di scoprirlo, buona fine e buon principio, e, soprattutto un augurio di speranza a ognuno e a tutti per un 2011 più sereno.
Sono giorni difficili per questa repubblica, la gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti – anche dell'idraulico di Brescia – i soli a non vederlo sono i gli immigrati rimpatriati dalla Lombardia subito dopo le promesse di concertazione che li hanno convinti a scendere dalle gru, dalle ciminiere, dalle torri: lo Stato vuol dire fiducia.
La parola viene da fidus, fedele, da foedus, patto, ed è all'ordine del giorno in queste settimane, oltre che in in fase pre-elettorale, quando va tanto di moda invocare l'idea di un nuovo patto sociale poi puntualmente tradito.
Eppure i politici parlano di accordo, i giornali parlano di fiducia, ne sono pieni i titoli di questi giorni in cui sembra debba accadere chissà cosa, ma ne è intrisa anche la migliore tradizione pedagogica, quella che ci aiuta ad educare le nuove generazioni a qualcosa che, non solo non esiste più per noi, ma probabilmente non esisterà per loro.
La scuola vuol dire fiducia, nei presupposti e nelle conseguenze dell'azione formativa di cui, malgrado tutto, si fa quotidianamente portatrice sana. Lo dicono gli studenti medi e universitari che ne stanno difendendo a spada tratta le sorti in Italia e in Europa, dove sono mobilitati da oggi a martedì prossimo persino i ragazzi in Erasmus, lo riferiscono i docenti interpellati nella recente indagine della Cisl Scuola intitolata: "La scuola italiana: valori e consapevolezza a servizio dei giovani e del Paese", una ricerca che interroga maestri e professori sui temi più caldi del dibattito sulla riforma: il merito, il cambiamento, lo stato d'animo dei lavoratori, la fiducia nel futuro: Mary Star si deve ancora riprendere. Quando ha letto che la maggioranza degli intervistati considera quel che la scuola sta diventando un marchingegno che toglie anziché offrire, è diventata blu, per non parlare delle altre percentuali rivelate dal dossier-verità che boccia la sua riforma con un voto pari a 3,6. Tagli economici, retribuzioni inadeguate, impopolarità sociale, carenza di strutture e strumenti per una didattica al passo coi tempi rappresentano il lato peggiore di una medaglia che sfolgora di fronte all'aspetto della relazione con gli studenti nella quale l'85% dei docenti si realizza ed entusiasma, nonostante le innumerevoli fonti di insoddisfazione generosamente proposte dal sistema. Il nostro è infatti un Ministero Calimero, alla Sanità e all'Ambiente, stando al Budget dello Stato realizzato dalla Ragioneria Generale, guadagnano più di noi, che siamo le Cenerentole di tutta la pubblica amministrazione.
Peccato che la stessa notizia presentata da Adnkronos suggerica idee del tutto lontane dai desideri della maggioranza dei docenti italiani che sebbene si dica: “[...] soddisfatta del proprio lavoro, orgogliosa di stare in cattedra, sicura delle proprie capacita' e pronta ad essere 'messa sotto esame'” non sarebbe assolutamente disposta, sopratutto per quanto riguarda il precariato, a subire ulteriori e quanto mai ridondanti prove di selezione, tanto per chiarezza, ecco.
I precari hanno già superato tutto il superabile, hanno vinto concorsi e si sono formati ben oltre il necessario per essere trattati indegnamente dai propri responsabili e dai decisori politici che, evidentemente, nessuna fiducia ripongono in loro, mentre è del tutto certo e fuori discussione che quanto alla valutazione dei docenti non hanno proprio nulla da temere. C'è una bella differenza tra la qualità che garantiscono loro e quella offerta nella scuola privata, lo sanno tutti adesso che la lente di ingrandimento delle indagini Pisa Ocse pubblicate negli scorsi giorni evidenzia il j'accuse internazionale rivelando che: “[...]a fare precipitare gli studenti italiani in fondo alle classifiche internazionali sono proprio gli istituti non statali. Senza il loro "contributo", la scuola italiana scalerebbe le tre classifiche Ocse anche di dieci posizioni”.
In netto miglioramento la scuola pubblica italiana che, rispetto al 2006, recupera 20 punti in Lettura, 16 in Scienze e addirittura 24 in Matematica. Le private, nonostante i finanziamenti, invece crollano. L'Ocse, tra gli istituti privati, distingue quelli che "ricevono meno del 50 per cento del loro finanziamento di base (quelli che supportano i servizi d'istruzione di base dell'istituto) dalle agenzie governative" e quelli che ricevono più del 50 per cento. E sono proprio i quindicenni di questi ultimi istituti che fanno registrare performance imbarazzanti: 403 punti in Lettura, contro una media Ocse di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e quelli tunisini, senza contare che sulla gestione delle risorse umane non vigila praticamente nessuno.
Era un decennio che gli studenti italiani di 15 anni non si classificavano così bene nelle prove sull'acquisizione delle competenze di base – lettura, matematica e scienze – e sei posizioni nella classifica internazionale non sono pochi, soprattutto quando i partecipanti aumentano. C'è chi ha cercato di accaparrarsi un merito che è tutto loro e di chi li segue avendo cominciato ad allenarli ai test da superare, ma in vano. In un mondo dove la fiducia si vende e si compra e dove la società disfa quel che l'educazione compie, è possibile che per una volta vada un grande plauso a chi con fiducia ha investito la propria professionalità e la propria dedizione nelle energie migliori di questo paese? Per quanto mi riguarda, sì. Solo per questo voglio continuare a crederci, ma anche a conquistare quel che alla nostra scuola continua a mancare, perché sia davvero migliore.