° Meeting "La Scuola che cambia, cambia l`Italia": nebbia fitta sul piano di assunzioni dei docenti
Nulla di concreto e comprensibile, al meeting, sui contenuti del decreto che il Consiglio dei Ministri discuterà il 27 febbraio, solo indiscrezioni di fonte giornalistica. Meno ancora si sa sui contenuti del disegno di legge-delega che il Governo invierà al Parlamento per la calendarizzazione (con approvazione della delega a luglio ? E “delega” comporta che si preparino poi i decreti delegati). Dei precari da stabilizzare (meno di 120mila, secondo IlSole24Ore; oltre 130mila, secondo La Repubblica), la maggior parte verrebbe dalle G.aE e dalle graduatorie concorsuali degli idonei; altri, nel numero sufficiente a coprire il fabbisogno, proverrebbero da Graduatorie di istituto (da quelle delle classi di concorso per le quali le G.aE. non sono sufficienti). Non è chiaro se a questi docenti individuati dalle graduatorie di istituto si offrirà subito il contratto a t.i.; certo, sarebbe assurdo che non lo si offrisse a quelli (pochi, secondo il MIUR) che vantano servizi per 360 giorni: si contravverrebbe ancora la nota sentenza della Corte di Giustizia Europea. Varianti subordinate per questi insegnanti, di cui ci fosse necessità, nominati dalle graduatorie di istituto: incaricati per un anno, transiterebbero nei ruoli nell’a.s. 2015-2016, oppure fruirebbero di una corsia preferenziale all’atto di partecipare al concorso a cattedre che verrà presto bandito. I posti da assegnare, dal 1° settembre 2016, dovrebbero essere circa 40mila. Qualche incertezza permane anche per i docenti inseriti nelle GaE.: Il quotidiano di Confindustria ci tiene a precisare che non è stabilito a priori che le G.aE. debbano essere svuotate del tutto, e spiega che ad esse si attingerà secondo “necessità”. Affermazione vagamente biliosa ma sensata e perfino ovvia, perché l’operazione assunzioni non è un intervento sociale della Caritas a pro dei precari, è il ripristino del servizio di istruzione/formazione falcidiato dal tandem Tremonti-Gelmini. E se la “necessità” di cui parla IlSole24Ore va intesa, alla luce delle Linee Guida renziane, come potenziamento dell’offerta formativa, come superamento della distinzione tra organico di fatto e organico di diritto, e come istituzione dell’organico funzionale (presumibilmente cinque insegnanti per le scuole primarie e poco meno per quelle secondarie), 148 mila assunzioni sono il minimo necessario, e se non fosse possibile andar oltre, sarebbe perché limitate sono le risorse finanziarie stanziate con la Legge di Stabilità 2015, e a nostro parere ci sarebbe davvero da andare oltre per ottenere, finalmente, di limitare il numero di alunni per classe (max 22 alunni, propongono i parlamentari Cinque Stelle) e di reintroduciamo il tempo pieno nella scuola primaria. Sempre da IlSole24Ore, si apprende che sarebbe allo studio di offrire un indennizzo economico ai precari che non accetteranno il posto in ruolo che verrà loro assegnato a settembre, qualora vantino i diritti individuati nella sentenza della Corte europea (36 mesi di contratti a termine negli ultimi cinque anni). Da TuttoscuolaNews (23 febbraio - n.673) si apprende che le linee di politica scolastica da approvare in Consiglio dei Ministri il prossimo 27 febbraio (e da attuare entro il 2020) sono state discusse in Consiglio dei Ministri nella riunione del 20 febbraio e raccolte in un documento che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha inviato alla Commissione Ue. Per la parte relativa al sistema scolastico, Tuttoscuola riporta queste intenzioni del Governo: “Formazione in servizio obbligatoria e valutata per tutti i docenti, legata anche allo sviluppo della carriera; per l’assunzione dei docenti si terrà conto di tre criteri: formazione, valutazione e carriera, seguendo tre livelli di priorità: nazionale, individuale (basato sulla formazione) e a livello di singola scuola (per la valutazione del sistema nazionale). In particolare la valutazione delle competenze didattiche dei docenti avverrà con vari strumenti, inclusi una “formation card” (un registro dei crediti formativi e professionali?) e questionari sull’aspetto reputazionale compilati dagli studenti e dai genitori; estensione della metodologia CLIL, in inglese, alla quarta e quinta classe di scuola primaria; inserimento di economia e diritto nelle scuole secondarie superiori; predisposizione di un indicatore, costruito in collaborazione tra le banche dati del Miur e dell’Inps, che consenta alle scuole di valutare l’efficacia dell’insegnamento impartito in rapporto ai successivi percorsi di studio e di lavoro degli studenti; una maggiore trasparenza nella gestione della scuola con pubblica rendicontazione; incentivi fiscali e procedure amministrative accelerate per favorire gli investimenti privati nelle scuole e nella didattica; introduzione, già dal 2015, di una piattaforma elettronica nella quale tutte le scuole statali e paritarie dovranno inserire informazioni per il sistema nazionale di valutazione; incremento del numero di ispettori ministeriali”. Informazioni che il MIUR ha centellinato agli italiani e che però sarebbero nero su bianco nel documento inviato alla U.E. In sostanza, il meeting La Scuola che cambia, cambia l`Italia è stata poco più che il parlarsi addosso tra gente già convinta; a parte il gruppo di colleghi che hanno contestato in questi termini: (lastampa.it - Flavia Amabile): “Al