L’uscita a 18 anni degli studenti dalla scuola, s’ha da fare
Due autorevoli interventi: di Luigi Berlinguer e Maurizio Tiriticco. Delle valutazione e proposte espresse, riportiamo quelle che sono largamente condivise; infine, aggiungiamo un codicillo.
Berlinguer. Non si può tenere a scuola i nostri ragazzi fino a 19 anni. È un grave danno che facciamo loro rispetto ai loro colleghi europei. Questo problema era stato risolto con la riforma dei cicli che la restaurazione di destra nel Paese ha cancellato. Bisogna tornare a ristrutturare l’architettura scolastica riducendo, ancora una volta di un anno, il suo percorso. C’è chi affaccia ora la proposta di ridurre la secondaria superiore cancellando l’ultimo anno. Io lo ritengo un grave errore perché, nella scuola di tutti e nella società della conoscenza, per la quale si programma un percorso universitario addirittura al 40%, quello della verticalizzazione curricolare e del favorire la più proficua crescita nell’ambito educativo - scolastico e universitario – è un problema capitale. E, in questo quadro, l’ultimo anno delle superiori funge da raccordo fra scuola e post-scuola ed è pertanto indispensabile. Si tratta di riflettere come riorganizzare il ciclo della scuola primaria rendendolo coerente con le indicazioni nazionali per il curricolo, introdotte ad ordinamento nel 2012, che puntano sulla continuità e unitarietà educativa dai 3 ai 16 anni.
Tiriticco. Che i nostri giovani debbano uscire dal Sistema Educativo di Istruzione a 18 anni di età non è affatto cosa peregrina o avventata. Il fatto è che in alcuni Paesi dell’Unione europea, e non solo, i giovani escono da tempo a 18 anni… Con la legge 30/2000 – firmata Berlinguer – avviammo un complessivo riordino dei cicli di istruzione, che avrebbe impegnato tempi non brevi per la sua definitiva messa a regime. Si prevedevano: una scuola per l’infanzia dai 3 ai 6 anni di età fortemente generalizzata sull’intero Paese; una scuola di base settennale (6-13 anni di età); un’istruzione secondaria quinquennale (13-18 anni di età); l’obbligo di istruzione avrebbe avuto la durata di 9 anni, dai 6 ai 15 anni di età…. Si avviava così per la prima volta una continuità, da sempre estranea alla nostra scuola, ma oggi estremamente necessaria…. il nostro sistema di istruzione è rimasto, di fatto, quello di sempre, ripartito in gradi e, per quanto riguarda il secondo ciclo, in ordini, le canne d’organo parallele di sempre: il liceo per gli alunni “migliori”, poi, a scalare, i tecnici e i professionali…. Tagliare semplicemente l’ultimo anno ma lasciare indenni gli attuali contenuti e obiettivi di studio – sperimentazioni in tal senso sono in atto, ma l’andamento non sembra offrire risultati e indicazioni esaltanti – è pericoloso. Il problema non è tagliare in alto, ma riordinare in basso. E’ l’intero percorso dai 6 ai 14 anni che va rivisitato! Anzi, dai 6 ai 16, quando si conclude l’obbligo di istruzione (non il diritto/dovere che, com’è noto, si conclude solo se lo studente ha conseguito almeno la qualifica professionale triennale)…. Possibile che non si sia capaci di rileggere che cosa accade nel primo segmento della scuola per l’infanzia? So benissimo che è un gioiello prezioso, ma è anche vero che gli alunni anticipitari sono in continuo aumento, e che la stessa infanzia non è immune dai cambiamenti che attraversano le nostre giovani generazioni. In un mondo in cui si impara a scrivere prima con la tastiera e poi con la penna, certi interrogativi ce li dobbiamo porre. Anche per le ricadute che hanno sugli apprendimenti iniziali e propedeutici a saperi sempre più complessi…
La nostra proposta è che l’ultimo anno della Scuola dell’infanzia sia il primo dei 13 anni dell’“obbligo scolastico” (preferiamo la locuzione morattina: “diritto-dovere all’istruzione e formazione”) da concludersi ai 18 anni d’età; in sostanza, le metodiche peculiari della pedagogia per l’Infanzia costituirebbero (con le esperienze vissute “sul campo”, ci augureremmo, sempre gioiosamente) la porta d’accesso al pubblico servizio di istruzione e formazione. Come ? Modificando parzialmente la previsione di legge per la quale la Scuola dell’infanzia va riformata secondo la formula 0-3 + 4-6.Il Disegno di legge n.1260/14, che ha avuto pieno successo nell’iter parlamentare raccogliendo consensi trasversali, si propone di generalizzare il servizio all’Infanzia da 0 a 6 anni: “Art.1.4. I servizi educativi e scolastici del sistema per l'infanzia sono aperti senza alcuna discriminazione a tutte le bambine e i bambini dalla nascita ai 6 anni; sono servizi di interesse generale, funzione fondamentale e accesso universale. …. Art.3.1. I servizi educativi per l'infanzia sono costituiti da: a) nido, micronido e sezione per bambine e bambini in età compresa tra i ventiquattro e i trentasei mesi; b) servizi integrativi: spazio gioco per bambine e bambini, centri per bambine e bambini e famiglie; servizi in contesto domiciliare…“Art.4.1 