° Fervet opus
Renzi ha presentato un d.d.l. che comporta (all’art.21) la delega a decretare su ben 17 materie; e occorrerà anche considerare quali modifiche, la riforma costituzionale che è in itinere produrrà all’assetto del sistema nazionale di istruzione e formazione. Si tratta del d.d.l. Cost.; Atto Senato n.1429 e Atto Camera n.2613. L’iter parlamentare ne è in corso; l’approvazione è probabile (vista lo stato di grazia politico di Renzi) malgrado le insidie intrinseche nella quadruplice lettura delle leggi costituzionali. Una modifica all’art. 117 Cost. riguarda la Istruzione e formazione professionale. MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE «Art. 117. – La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a)… ; n) disposizioni generali e comuni sull’istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale;… Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche,…. di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici…., nonché nelle materie non espressamente riservate alla competenza esclusiva dello Stato».
° Renzi; i milioni per il “merito” dei docenti; lo sterco del diavolo
Aridatece er Tullio. Per noi dell’ANIEF è stata una lieta sorpresa l’articolo del linguista, ex ministro De Mauro che ha ridicolizzato una strumentalizzazione dell’insegnamento di don Lorenzo Milani. Fatto 1. Il Decimo cavalleggeri va in soccorso delle scuole paritarie: Lo scorso 28 febbraio, con una lettera aperta pubblicata sul quotidiano l’Avvenire, quarantaquattro parlamentari hanno usato del nome di don Milani a pro dei finanziamenti alle scuole paritarie. I 44 contavano di impinguare il proprio credito elettorale nel più vasto bacino di consenso che la storia italiana conosca; della stessa idea sarebbero stati il ministro Giannini (già seguace di Monti e ora neofita del PD) e il sottosegretario Gabriele Toccafondi (già seguace di Berlusconi e ora nel Ncd). A titolo di detrazioni fiscali alle famiglie i cui figli frequentano le scuole paritarie, sarebbero stati chiesti 800 milioni per il 2016 e poi, a regime, 400 milioni da aggiungere ai 700 milioni circa di contributi che già arrivano ogni anno in diverse forme alle scuole paritarie). Per questa concimazione dell’orto elettorale, Renzi ha dato un finanziamento più contenuto escludendo dalla detrazione gli iscritti alle superiori; si tenga presente che il Fiorentino ha annunziato che lo stanziamento per la “premialità” ai docenti sarà di 200 mln (che suddivisi a 700mila docenti significherebbero, mediamente, meno di 300 euro annue). E se avessero aggiunto al “monte- premi” i milioni che destinano alle detrazioni paritarie ?
Fatto 2.In risposta al maldestro scritto dei 44 cavalleggeri, c’è il commento sferzante dell’ex ministro alla Istruzione, Tullio De Mauro (www.facebook.com/Internazionale?fref=nf,11.03. 2015): “… Può darsi che, obbedendo al Sant’Uffizio, i quarantaquattro non abbiano mai preso in mano la prima opera di don Milani, Esperienze pastorali. Il libro li aiuterebbe a capire qualcosa di don Milani … Un gigante della predicazione del Vangelo nelle periferie urbane, tra ragazzi distratti dalla nascente ondata consumistica (don Milani l’avverte precocemente nel suo profilarsi come solo Pasolini fa contemporaneamente)… La parola del Vangelo non raggiunge una popolazione povera di istruzione, di cultura, di lingua. Farla giungere significa fare scuola, fare scuola nella parrocchia, fare scuola come privato. E comincia. Prima che il Sant’Uffizio non gradisca il libro, è monsignor vescovo che non gradisce questo prete che vuol fare scuola. E dal suburbio fiorentino lo spedisce nel Mugello, a Barbiana. E là don Milani di nuovo vede nel fare scuola la sola alternativa alla miseria. … Forse i nostri quarantaquattro pensano che don Milani avrebbe dovuto chiedere al signor provveditore di fare istanza al ministero dell’istruzione per istituire a Barbiana una scuola media statale. L’impaziente prete non ci pensa nemmeno, e comincia da subito a fare scuola. Da privato, ben ovviamente. Ma il suo giudizio sulle scuole cattoliche era, se possibile, ancora più aspro di quello che poi Lettera a una professoressa ha riservato alla scuola statale…. Si profila il peccato e reato di suppressio veri et suggestio falsi… E, per molti dei quarantaquattro, con l’aggravante di una consapevole, ma anche ingenua, malizia. Le cose da loro distorte e falsificate furono serie e drammatiche. Ma i modi di questi distortori e falsificatori sono ridicoli. Forse non meritano nemmeno sdegno, ma piuttosto un modo di dire romanesco: aridatece er contesto”. Commentiamo. I quarantaquattro avanzano l’ipotesi, del terzo tipo, per cui un redivivo don Milani sarebbe al loro fianco nell’appoggiare la richiesta di ulteriori interventi finanziari dello Stato a favore delle scuole pubbliche paritarie gestite da privati (in buona parte dalla Chiesa cattolica): in sostanza, il Priore di Barbiana appoggerebbe quella Tentazione secolare (Mounier), dell’alleanza teocratica con i potenti, contro cui tuonò Paolo VI, e tuona Francesco I. Mi permetto di aggiungere qualcosa, alle parole che l’ex ministro De Mauro ha contrapposto al tentativo impudente o disinformato dei quarantaquattro, avendo io osservato le vicende di Barbiana e avendone studiato; mi è caro ricordare il beato padre Puglisi, servitore degli emarginati di Brancaccio che, collega nelle stesse classi del liceo Vittorio Emanuele II di Palermo, ascoltava Piero Bertolini e Cesare Scurati (tra altri), al convegno “Don Milani, scuola e società” (Cappelli, Bologna 1983). Con riferimento a don Lorenzo Milani, non servono ipotesi del terzo tipo; è sufficiente stare ai fatti: i movimentati incontri (la Conferenze del venerdì) in cui risaltava la contrapposizione (e nulla il Priore faceva per alleggerire l’atmosfera) di interessi e sensibilità tra Milani e gli intellettuali cattolici che salivano fino a Barbiana, al luogo divenuto un simbolo contro i privilegi, le caste, le ipocrisie, gli accomodamenti, i compromessi, il consumismo, gli squilibri socio-economici, i cinici meccanismi del potere. Milani era convinto che i suoi scritti, a cominciare da “Esperienze pastorali”, non potessero avere presa sulla borghesia; del consenso che quegli ospiti gli portavano, si mostrava infastidito, e soltanto ai suoi montanari si rivolgeva e dedicava. “Il suo giudizio sulle scuole cattoliche era, se possibile, ancora più aspro di quello che poi Lettera a una professoressa ha riservato alla scuola statale”; si rispetti, ora, la scelta del Priore che preferì insegnare a quelli, piuttosto che elaborare alte forme di magistero o qualsiasi forma di ideologia. I fatti, duri e testardi sono che Don Milani scelse di (e, insieme, fu indotto a) isolarsi (perfino dal rinnovamento conciliare), e restò con gli ultimi. (Leonardo MAIORCA)