Domani si aprono i seggi per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali unitarie
Le idealità che ispirano il nostro impegno sindacale.
° Domani si aprono i seggi per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali unitarie. Le nostre idealità
L’ANIEF esiste per l’iniziativa di giovani che, appassionati dell’insegnamento e delusi dalle disastrose politiche sindacali, hanno deciso di difendere in prima persona il proprio lavoro e il prestigio della Scuola. L’apprezzamento della funzione della Scuola pubblica è nel dna della civiltà democratica - che, allo Stato, assegna di garantire a tutti i cittadini, tra altri diritti, quello all’istruzione -, e il riconoscimento della preminente funzione sociale della Scuola è nell’art.3 comma 2 Cost.:“E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Tra i condizionamenti che ostacolano il pieno sviluppo delle potenzialità dei cittadini, che la Repubblica deve rimuovere, v’è quello per cui, in Italia, l’insuccesso scolastico colpisce alunni le cui famiglie hanno livelli modesti di istruzione e di status, dieci volte di più rispetto agli alunni i cui genitori hanno un elevato titolo di studio e svolgono attività professionali. Non si può ragionevolmente dissentire da ciò che laRete degli Studenti Medi ha espresso con parole perentorie: “Vogliamo una scuola inclusiva e accessibile, che non lasci indietro nessuno e che sappia combattere le disuguaglianze sociali che la crisi economica ha ingigantito negli ultimi anni, vergognandosi di un tasso di dispersione scolastica unico in Europa… Vogliamo una scuola pubblica finanziata dallo Stato e uno Stato senza oneri verso le scuole private: no a finanziamenti pubblici alle scuole private e no a finanziamenti privati diretti nelle scuole pubbliche”. Aggiungiamo che non è consentito ai decisori politici di sottrarre alla Scuola risorse umane (quasi duecentomila addetti, dal 2008 in poi) e risorse finanziarie (più di 8 miliardi), mettendola nel mirino della Spending review con sparate quali sono quella di ridurre il servizio scolastico da 13 a 12 anni e quelle di accrescere il numero di alunni per classe o il numero delle ore di lezione per insegnante. E altro sembra preparare questo governo. Paladina della “libertà di scelta educativa per le famiglie”, il ministro Stefania Giannini – che dovrebbe adeguarsi alla tradizione del PD, in cui è transitata – prepara i ferri per un salasso; dice: “il sistema pubblico ha due pilastri, scuola statale e non statale, lo stabilisce la legge, ma mancano le misure che rendono completamente attuato questo processo”. (Corriere della sera, 26.02.15 “Il governo apre alle scuole private. Sgravi fiscali per chi le sceglie”). Tutti fan della scuola paritaria, questi ministri dell’Istruzione, e burberi verso la statale. Agatha Christie diceva che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi fanno una prova; se è così, abbiamo la prova che per fare il ministro della Istruzione occorre non essere fan della scuola statale. Sotto questo profilo, è come se un’unica identità si fosse via via coperto il volto con le maschere sorridenti di Profumo, della Carrozza e della Giannini; queste ultime, affiancate dal sottosegretario Gabriele Toccafondi (deputato del PDL nella XVI legislatura e del NCD dal 2013) che, “impegnato in modo particolare per la libertà di educazione”, come leggiamo sul suo blog, ha detto basta alla distinzione “ideologica” tra scuole private e paritarie: "Vorremmo dare la possibilità anche a due operai di scegliere se mandare il figlio in una scuola pubblica o in una paritaria detraendo fiscalmente almeno parte della retta da pagare”. E vorrebbero accreditarsi, aggiungiamo noi, dinanzi alla più compatta platea elettorale che in Italia abbia ispirato la presa delle decisioni politiche:. E’ una mossa non disinteressata che nulla ha da invidiare, in quanto è fatta con i soldi dei contribuenti, alle pensate dei demagoghi della Prima Repubblica. Insomma è una malattia cronica: un’intera classe politica utilizza strumentalmente la Scuola a fini politici generali, e dagli Uffici del MIUR pretende che sfornino a getto continuo idee per contenere la spesa per la scuola