La rivista "Der Spiegel" riferisce che in Baviera, ad Amburgo e in altre città tedesche i cittadini puntano ad un referendum a favore del ritorno del Gymnasium a nove anni: perché i docenti sono costretti a saltare argomenti basilari per mancanza di tempo e i genitori sono sul piede di guerra in quanto i loro ragazzi sono stressati, abbandonano le attività pomeridiane e si ritrovano a sgobbare per gli esami senza approfondire le cose.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): se nei Paesi dove la riduzione è stata introdotta in modo frettoloso si torna indietro, i nostri decisori politici non possono far finta di nulla. Lascino da parte progetti rischiosi e aprano un confronto vero e senza preconcetti. Quanto sta accadendo in Germania - continua il sindacalista - dovrebbe perlomeno far sorgere il dubbio ai nostri decisori politici e aprire un confronto vero sulla necessità di riformare i cicli scolastici nazionali abbreviandone di 12 mesi la durata.
Mentre in Italia il Governo è sempre più intenzionato a ridurre di un anno il percorso scolastico, probabilmente eliminando uno dei cinque anni delle attuali scuole superiori, come oggi ribadito dal sottosegretario Roberto Reggi in un'intervista alla carta stampata, nei Paesi dove questo modello è già stato adottato cresce il malcontento e si sottoscrivono petizioni popolari per tornare all'antico, perché la formazione ridotta si è rivelata un flop.
La notizia, fornita in queste ore dalla stampa specializzata italiana è stata ripresa da "Der Spiegel", la rivista settimanale tedesca con maggiore tiratura: nell'articolo si spiega che "in Germania vogliono abolire la riforma di dieci anni fa che impose gli anni del Gymnasium", l'equivalente del liceo italiano ma che comprende anche le nostre ex scuole medie, "da nove a otto anni”. La protesta è "iniziata il 3 luglio in Baviera con una raccolta firme per indire un referendum a favore del ritorno del Gymnasium a nove anni (definito per brevità "G9″): dovranno essere raccolte 950mila firme entro il 16 luglio, ma iniziative simili sono state prese ad Amburgo e in altre città tedesche".
Nell'articolo si spiga che "l'abbreviazione di corso, varata nel 2004, è stata definita «una delle riforme dell'istruzione più controverse degli ultimi anni»: faceva parte di una serie di provvedimenti presi dalla Germania in seguito ai bassi risultati ottenuti nel 2001 dal test PISA (Programme for International Student Assessment) fra i quali il cambiamento di alcuni libri di testo e la possibilità di restare a scuola anche nel pomeriggio, fatto poco comune in Germania".
Per l'Economist è evidente che in Germania "l'applicazione della norma fu troppo frettolosa, e portò a «insegnare le stesse cose in un minore periodo di tempo». Heinz-Peter Meidinger, un filologo tedesco che insegna al Gymnasium contattato dall'Economist, ha detto che per mancanza di tempo la maggior parte degli insegnanti di storia è costretta a saltare argomenti molto importanti, come la guerra civile americana. I genitori, invece, negli anni si sono lamentati perché «i ragazzi sono stressati, sono costretti ad abbandonare le proprie attività pomeridiane e si ritrovano a sgobbare per gli esami senza approfondire le cose»".
Il taglio di un anno delle superiori non piace nemmeno alle istituzioni germaniche: "il ministro per l'Istruzione tedesco, Johanna Wanka – che fa parte della CDU, il partito di centrodestra del cancelliere Angela Merkel – ha recentemente detto che «io sono sassone, e in Sassonia il Gymnasium a otto anni funziona alla grande»".
Per la rivista "La Tecnica della Scuola" non vi sono dubbi: "sicuramente da quelle parti (in Germania ndr) si discute su un provvedimento che non avrebbe dato i risultati attesi, mentre da noi è ormai costume dare numeri sbagliati, come quello che nel resto d'Europa si faccia un anno in meno al liceo. Che non è così".
"Viene da chiedersi come mai il nostro Governo insista su un progetto che altrove, dove è stato praticato, si sta rivelando fallimentare", commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. "Quanto sta accadendo in Germania - continua il sindacalista - dovrebbe perlomeno far sorgere il dubbio ai nostri decisori politici e aprire un confronto vero, senza preconcetti, sulla necessità di riformare i cicli scolastici nazionali abbreviandone di 12 mesi la durata".
"Il Governo abbandoni questo progetto di compressione dell'offerta formativa, utile solo in chiave di risparmio economico, e si concentri, piuttosto, sull’estensione dell’obbligo formativo sino alla maggiore età. Perché - conclude Pacidico - gli alunni devono frequentare le nostre scuole per tutta la durata degli studi superiori: solo così si ridurrebbero dispersione e Neet".
Ridurre di un anno il percorso formativo non avrebbe effetti nefasti solo per la didattica. Anief è convinta che anticipare di un anno l’uscita dal percorso formativo di quasi mezzo milione di studenti aumenterebbe la percentuale di disoccupati: poiché sempre meno diplomati, poco più della metà, continuano il percorso formativo all’Università, buona parte dei 200mila giovani rimanenti rischierebbero di diventare nuovi Neet: considerando le difficoltà oggettive nel trovare un impiego, questi ragazzi avrebbero alte possibilità di aggiungersi ai 2 milioni e 200mila giovani che, come ricordato in questi giorni da un’ampia ricerca di Tuttoscuola, costano allo Stato italiano “32,6 miliardi di euro l’anno”.
Per approfondimenti:
Dopo il Ministro, anche il PD pensa di ridurre un anno le superiori