° Elogio della funzione docente
Il nostro convincimento è che occorre allineare la retribuzione degli insegnanti a quella degli altri pubblici dipendenti che espletano funzioni per le quali è richiesta la laurea e l’abilitazione, e allineare la retribuzione dei docenti a quella media nell’area Ocde. Per conseguire questi obiettivi sindacali, chiediamo agli iscritti e a tutti i simpatizzanti dell’ANIEF di candidarsi nelle nostre liste, per le elezioni delle RSU; chi desidera farlo, deve comunicarci la disponibilità entro il 10 gennaio.
Negli ultimi decenni, un’intera generazione di decisori politici e di sindacalisti “concertativi” ha scelto di infliggere ai lavoratori della scuola (dirigenti esclusi) un arretramento marcato dello status economico e (poiché nei sistemi a economia capitalistica l’apprezzamento del valore delle funzioni lavorative è correlato alla retribuzione) anche un arretramento nel prestigio sociale. Secondo uno studio elaborato dai Cobas, il collaboratore scolastico, con 20 anni di servizio, retribuito nel 1990 con 24.480mila lire lorde annue (che, rivalutate secondo l’indice Istat dell’inflazione, equivalgono a 23.997 euro dell’ottobre 2013), nel 2010 ha percepito un controvalore in euro decurtato del 32%; analoga penalizzazione percentuale è stata inflitta all’assistente amministrativo (nel 1990 percepiva quasi 28milioni di lire lordi, e nel 2010 ha percepito 20.600 euro). Il maestro elementare che nel 1990 percepiva poco più di 32mila euro, nel 2010 ha percepito meno di 26mila euro; analogamente, l’insegnante di scuola media ha subito una decurtazione del 25% (28mila200 euro contro i 35.300 che corrispondono alla rivalutazione della cifra percepita nel 1990), mentre l’insegnante di scuola secondaria di II grado ha subito una decurtazione del 29% (29.000E, e non i 37.400 Euro spettanti). Un docente di scuola secondaria neoimmesso in ruolo guadagna, se ha tre persone a carico, 1.429 netti al mese, certo meno di quanto gli occorre per l’affitto della casa e per mantenere la famigliola. Il rapporto Eurydice 2013, riferito ai 5 milioni di insegnanti che lavorano nei Paesi della U.E., documenta che il trattamento economico dei docenti italiani è inferiore a quello medio dei colleghi. Addirittura, i docenti delle scuole secondarie superiori italiane, dopo 15 anni di servizio, ricevono quasi 27mila euro lordi, la metà circa rispetto ai pari funzione tedeschi; l’insegnante al primo incarico in una Realschule della Renania-Palatinato (gli stipendi in Germania variano tra i länder) percepisce un compenso di 3.040 euro netti, più del doppio rispetto ai 1330 euro riconosciuti all’insegnante di scuola secondaria italiana. Il personale docente della Scuola è, nella quasi totalità, laureato ma è retribuito quanto (quando non ancora meno) l’impiegato di gruppo C. Infatti, la media delle buste paga dei “colletti bianchi”, in maggioranza diplomati, si attesta a 34.505 E. (quella degli impiegati presso la Presidenza del Consiglio, a circa 60000 euro), mentre quella del personale scolastico (insegnati laureati, plurilaureati e specializzati, e personale Ata) è di 29.468 Euro. In sostanza, sotto il profilo economico, non si riconosce che la funzione docente è più complessa e che l’attività di insegnamento è più impegnativo rispetto al lavoro impiegatizio e, però, a chi vuole insegnare si richiede la laurea e la specializzazione, come si richiede, nel pubblico impiego, al personale direttivo; ma non a tutto, se è vero che un direttivo su due è privo del titolo di laurea. Consideriamo la complessità della funzione docente e i requisiti che si chiedono in ingresso (formazione iniziale e abilitazione), e consideriamo, comparativamente rispetto alle prove concorsuali di accesso al pubblico impiego, la mole delle competenze che i docenti devono possedere per superare il