pubblica. La Scuola, i decisori politici è come se la soffrissero psicologicamente, prigionieri di un ganglio subliminale che presumibilmente risale, indietro nel tempo, alla scuola che hanno lasciato da alunni. Quanti di questi governanti hanno lavorato nelle scuole (o vi lavorerebbero), e che cosa sanno di come sono adesso le scuole ? Di quali sforzi sono stati fatti nel segno della pedagogia umanistica ? E che fanno i sindacati della razza concertativa ? In questo scenario pietoso, si sono limitati a proporre qualche aggiustamento, qualche tesi collaterale, come umbratili, diafani, compagni di viaggio dei decisori politici, compagni che Renzi vuole addirittura fare scendere. Da questi sindacati abbiamo poco da imparare, e invece molto dai tanti che hanno dedicato alla Scuola parole coraggiose e chiare. Abbiamo imparato dalla prof.ssa Mila Spicola che così ha scritto, in una lettera aperta, a Tremonti: “Lei sta obbligando la maggioranza dei docenti italiani a violare la legge. È esattamente quello che accade in moltissime scuole italiane. Cosa significa infatti ammassare più alunni di quanti un'aula può contenerne, se non violare la legge? Sono ben tre le norme violate: la normativa antincendio, quella per la sicurezza negli edifici scolastici e quella igienico sanitaria. Molti sanno che lei ha tolto ben 8 miliardi all’istruzione pubblica. -“C’erano tanti sprechi...”. Lo spreco era recuperare i bambini con difficoltà (cosa frequentissima nei contesti dove vivo e ho scelto di insegnare io, e cioè nelle periferie), e quindi via le compresenze in talune ore di due maestri nelle elementari: a questo servivano… Aumentiamo i ragazzi per classe: fino a 30, 33…ma sì… Per chi vuole studiare veramente, ci sono le scuole private….Ciò è anticostituzionale. La Costituzione riconosce alla scuola pubblica statale il compito di formare e istruire gli italiani… L’illegalità di stato dentro una scuola non la sopporto e la denuncio…. Io non posso adeguarmi. … Non posso più tollerare che quei ragazzi siano il bersaglio vero delle nostre scelte. I docenti italiani ci saranno sempre a insegnare cosa voglia dire rispettare le regole, rispettare la legge, cosa significhino parole come comunità, come solidarietà, come eguaglianza, come “fraternità”… Gliedifici scolastici: sono questi per me i monumenti culturali dell’Italia che amo. La smetta di giocare con la vita e con l’istruzione dei nostri figli. Anzi, le dico di più, se posso: se ne vergogni” (giugno 2010). Abbiamo imparato dal prof. Salvatore Settis che, con riferimento a ridicole accuse mosse dall’allora premier Monti, ha dichiarato: “La scuola, lo diceva già Calamandrei, è un organo costituzionale; ma di questo anche i Ministri si sono dimenticati da un pezzo anche se continuano a giurare fedeltà alla Costituzione… Bisogna restituire agli insegnanti il senso della dignità del lavoro che fanno, ma questo non glielo si dà certamente accusandoli di corporativismo” (dicembre 2012). Abbiamo sempre letto con attenzione ciò che il prof. Benedetto Vertecchi dice della politica scolastica. Ha lamentato la mancanza di progettualità educativa: “Una sostanziale insensibilità nei confronti della tradizione culturale italiana ed europea, che si aggiunge ad atteggiamenti subalterni nei confronti di scelte culturali che rispondono a interessi di mercato… peraltro incoraggiate dalle politiche dei governi che dall’inizio del secolo si sono succeduti alla guida del Paese” (dicembre 2013); e, ancora, Vertecchi ha stigmatizzato il fatto che, non riconoscendo all’insegnamento “un elevato livello di autonomia e di progettualità”, i decisori della politica scolastica lo imbrigliano in un modello di Scuola ispirato a “sintagmi economicistici… con conseguenti svalorizzazioni e valorizzazioni estrinseche” (gennaio 2015). Il prof. Giorgio Israel ha sempre dichiarato profonda stima per la funzione docente: “La scuola deve essere restituita ai suoi agenti principali, gli insegnanti, dopo decenni in cui è stata dominata da altri soggetti che hanno debordato dalle loro funzioni istituzionali. Tra questi viene la burocrazia ministeriale, che anziché porsi al servizio dell’istruzione ha peccato di dirigismo seguendo