E l’apertura di un tavolo tecnico che partendo dalla consultazione della base elabori un meccanismo di carriera che affianchi quello esistente per anzianità retributiva.
Non soltanto il Miur convoca organizzazioni sindacali, la cui rappresentatività è stata prorogata per legge, ma minaccia di ricorrere alla via legislativa nel caso in cui i docenti non si facciano valutare neanche nelle nuove due province scelte, vista la debacle nelle due precedenti.
Di fronte al metodo Marchionne, che tanto sembra stare a cuore, al Ministro Gelmini - il cui ultimo apprezzamento risaliva all’epoca dell’opposizione a un ordine dell’autorità giudiziaria - rispondiamo con dura fermezza.
I docenti, così come gli assistenti tecnici amministrativi, vogliono essere valutati ma devono essere tutelati dalle logiche clientelari e dalle minacce alla libertà d’insegnamento che potrebbero sorgere da scelte pedagogicamente sbagliate e politicamente incostituzionali.
Non si può proclamare la centralità del curricolo nella scuola di oggi e subito dopo ignorarla con la somministrazione delle prove Invalsi, lontane dalla rilevazione dello sviluppo delle potenzialità, in termini di abilità e competenze, del singolo alunno. Né si può pretendere di legare i soli risultati delle prove Invalsi degli alunni a meccanismi premiali di stipendio come previsto dalla sperimentazione per i docenti.
Che la legge, in questa fase delle relazioni politiche-sindacali, dove il Governo - e non i lavoratori, sceglie quale sindacato deve rappresentare le parti sociali, possa essere lo strumento opportuno per introdurre una carriera, sembra condivisibile; ma a patto che i lavoratori siano chiamati tramite le associazioni di categoria ad elaborarne i contenuti, dietro ratifica referendaria perché nessuno rinnega la scuola del merito.