La scuola dell'infanzia, di durata triennale, cui hanno diritto tutte le bambine e i bambini di età compresa tra i tre e i sei anni, costituisce il primo livello del sistema di istruzione; essa opera in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con la scuola primaria…. “. La nostra proposta è: di generalizzare il servizio all’Infanzia, mediante la formula: 0-3 + 4-5 + 1; l’ultimo segmento della Scuola dell’Infanzia sarebbe già “scuole dell’obbligo”, perché l’ultimo anno del sessennio che ha accompagnato i piccoli alunni alla scoperta dell’ambiente extrafamiliare prossimo, avere contribuito all’empowerment della persona, a potenziarne la disposizione al rapporto interpersonale, può ben suscitare nei bimbi di cinque anni la curiosità del sapere attraverso il fare. Valorizzare l'esperienza educativa dei bambini di cinque anni collocandola in continuità con l’apprendimento del percorso di formazione successivo è possibile e urgente, specialmente con riferimento a questa generazione di bambini il cui “spazio” cognitivo è esteso oltre l’ambiente prossimo, a misura del web che ne condiziona le dinamiche sociali, i processi emotivi. In sostanza, a parer nostro, è opportuno che gli alunni esercitino il “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione” nel periodo che va dal quinto al diciottesimo anno di età, cominciando con quello che è, in atto, l’anno conclusivo della Scuola dell’Infanzia. I piccolissimi (di età da 0 a 3 anni) e i piccolini (da 3 a 5 anni) sarebbero accuditi in ambiente prescolare nel quale le famiglie coopererebbero in modo assiduo. Successivamente, gli alunni accederebbero al primo ciclo di istruzione, e compiuti i 13 anni accederebbero al biennio obbligatorio e gratuito comune a tutti gli ordini scolastici. Il “diritto-dovere” si estenderebbe, poi, all’anno di orientamento (dai 15 ai 16 anni) e al biennio professionalizzante scuola/lavoro organizzato e gestito dal sistema scolastico in collaborazione con il sociale e con la formazione regionale. Il servizio nelle classi dell’anno terminale della scuola dell’Infanzia verrebbe erogato sia da insegnanti del Primo ciclo che da insegnanti della Scuola dell’infanzia in possesso di qualifica universitaria (abilitazione specifica); questi ultimi andrebbero individuati, nel numero stabilito annualmente con decreto ministeriale, tra coloro che dessero disponibilità a transitare nei ruoli della scuola statale. Nulla varierebbe, per le assistenti. Un effetto collaterale di questa proposta, se realizzata, sarebbe di riequilibrare le disparità territoriali – in atto parecchio marcate, per il servizio all’Infanzia - dovute alla diversa capacità finanziaria dei comuni.
Si assottiglia la platea del pubblico impiego
Nel periodo tra il 2010 e il 2013 il numero di dipendenti è sceso di circa 138mila “unità di lavoro equivalenti” a tempo pieno. Il dato è nello studio dell'Istat sul conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche. Nello stesso periodo, per il mancato rinnovo dei contratti di lavoro e la mancata erogazione degli scatti di anzianità, le retribuzioni annue medie lorde sono scese di 580 euro nominali circa ai quali, per calcolare in termini reali l’impoverimento del potere d’acquisto delle retribuzioni, occorre aggiungere l’incidenza dell’inflazione (che si è aggirata circa al 2% mediamente, nel quadriennio.
Scuola: Aggiornamenti in progress – lunedì 15 dicembre 2014
2) Concorso nazionale “Diritti senza difesa? Dalle parole ai fatti: l’Avvocato al servizio dell’uomo” – MIUR, Nota prot. n. 7138, 5 dicembre 2014
Indetto dal Consiglio Nazionale Forense, in collaborazione con il MIUR, è rivolto alle classi III, IV e V delle scuole secondarie di II grado per favorire la conoscenza dei diritti umani e il ruolo degli avvocati per la tutela del cittadino. (Leggi tutto)
° Concorso nazionale “Diritti senza difesa? Dalle parole ai fatti: l’Avvocato al servizio dell’uomo” – MIUR, Nota prot. n. 7138, 5 dicembre 2014.
Indetto dal Consiglio Nazionale Forense, in collaborazione con il MIUR, è rivolto alle classi III, IV e V delle scuole secondarie di II grado per favorire la conoscenza dei diritti umani e il ruolo degli avvocati per la tutela del cittadino. Il concorso – è scritto nella Nota: “… sarà un’occasione per porre all’attenzione degli studenti italiani i seguenti temi di approfondimento: • i contenuti delle Carte fondamentali che hanno consentito in Europa e nel mondo l’affermazione del principio di dignità e di rispetto reciproco fra gli uomini; • il significato di stato di diritto e i ruolo concreto svolto dall’Avvocatura per renderne “palpitanti” i principi; • le sentenze delle corti europee che, nella dialettica tra avvocatura e magistratura, sono considerate pietre miliari nel tortuoso percorso di affermazione dei diritti fondamentali. Il bando di concorso è il materiale necessario per la realizzazione dei lavori sarà reperibile presso l’indirizzo: http://www.cnf.it/concorsoscuole.