una lontana e deprecabile tradizione. Poi i sindacati, che hanno non di rado travalicato la loro funzione intervenendo sulle modalità e i contenuti dell’insegnamento. Anche se per controbilanciare il dirigismo di cui sopra. In terzo luogo, il peccato di alcuni pedagogisti ed “esperti della scuola” di voler rifare l’istruzione da cima a fondo nella veste di consiglieri del principe; i quali si sono tuttavia fatti rimpiangere dall’intervento degli ultimi soggetti coinvolti, proprio i funzionari degli uffici studi delle banche e gli “economisti della scuola”, che hanno voluto far credere che il problema dell’istruzione possa essere risolto con modelli econometrici e con l’abuso di test e quiz” (agosto 2014). La sociologa Chiara Saraceno ha rimarcato vigorosamente che “Lo Stato ha la responsabilità prioritaria di garantire un’istruzione di qualità a tutti, senza privilegiare né il ceto sociale, né particolari opzioni di valore o visioni del mondo (salvo quelle della libertà, della democrazia, della uguale dignità di ciascuno)…. Dio sa quanto ce ne sia bisogno in Italia, dove le disuguaglianze nello sviluppo delle competenze cognitive tra classi sociali e ambiti territoriali costituiscono una denuncia drammatica del fallimento dello Stato nel far fronte a quella responsabilità nei confronti dei suoi cittadini più svantaggiati” (agosto 2014). E la politologa Nadia Urbinati scrive: “Se lo Stato finanziasse solo le sue scuole, come la Costituzione comanda, i soldi non sarebbero un problema così emergenziale. L’articolo 33 della Costituzione è raggirato, e non da oggi, con l’escamotage degli aiuti alle famiglie. La Costituzione sembra non avere forza…. I cittadini restano fuori del palazzo, inascoltati e fortemente critici. Organizzano convegni, lanciano petizioni, firmano documenti, ma la loro voce non ha risonanza. Non hanno rappresentanti nei partiti e non hanno un interlocutore nel Parlamento. Politica costituita e opinione dei cittadini marciano su binari paralleli” (febbr. 2015). E’ stato spontaneo coniugare queste idealità con l’impegno sindacale specifico per tutele contrattuali e per le retribuzioni, perché la valorizzazione della dignità professionale dei lavoratori va di pari passo con la realizzazione della funzione educativa. Nessuna meraviglia, quindi, che l’ANIEF abbia potuto procedere in modo lineare, secondo il suo “stile giovane” che consiste nel non fingere di non vedere, e se il re è nudo, nel dirlo. Così, per un verso, abbiamo spesso inchiodato il MIUR dinanzi alla magistratura del lavoro e ai giudici amministrativi, per altro verso abbiamo proposto, nelle sedi istituzionali, contenuti innovativi e ragionevoli. E per il futuro, con riferimento a queste elezioni per il rinnovo delle RSU, il presidente, Marcello Pacifico prospetta una linea marcatamente propositiva: “Se il sindacato vince, contestualmente s’impegna a ricorrere di meno se sarà ascoltato dalla Amministrazione in sede di consultazione quando diventerà rappresentativo. Già, perché forte delle sue 16.000 deleghe, Anief rincorre la naturale vocazione a rappresentare i lavoratori ai tavoli istituzionali”. Votando i nostri candidati, colleghi docenti e ATA, ci consentirete di ottenere il riconoscimento formale di rappresentatività nelle scuole e negli uffici territoriali, e principalmente in sede ministeriale per contribuire a rivalutare il potere d'acquisto di stipendi e pensioni, a correggere le regole sulla mobilità, a orientare questa delicata fase riformista ai valori dei quali abbiamo detto sopra. L’appello ai nostri colleghi è, dunque: - votino i nostri candidati, se nella scuola in cui prestano servizio ne abbiamo presentato; - invitino i conoscenti che lavorano in altre scuole a votare ANIEF; - si regolino anche in considerazione del “patto di desistenza” che il presidente Pacifico ha sottoscritto con altre due organizzazioni sindacali, Unicobas e USB; l’accordo prevede che i simpatizzanti di ciascuno dei tre sindacati sostengano i candidati dell’organizzazione amica nelle scuole dove non è presente una propria lista, e si astengano dal voto se in quella scuola sono presenti solo liste dei sindacati oggi rappresentativi.
Leonardo MAIORCA