Scuola: aumenti degli stipendi in cambio dei tagli

E solo ad alcuni, aggiunge l’Anief, secondo l’atto di indirizzo inviato all’Aran da Brunetta sulle regole per la firma del nuovo contratto per il triennio 2013-2016
Questa è la sintesi degli interventi di Berlusconi e della Gelmini a chiusura della polemica sulle dichiarazioni relative alla scuola pubblica. Finalmente il Presidente del Consiglio ha ammesso che gli insegnanti sono sotto-pagati, ma ha giustificato tale condizione per l’alto numero del personale impegnato, spesso utilizzato come ammortizzatore sociale - come se ogni docente non abbia conseguito un’abilitazione per accedere alla professione e il suo stesso Governo non abbia autorizzato le relative assunzioni. In verità, però, nelle sue parole si comprende cosa la categoria dovrà attendersi nel futuro, certamente non l’adeguamento agli stipendi europei, tanto desiderato: mentre in questi ultimi cinque anni sono stati tagliati 100.000 posti di lavoro (per lo più assorbiti dai pensionamenti, con l’esplosione del problema del precariato), le progressioni di carriera per anzianità di servizio sono state bloccate per gli anni 2011 e il 2012, in attesa della loro sostituzione con un nuovo sistema che premierà - al netto dei nuovi tagli di garanzia per il recupero delle risorse - soltanto il 75% del personale, lasciando il 25% restante agli stipendi del 2010, mentre il 15% del personale precario continuerà a percepire lo stipendio iniziale (a meno che abbia ricorso al giudice del lavoro per ottenere anche la stabilizzazione).
Ecco perché l’Anief ha deciso di ricorrere per sbloccare il CCNL, le cui more giustificato l’atto di indirizzo di Brunetta, e per sbloccare gli aumenti di stipendio. I docenti lavorano, e da quando il loro stipendio è stato disciplinato dal contratto e slegato dall’inflazione, devono pure campare del loro lavoro e non sperare sul licenziamento del collega per mangiare o sulla prestazione del proprio alunno.
 
Gli articoli sulle nuove dichiarazioni del Premier e del ministro
 
L’articolo sull’atto di indirizzo all’Aran con i link per ricorrere