°“I nativi digitali e l'avventura nella grande Rete: Scuola e Famiglie per un nuovo patto educativo”
A questo tema è dedicata la “XIII Giornata Europea dei Genitori”; oggi, il Ministro ne discuterà al Miur, per consolidare il patto educativo tra scuola e famiglie; la presenza di esperti italiani ed europei consentirà di affrontare i temi relativi al necessario rinnovamento della didattica nei nuovi contesti di apprendimento. Maggiori informazioni nel sito istituzionale del MIUR.
° Il Parlamento riflette sulle modalità di attuazione del piano La Buona Scuola
La scorsa settimana, alla Camera, la Settima Commissione permanente “Cultura” si è occupata di una Risoluzione (la 7-00580) sulle modalità di attuazione del piano La Buona Scuola. La riportiamo parzialmente e la commentiamo. Dal verbale 7a Camera, 3.2.15, seduta n. 369, apprendiamo il contributo propositivo offerto dall’on.Santerini, in questa fase decisionale, delicatissima per Renzi. “La risoluzione in oggetto impegna il Governo: ad utilizzare al meglio i 148 mila docenti da stabilizzare, dopo aver proceduto alla copertura dei posti vacanti e disponibili, disponendo che il nuovo organico non sia aggiuntivo bensì costituisca a tutti effetti espansione dell’organico e, per questo, sia stabile e fisso correlato all’attuazione dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche o loro reti; ad operare per una complessiva revisione delle attuali classi di concorso finalizzata, in particolare, a garantire un ottimale utilizzo delle competenze professionali dell’organico superando le attuali rigidità; a considerare la stabilizzazione come una misura necessaria, ma non sufficiente, per una strategia volta a dotare le scuole di risorse professionali competenti e motivate e a potenziare gli interventi di sviluppo professionale; ad assicurare che prioritariamente l’organico funzionale delle scuole consenta, oltre alla piena copertura delle supplenze, l’attuazione degli obiettivi di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica e dell’integrazione, attraverso progetti stabili almeno di durata biennale; ad assegnare alle aree a elevata complessità, da ridefinire ciclicamente tenendo anche conto dei risultati di apprendimento quali risultano dalle prove standardizzate INVALSI, una quota parte delle complessive risorse destinate all’organico funzionale d’istituto; a considerare gli effettivi bisogni rappresentati dalle scuole in relazione agli obiettivi da raggiungere individuati nel piano dell’offerta formativa, prevedendo che, all’interno della provincia di riferimento, si realizzi il più possibile una corrispondenza tra le competenze professionali dei docenti e le specifiche esigenze formative delle scuole, consentendo a queste di esprimere gradimenti in ordine alle competenze; a modificare i tempi delle procedure preparatorie dell’anno scolastico nella gestione del personale docente; a sostenere, in particolare, nella distribuzione delle risorse, il segmento dell’istruzione tecnica e dell’istruzione e formazione professionale; a formare e qualificare i docenti assunti, nelle competenze richieste dalla qualità dell’insegnamento, in particolare nella lingua straniera e nell’informatica, nonché nei compiti di prevenzione del disagio, rinnovamento delle metodologie didattiche, orientamento, sviluppo delle competenze, integrazione interculturale e interventi per affrontare le difficoltà di apprendimento”. Condivido, fin qui, il contenuto, salvo che per due passaggi: il riferimento alle prove INVALSI, e l’indicazione di un troppo vasto ambito territoriale all’interno del quale realizzare la corrispondenza tra le competenze professionali dei docenti e le specifiche esigenze formative delle scuole. Considero molto positiva la proposta, finalizzata a contrare la dispersione scolastica, di “assegnare alle aree a elevata complessità… una quota parte delle complessive risorse destinate all’organico funzionale d’istituto”; se si rafforzerà l’organico nelle aree a rischio, risulterà ribaltata la logica con la quale il MIUR gestisce gli organici: mantenendo inalterata la consistenza nazionale, ha contratto il numero complessivo dei posti e cattedre, nelle regioni meridionali (nelle quali, tuttavia, si hanno elevati tassi di dispersione); per questo a.s., il MIUR ha tagliato in Sicilia oltre 500 cattedre e posti. L’On.Santerini propone anche di “...attivare un sistema di formazione continua in servizio degli insegnanti