A settembre lasceranno 14.522 tra docenti e Ata, l’anno scorso erano circa 28mila, nel 2007 oltre 35mila. Di questo passo addio turn over, graduatorie precari che dureranno in eterno e docenti italiani sempre più confermati tra i più vecchi al mondo.
Per la scuola italiana la riforma Fornero sui pensionamenti si sta rivelando un problema insormontabile: la nuova norma che permette di lasciare il servizio non prima dei 65 anni ha innescato un vero e proprio blocco del turn over, con gli insegnanti italiani destinati ad essere sempre più confermati tra i più vecchi dell’area Ocse.
I dati ufficiali emessi in queste ore dal ministero dell’Istruzione indicano che dal prossimo 1° settembre potranno lasciare il servizio solo 10.860 docenti e 3.662 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. Si tratta di appena 14.522 lavoratori, un numero che corrisponde alla metà di quelli che nel 2102 avevano lasciato il lavoro: lo scorso anno andarono in pensione 27.754 dipendenti, suddivisi tra 21.114 docenti e 5.338 Ata (a cui si aggiunsero 35 del personale educativo, 207 insegnanti di religione cattolica e 1.060 dirigenti scolastici).
Ma il dato odierno diventa ancora più clamoroso se si va a raffrontare con le cessazioni dal servizio di qualche anno prima. Ad esempio il 2007, quando ad andare in pensione furono, sempre sommando docenti e Ata, oltre 35mila dipendenti della scuola. Mantengono delle speranze di lasciare il lavoro, perché collocabili con il trattamento pensionistico precedente, solo coloro che hanno inviato il modello cartaceo predisposto dal sindacato, poiché il Miur non gli riconosce di aver maturato la famosa ‘Quota 96’ al 1° settembre 2011: si tratta, comunque, di un numero non altissimo di ricorrenti che non cambia di certo la sostanza delle cose.
Secondo l’Anief siamo di fronte a numeri che inquietano non soltanto gli attuali partecipanti all’ultimo concorso a cattedra, per l’immissione in ruolo di 11.542 nuovi docenti. A fare allungare le liste di attesa per il ricambio generazionale ci sono anche i circa 5.500 candidati appartenenti al personale Ata, che già l’anno scorso avrebbe dovuto essere assunti a tempo indeterminato (collocazione a tutt’oggi bloccata per via dell’ancora incerto destino del personale docente inidoneo all’insegnamento o in posizione di sovrannumero, in particolare gli insegnanti tecnico pratici delle scuole superiori). A cui si aggiungono circa 250mila docenti collocati nelle graduatorie ad esaurimento. Ed almeno altri 50mila Ata in posizione di pre-ruolo.
“I numeri ufficiali forniti dal Miur sui pensionamenti in arrivo dal mese di settembre – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola - sono a dir poco sconfortanti. Prima di tutto perché se a lasciare il servizio sono sempre meno persone, per i vincitori dei concorsi, tramite prove dirette, ma soprattutto per le graduatorie ad esaurimento, non basteranno dieci lustri per smaltire le liste di attesa. In secondo luogo, questi dati preoccpano davvero se si pensa che la classe docente italiana è già oggi la più vecchia al mondo: in base agli ultimi dati ufficiali, l’età media delle immissioni in ruolo è alle soglie dei 40 anni di età. E ormai complessivamente due insegnanti italiani su tre hanno almeno 50 anni. Non solo: i nostri docenti con meno di 30 anni sono appena lo 0,5%, mentre in Germania la presenza di insegnanti under 30 si colloca al 3,6%, in Austria e Islanda al 6%, in Spagna al 6,8%. Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo”.