°A giorni, Renzi renderà note le attese decisioni sulla Scuola
Lo farà il 22 febbraio (primo compleanno del suo Governo), al Convegno “La scuola che cambia, cambia l’Italia” (a Roma, Spazio eventi di via Palermo), e al Consiglio dei Ministri del 27 febbraio; delle assunzioni dei docenti tratterebbe un decreto-legge (44 articoli), e sarebbe pronto anche un disegno di legge delega. Riassumiamo il nostro punto di vista su tre delle questioni principali.
• Piano delle assunzioni. Secondo un’anticipazione (ItaliaOggi - 17 febbraio), il monitoraggio effettuato dal MIUR sugli aventi diritto iscritti nelle graduatorie ad esaurimento porta al totale di 135 mila docenti. Alla soglia dei 148 mila preventivati resta, dunque, un margine ma è del tutto insufficiente all’assunzione di tutti gli abilitati che, nominati dalle graduatorie di istituto di seconda fascia, hanno prestato servizio per oltre 3 anni scolastici. Si tratta di colleghi che hanno diritto alla stabilizzazione (chiediamo che si crei una fascia aggiuntiva delle GaE, nella quale collocare il personale docente abilitato) anche perché, per alcuni insegnamenti (quali, ad es., la Matematica, e alcune discipline tecnico-scientifiche), in alcune provincie, non ci sono nelle GaE insegnanti in numero sufficiente a coprire il fabbisogno. Su Repubblica, ieri Corrado Zunino anticipa il proposito del Governo in questi termini: “Oggi nelle Gae ci sono 120mila supplenti che, a vario titolo, hanno fatto supplenze nelle scuole italiane. Saranno assunti tutti. Visto che il decreto parla di 148mila da stabilizzare, i precari delle Graduatorie a esaurimento non basteranno. La seconda tranche di assunzioni sarà, quindi, quella imposta dalla sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso 26 novembre: tutti coloro che hanno fatto supplenze per almeno 36 mesi su un posto vacante… Il Miur, chiudendo a fatica un censimento scolastico complicato, assicura che sono solo 1.793: 875 sono inseriti nelle Gae, 755 in seconda fascia, 163 in terza. Restano da coprire 19mila posti…”. Sono calcoli, questi, sui quali l’ANIEF dissente in modo radicale: Si tratta di numeri distorti,calcolati utilizzando l'organico di diritto come organico di fatto; in realtà Infatti, i posti affidati quest'anno con contratto al 30 giugno sono circa 90000, su posti che sono da computare nei 36mesi.
Aggiungiamo: nel rispetto della sentenza della Corte Europea, ha diritto alla stabilizzazione anche il personale ATA con almeno 3 anni di servizio. Quanto a quei signori che hanno espresso perplessità circa l’adeguatezza al compito, di coloro che, inclusi nelle GaE, hanno avuto poche occasioni di insegnare (al Sud il numero delle supplenze è in flessione costante, e in 5 anni sono stati cassati il 15% delle cattedre), riteniamo che essi muovano da un pregiudizio negativo circa il valore del titolo rilasciato nei corsi di specializzazione; è allora necessario ricordare che una delle ragioni per le quali i corsi SSIS furono introdotti era la necessità di avere in cattedra chi avesse esperienza di un congruo monte ore di tirocinio (lo specializzando ne ha fatto 300; anche 0 ore, qualche vincitore di concorsi a cattedra, come quando io debuttai). A Renzi toccherà diradare – lo speriamo – anche il nebbione pretestuoso sollevato da coloro che sembrano accorgersi solo ora della migrazione dal Sud, dei docenti in cerca di cattedre, e da coloro che dicono non vi siano posti sufficienti per i docenti precari di Educazione musicale nelle scuole superiori, e di Diritto ed Economia. Sono informati della importanza che a questi due insegnamenti i decisori politici annettono, nella nuova pianificazione dei curricoli? Nell’operazione di nomina dei docenti ci sono problemi più seri, dei quali il MIUR farà bene a discutere con le OO.SS. (dopo il 5 marzo, quando sapremo quali sindacati sono ora rappresentativi); due esempi: - procedere alle nomine su cattedra produrrebbe posizioni anacronistiche, se non si hanno le tabelle di riordino delle classi di concorso per la Scuola Secondaria; - disporre la nomina di docenti in organico funzionale di rete, in reti di scuole ubicate in sedi tra loro distanti, va fatto riconoscendo determinate condizioni che li indennizzino del disagio.