concorso a cattedre.E’ difficile individuare, nel pubblico impiego, una categoria di lavoratori che subisca, in ingresso, una selezione altrettanto severa e, però, nel pubblico impiego, tutte le funzioni che richiedono il titolo universitario sono meglio retribuite della docenza. Non si può continuare a chiudere gli occhi sull’evidenza del fatto che la funzione docente è un’attività professionale educativa che comporta scelte autonome e le connesse responsabilità. Stop all’ipocrisia, i decisori politici scelgano quale strada prendere. Due modelli sono possibili, della funzione docente: o è professione o è una funzione esecutiva. Il primo comporta: si accede all’insegnamento da laureati abilitati, si supera il concorso selettivo, si va in cattedra portando la responsabilità delle scelte educative e didattiche da prendersi nel contesto dell’autonomia scolastica, e si percepisce una retribuzione commisurata a quella dei pubblici dipendenti contrattualizzati per mansioni di responsabilità. Nel secondo modello, all’insegnamento si accede senza laurea e abilitazione, si eseguono le direttive ministeriali e quelle dei dirigenti scolastici, si percepisce lo stipendio attuale, allineato a quello che percepiscono i dipendenti inquadrati per mansioni esecutive. La funzione esecutiva dell’insegnante potrebbe essere, in questo modello, quella di trasmettere software informatico e blocchi di lezioni confezionati dall’industria culturale o dal Ministero. Incaricato di presentare alle scolaresche il software didattico, un docente-tecnico potrebbe rapportarsi a moltissimi alunni e, sollevato dell’impegno intellettuale che fare lezione comporta, potrebbe essere impegnato per lo stesso numero di ore di servizio cui sono tenuti gli impiegati (era forse questo il ganglio subliminale che indusse l’ex ministro Profumo a fare appello alla generosità dei docenti affinché si gravassero gratuitamente di un surplus settimanale di ore di insegnamento). E c’è dell’altro all’orizzonte: l’istruzione on demand e i mooc (i 'massive open online courses'), prospettive che, in costanza della perdurante crisi economica possono allettare (per ridurre i costi della istruzione pubblica e gravare le famiglie dell’istruzione privata) una classe dirigente composta da irresponsabili o da reazionari. Lo Stato deve presidiare la istruzione pubblica ai fini di giustizia sociale; lo ha sancito la Prima Repubblica francese solennemente, nella Costituzione dell’anno primo, con uno degli atti che segnano il tramonto del Medio Evo. Qualcuno vuol tornare indietro ?
Chiediamo di sostenerci in questa difesa della Scuola sostenendo le nostre liste nelle elezioni RSU. La nostra associazione ha innovato lo stile sindacale chiudendo ad ogni forma di collateralismo e concertativismo con l’Amministrazione; in tal modo ha ottenuto ripetuti successi in difesa del personale scolastico. Dalla magistratura amministrativa e del lavoro ha ottenuto sentenze favorevoli sui tanti aspetti del contenzioso, il più clamoroso dei quali è stato quello sulla questione delle Graduatorie ad Esaurimento: ottenemmo sentenze favorevoli in tutti i gradi di giudizio e perfino dalla Consulta; si arrivò al commissariamento delle operazioni di nomina dei docenti, perché si rispettasse l’inserimento a pettine degli aventi diritto che avevano chiesto trasferimento ad altra GE. Con riferimento al successo più recente, la sentenza della CGUE che ha condannato la reiterazione delle nomine a t.d., chi volesse cogliere quale sia stato, fin dal 2010, il senso del nostro impegno deve focalizzare questo dato di fatto: nel 2010,quando l’ANIEF denunciò l’illecito, la reiterazione stava sotto gli occhi di tutti, a incancrenire da decenni, ma i sindacati e l’Amministrazione voltavano gli occhi per non vederla; non così l’ANIEF che, appena nata, sollevò subito la questione.