termine dell'intervento della ministra Giannini dalla platea si chiede di porre fine ai tagli che hanno portato a classi con numeri esagerati di studenti. Anche Renzi viene contestato. «È possibile parlare con gli insegnanti?», urlano alcuni professori dalla platea. «Facciamo questo da sei mesi poi ci prendiamo un caffè», replica dal palco Matteo Renzi. A chi glielo chiederà liquida le proteste spiegando che «le contestazioni sono altre». «No a chi viene qui a fare le pagliacciate, ascolto tutti ma non consento la palude e la paralisi». E poi aggiunge: «Lo so che gli addetti ai lavori non ne possono più e non si fidano della politica. La frustrazione degli annunci fatti cui non è corrisposto un impegno porta gli insegnanti a non crederci e questa è una partita difficile». Infatti all'esterno la contestazione prosegue. Lontano dal luogo del convegno. Ma quando qualcuno si avvicina al parterre dove si trova Renzi; due dirigenti sindacali dell'Usb vengono fermati e portati in questura per essere identificati anche se «volevano solo consegnare un volantino sui motivi della protesta»”. Il presidente dell’ANIEF valuta “deludente” il meeting di domenica scora: “Il Governo – ha dichiarato Marcello Pacifico – continua a non dare risposte concrete sul futuro di una larga fetta del personale. Renzi ha detto che verranno assunti tutti i precari, ma ad oggi non si hanno certezze su decine di migliaia di docenti precari abilitati inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, in particolare quelli che hanno svolto 36 mesi di servizio su posti liberi, cui spetta l’assunzione. Come non è garantita l’assunzione di tutti coloro che sono inseriti nelle GaE, anche da decenni. Pensiamo poi al futuro incerto degli amministrativi, tecnici e ausiliari, che con la Legge di Stabilità perderanno oltre 2mila posti e si ritrovano dal 1° gennaio senza più indennità per il lavoro aggiuntivo svolto ogni giorno, anche per il supporto agli alunni disabili… Nel doppio decreto in arrivo, non si ha poi traccia di norme che garantiscano gli scatti di anzianità anche al personale precario il pagamento delle mensilità estive a quei supplenti che hanno lavorato fino al 30 giugno, anche se i posti occupati erano vacanti e quindi annuali a tutti gli effetti. Per quanto riguarda il sostegno, poi, è fondamentale che si immetta in ruolo quel trenta per cento di precari che oggi lavorano sui posti in deroga, ma nella realtà su cattedre a tutti gli effetti vacanti”. Sulla assunzione dei docenti precari, domenica scorsa, anche Renzi si è mantenuto sul vago (“Come prendiamo i 148000? Le tecnicalità saranno discusse nel nostro provvedimento”) preferendo ripetere l’apprezzamento per la funzione formativa e sociale della Scuola e per la funzione docente (“La Buona scuola c'è già, è fatta da una qualità di educatori, prima che insegnanti, nonostante i docenti siano pagati poco, nonostante sia venuto meno il valore sociale dell'insegnante. Noi abbiamo permesso, rispetto al passato, che la figura dell'insegnante abbia perso valore sociale”). Un passaggio, comunque, ci è sembrato interessante, nel discorso di Renzi, quando ha detto che il dibattito sul criterio di attribuzione dei crediti ai docenti non è concluso, proseguirà, perché occorre confrontarsi con chi nella scuola ci lavora.“Ci vuole un metodo di valutazione trasparente e in quest'ambito le voci dei critici non devono essere teoriche o espressione di questo o quell'altro sindacato”. Per una volta, Speedy-Renzi dice di non andare in fuga e promette di restare in gruppo. Dobbiamo crederci? Se nel gruppo ci saremo anche noi dell’ANIEF – lo vedremo il giorno 6 marzo, quando sapremo che cosa ci avrà riservato il rinnovo delle RSU – diremo che i “crediti” ai docenti devono basarsi su competenze, titoli e attività certificati, accertabili in modo obiettivo; il Comitato di valutazione dei servizi non deve operare discrezionalmente ma applicare una griglia formulata su base nazionale. Ciò è fattibile per quei crediti che La buona scuola denomina “professionali” (assunti dentro la scuola per promuovere e sostenerne l’organizzazione e il miglioramento, sia nella attività ordinaria sia in quella progettuale), e per i crediti “formativi” (“la formazione in servizio a cui tutti sono tenuti, l’attività di ricerca e la produzione scientifica”). Invece, i crediti “didattici” (connotati con riferimento “alla qualità dell’insegnamento in classe e alla capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti”) non sono valutabili obiettivamente perché l’apprendimento degli studenti, essendo condizionato da molteplici co-fattori, solo in parte dipende dal lavoro dei docenti, e perché l’attività e responsabilità didattica non è individuale ma collegiale. A determinare il livello delle acquisizioni degli studenti intervengono condizionamenti numerosi e di difficile estrapolazione, di natura ambientale (connessi al livello culturale e allo status economico delle famiglie) e peculiari dei singoli alunni (capacità cognitive, motivazione, attenzione, conoscenze pregresse); e sono anche da considerare le variabili interne ai processi educativi e formativi: caratteristiche del corpo docenti, risorse della scuola, tassi di frequenza e di abbandono, efficienza organizzativa, qualità delle strutture della scuola e del corredo didattico strumentale, ecc… Il buon senso impone di eliminare i “crediti didattici” dal criterio premiale dei docenti.