che coinvolga in modo strutturale scuola e università, per assicurare una cooperazione tra innovazione educativa, sperimentazione scolastica e ricerca universitaria; a perseguire, sia nella formazione iniziale, sia in quella continua, piena integrazione tra i saperi disciplinari, i metodi di insegnamento, le didattiche e le competenze pedagogiche…”. Sarebbe una rivisitazione delle SSIS, le scuole di specializzazione nelle quali si era creata una sinergia, utilissima agli specializzandi, tra personale docente scolastico e universitario. Esigenze di bilancio indussero il tandem Tremonti-Gelmini a sopprimere quei “corsi/concorsi” ma chiunque abbia cervello sa che costituivano, per selezionare i candidati più capaci e colti, un sistema migliore che non i concorsi a cattedre. Il sistema delle SSIS (accesso mediante 3 prove selettive; 4 semestri di studio; 20 e più esami di profitto con assegnazione del voto; esame conclusivo, articolato in 3 prove) ha garantito percorsi di qualità didattica eccellente e di adeguato rigore docimastico nelle selezioni in entrata e nella attribuzione del voto di abilitazione, che nulla concedevano all’alea che, invece, condiziona i concorsi a cattedra con preselezione mediante test a risposta multipla, prova scritta (corretta in gran fretta) e una prova orale (questa, sì, probante). Quella sinergia allora realizzata, tra formatori di estrazione universitaria e formatori di estrazione scolastica, evitava che si affidassero i corsi unicamente a docenti universitari (per lo più, privi di esperienza di insegnamento scolastico). Non senza ragione, (con riferimento, però, alla formazione in servizio) gli estensori del documento La buona scuola hanno scritto:“Un docente è il formatore più credibile per un altro docente… Un modello incentrato sulla formazione esperienziale tra colleghi, attraverso la creazione di una rete di formazione permanente dei docenti… Scommettere su decine di migliaia di docenti …a cui lo Stato chiede oggi di mettersi al servizio della scuola e dei colleghi… Valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti. Ruolo cruciale riconosciuto, all’interno della singola scuola, agli innovatori naturali, che dovranno avere la possibilità di concentrarsi sulla formazione”. Oltretutto, se per la formazione dell’anno di straordinariato si attingesse al personale scolastico in possesso delle competenze necessarie, le risorse economiche della Scuola resterebbero alle scuole. A questa ragionevole osservazione nessuno presta orecchio, con ostinazione degna di miglior causa; ostinazione che è di grande aiuto agli atenei, perché mette a loro disposizione un bacino potenziale di oltre 700 mila insegnanti, canalizzati, dal MIUR, su percorsi formativi di ogni genere; si noti come la torta dei corsi abilitanti (da 2500 a 3500 euro ad abilitando, più il contributo che le decine di migliaia di candidati versano per accedere alle prove preselettive) scateni l’appetito degli atenei. Dalla parte conclusivadella proposta Santerini, dissento. “… Accompagnare la formazione in ingresso del personale docente immesso in ruolo con una decisa innovazione dell’anno di prova, nel corso del quale accertare il possesso delle competenze di base dei docenti assunti, rilevandone crediti e debiti formativi in base ai quali prevedere la formazione ed eventuali possibilità di rinvio o recessione del contratto”. Accertare il possesso delle competenze “di base” dei docenti assunti ?Onorevole, vuole scherzare ? Io - già vincitore di concorso a cattedra nel 1974, già commissario nei concorsi a cattedra, già commissario per l’accesso alle SSIS e supervisore di tirocinio - avendo fatto parte per 10 anni di commissioni che hanno abilitato all’insegnamento centinaia di specializzandi posso documentare che questa generazione di iscritti nelle G.E. è pronta ad insegnare nelle scuole italiane in virtù delle competenze acquisite con il percorso abilitante, con master e specializzazioni, e possedendo uno spessore culturale quale mai nessuna leva di insegnanti ha avuto, in precedenza. Nessun giudizio estemporaneo (Comitato di valutazione dei servizi? Ispettori? Docenti universitari? Dirigenti scolastici?) potrebbe avere attendibilità sufficiente da ribaltare la valutazione (ponderata lungo un biennio) dei team di docenti formatori (di provenienza scolastica e universitaria) che MIUR e atenei hanno nominato a formare il corpo docenti delle SSIS. Leonardo MAIORCA