• Rivalutazione economica della professione docente. Quello della Scuola è il settore del pubblico impiego, in Italia, nel quale gli addetti sono pagati meno e ciò vale in particolare per gli insegnanti, sia se li compariamo ai pubblici dipendenti laureati degli altri comparti, sia ai docenti delle altre nazioni:i nostri insegnanti guadagnano circa il 30% in meno rispetto alla media negli altri Paesi OCDE: un terzo in meno rispetto ai colleghi francesi, inglesi e olandesi, quasi la metà rispetto ai tedeschi. Il nostro sindacato ha calcolato che il blocco stipendiale ha privato il personale, a partire dal 2010, in media di 60 euro mensili; 12 E. derivano dallo stop alla vacanza contrattuale. Gli stipendi sono fermi dal 2009. Renzi si accinge a ridurre la spesa pubblica per retribuzioni nel settore Scuola. Gli scatti stipendiali di anzianità, bloccati fino al 2018 dalla Legge di Stabilità, saranno sbloccati solo parzialmente (solo per 1/4 circa) se nel frattempo verrà in essere la previsione, contenuta in La buona scuola, che trasforma gli scatti di anzianità in scatti di merito. L'attuale sistema retributivo consente ai docenti aumenti di stipendio da 150 a 200 E., mediamente, ogni 7 anni; la nuova progressione di carriera consentirà, nella migliore delle ipotesi, di recuperare, ma non a tutti, circa la metà di quello che si ottiene oggi. Rimaneggiare al ribasso il sistema dei gradoni significa rendere strutturale l'attuale processo di impoverimento della categoria: ogni anno di servizio non valutato, infatti, fa perdere mediamente 1000 euro di retribuzione annua, con effetti anche sull'importo della pensione e della buonuscita. Renzi dovrà dire senza infingimenti che sta penalizzando economicamente quella funzione docente della quale, a chiacchiere, tesse gli elogi.
• Criterio di attribuzione dei crediti per la carriera degli insegnanti. Ha il tempo, Speedy Renzi di accorgersi di una questione facile facile aprendo gli occhi sulla anomalia interna al criterio, avanzato in La buona scuola, per l’attribuzione dei “crediti” ai docenti ? Vale la pena di parlarne ? Rien ne va plus, les jeux sont faits ? Post factum nullum consilium. Noi non possiamo rassegnarci al fatto che Renzi finga di non capire una ovvietà simile, e allora torniamo a spiegare ancora una volta che i tre tipi di crediti prospettati sono disomogenei: i crediti “professionali” (“quelli assunti all’interno della scuola per promuovere e sostenerne l’organizzazione e il miglioramento, sia nella attività ordinaria sia in quella progettuale”), e i crediti “formativi” (che si conseguono con “la formazione in servizio a cui tutti sono tenuti, l’attività di ricerca e la produzione scientifica”)sono correlabili al merito del docente (formazione; maggiore impegno lavorativo), e sono certificabili e valutabili obiettivamente; invece, i crediti “didattici” (in La buona scuola sono connotati con riferimento “alla qualità dell’insegnamento in classe e alla capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti”, e sarebbero da attribuire ai docenti in grado di dimostrare la loro «capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti») non sono valutabili in modo univoco e obiettivo perché l’apprendimento degli studenti, essendo condizionato da molteplici co-fattori, solo in parte dipende dal lavoro dei docenti. Occorre, altresì tenere presente che la responsabilità della didattica non è individuale ma “collegiale”: l’insegnante opera in seno al Consiglio di classe e i risultati del suo lavoro emergono altresì dal concorso di altre componenti della comunità scolastica e di altri fattori. L’esito dell’apprendimento degli studenti dipende solo in parte dalla professionalità del docente, e se l’incremento dei livelli di apprendimento degli studenti – qual è, ad esempio, rilevato mediante i test Invalsi che, di per sé, già non tengono conto della programmazione dei Consigli di classe – dovesse essere preso a parametro per valutare la competenza didattica dei docenti, si rischierebbe di penalizzare ottimi professionisti che insegnano ad alunni in difficoltà e di premiare i docenti avvantaggiati dal lavorare con alunni di ambiente familiare e sociale favorevole all’apprendimento. La stessa osservazione facciamo con riferimento alle varianti soggettive, quali sono, ad es., le conoscenze, le competenze e le capacità pregresse, degli alunni; e sono condizionamenti di molto difficile estrapolazione. Sono anche da considerare le variabili interne ai processi educativi e formativi: le caratteristiche del corpo docenti, le risorse materiali della scuola, i tassi di frequenza, l’efficienza organizzativa e la qualità delle strutture della scuola, a cominciare dalla qualità del corredo didattico strumentale. Le nostre sono considerazioni ovvie, e non si capisce il motivo per cui non si voglia capire; nasce spontaneo pensare che, sotto sotto, ci sia la volontà di attaccare sulla generosa balena bianca (la Scuola, con i suoi 700mila docenti) remore (centri studi e atenei, con “esperti” che hanno 0 esperienza di insegnamento) che viaggino sfruttandone la scia. Se le cose stanno così, ogni nostra spiegazione resterà vana: Oleum et operam perdidi (Plauto); Cavulu ciurutu, chiddu ca ci spenni è pirdutu. Leonardo MAIORCA