Precariamente

Precariamente

Anche tu da queste parti? Sono almeno dieci click che ti osservo, sai?

Scommetto che apparteniamo allo stesso popolo.

Lasciami indovinare…anche tu vai in crisi quando ti chiedono: “Dove abiti?”, ti imbarazzano domande come: “Da dove vieni?”, “Dove vai?”, “Quanto tempo rimani?”? Allora sei dei nostri. Se poi cominci addirittura a balbettare quando qualcuno vuole sapere dove lavori, be’, collega, sai cosa c’è? Sei proprio al posto giusto qui ed ora, almeno su questa pagina e l’inchiostro seminato dall’aratro digitale della mia tastiera è proprio per te.

E non credere che ti farò perder tempo con vaniloqui privi di senso. Sto già lavorando al Vademecum per lo Zingaro del Terzo Millennio. Tu sì che li avrai capiti, quei discorsi sull’identità itinerante dell’uomo post-moderno. Tu sei la donna o l’uomo postmoderno, colei o colui che dopo non sa cosa farà e forse neppure chi sarà. Quest’ultimo punto, per fortuna, ci accomuna alla storia generale degli esseri umani, sempre in continua trasformazione. Non dico evoluzione, scusami, ma non è perché ce l’ho con Darwin, la verità è che non uso quel lemma nel periodo dell’anno scolastico che segue le convocazioni. Non mi viene, non è colpa mia.

Quando non sai dove pagare le bollette, quando la domiciliazione delle utenze ti viene negata o ti vedi rifiutato il mutuo dalla tua banca, nell’eventualità in cui non ti sia intestato il contratto di affitto, perché ogni due mesi al massimo cambi tetto, noi saremo qui e ci batteremo. Sì, saremo al tuo fianco persino contro di lui: l’ostile concessionario che non ti accredita presso la finanziaria per rateizzare il pagamento della nuova utilitaria senza la quale non potresti mai raggiungere quelle fantastiche scuole concepite da Gentile per emarginare gli studenti delle famiglie meno abbienti relegandone gli edifici sul picco di una montagna o nell’ultima periferia degradata delle metropoli, mentre i liceali si recano griffati e controgriffati nei Corsi della Repubblica e nelle Via Roma delle città di Italia. Tu sei il Prof. che può arrivare ovunque e sempre, anche e soprattutto contemporaneamente.

Certo, se poi ti capita un incidente mentre corri tra una scuola e l’altra perché nessuno ti ha aiutato a comporre i tuoi spezzoni orario in modo tale da non rischiare la vita sulle strade tutti i giorni, i danni, in vero, non possiamo risarcirli: non siamo una compagnia di assicurazioni, per carità, ma siamo quelli che a tutto questo dicono: “No” e che, soprattutto, si impegnano quotidianamente per conferire massima concretezza alla lotta contro il tempo determinato. Siamo stanchi di vedere che sia qualcun altro a determinare il nostro tempo, a decidere quando e dove e a quali condizioni dobbiamo vivere, lavorare, amare. Siamo stanchi soprattutto perché, come docenti, abbiamo mille strumenti per esercitare ogni titolarità di scelta sulle nostre vite e milioni di potenzialità per incidere sulla nostra professione. Non ci resta che organizzarci, sederci intorno a un tavolo, elaborare proposte, proporre prospettive e portare avanti azioni volte a migliorare la qualità della scuola insieme alla qualità della vita di chi la vive come membro della stessa comunità. Possiamo farlo insieme, come vuole ogni buon processo democratico: nella partecipazione, nella condivisione e nella pratica della cittadinanza attiva.

La campagna contro la precarietà nella scuola lanciata all’inizio dell’anno scolastico  testimonia questo impegno e la notizia di questi giorni sul pronunciamento della sentenza del giudice del lavoro di Siena  in favore del riconoscimento alla stabilizzazione dei supplenti così come disposto dall’UE e recepito dall’ordinamento italiano segna un successo senza precedenti nella storia della battaglia contro il vivere e il pensare precariamente. Sì, perché ormai è diventata una condizione mentale oltre che un habitus che priva le generazioni del loro diritto al sogno, dell’aspirazione a realizzare una progettualità che resta ormai solo uno slogan da campagna elettorale. Fa il paio con questa la sentenza del giudice del lavoro di Brescia che dichiara illegittimi i contratti al 30 giugno sui posti vacanti e disponibili segnalando un abuso da parte dell’amministrazione nell’esercizio di una pratica tesa solo al risparmio a scapito dei diritti dei lavoratori e attribuendo al collega ricorrente un risarcimento di tredicimila euro di danni.

E mentre la disoccupazione durante la crisi economica ha raggiunto picchi inaccettabili sia nel settore pubblico che nel settore privato, l’Anief si occupa di perorare la causa del precariato della ricerca in VII Commissione con le richieste avanzate nella memoria che, sola tra quelle presentate durante l’audizione dello scorso 28 settembre, conserva e segue le tracce di quanti hanno investito anni e anni di studi canalizzando le proprie energie in un percorso che vede allungarsi sempre di più l’anticamera dell’accesso alla docenza universitaria:

Allora, in un mondo dove si stagna tra graduatorie ed elenchi prioritari, dove chi ha la fortuna di aver cominciato l’anno in cattedra, ha perso in media da una a tre settimane di stipendio, oltre a ricordarsi di recuperarle chiedendo il sussidio di disoccupazione entro la fine di marzo, è possibile che resti ancora qualcosa da fare? La risposta è: “Sì, e molto”. Rimbocchiamoci le maniche, dunque, e andiamo a visitare le sedi territoriali aperte ormai in tutta Italia per diventare collaboratori attivi e protagonisti veri della nostra vita professionale, perché ragionare precariamente diventi presto un motto del passato.

Antonietta De Luca

08/10/2010