°D.D.L. Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, con delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti. L’anief ha pronti gli emendamenti da presentare in Parlamento
Li abbiamo pubblicato in questo sito, la settimana scorsa, e il presidente Pacifico – che è candidato alle elezioni del 28 aprile per il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione – potrà illustrarli in audizione alla competenti commissioni parlamentari, a cominciare dalla VII Commissione della Camera, la prima che inizia l’esame da martedì prossimo e ha in programma cinquantasei audizioni. Queste le ragioni del nostro dissenso su proposte che hanno innescato la conflittualità nella Scuola. • In primo luogo c’è che il Governo non sta ottemperando agli obblighi derivanti dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea, perché con le immissioni in ruolo programmate non assume tutti gli aventi diritto: non copre gli iscritti nelle Graduatorie ad Esaurimento, avendo penalizzato le assunzioni nelle scuole dell’infanzia e primaria; non copre gli iscritti nelle Graduatorie di merito; non copre gli aventi diritto tra il personale ATA e i docenti iscritti nelle Graduatorie di istituto. Addirittura c’è la previsione infingarda (art. 12 comma 1) di accollare a questi ultimi gli effetti della citata sentenza escludendoli (avendo maturato 360 giorni di insegnamento) da possibili ulteriori nomine a t.d.. Sarebbe il boccaccesco “curnuti e mazziati” ! Fermo restando che l’ANIEF si opporrà a questa porcheria (per primi abbiamo contrastato la reiterazione illegittima dei contratti a t.d. oltre i 3 anni, e porteremo a compimento il lavoro), resta il timore che i consiglieri del Ministro siano dei volenterosi con l’hobby di riformare la Scuola (argutamente, Tuttoscuola li ha qualificati “naif”); forse, sono gli stessi “esperti” che, nel redigere La Buona scuola, hanno prospettato l’abolizione degli scatti stipendiali e hanno immaginato una premialità che penalizza anche i “meritevolissimi”. • In secondo luogo, il d.d.l. governativo espropria i docenti della libertà di cui all’art.33 comma 1 Cost., delegando ai dd.ss. di decidere in materia di didattica: (“I dd.ss saranno messi in condizione di determinare efficacemente le dinamiche interne alla scuola incluse le scelte educative…). Chi ha o immaginato un tale scenario non ha tenuto conto della normativa sull’Autonomia scolastica, né dell’orientamento prevalente tra i pedagogisti circa la stretta correlazione tra successo scolastico e modello pedagogico “non direttivo” (la scuola come Comunità reticolare di pratiche, e come Learning organization) nel quale le proposte del d.s. concorrono, al pari delle proposte di ogni insegnante, alle scelte del Collegio dei docenti. La libertà di insegnamento connota il carattere professionale della funzione docente; non riconoscendo agli insegnanti l’autonomia educativa e la responsabilità progettuale se ne demansiona la funzione professionale a livello di attività esecutiva e così se ne compromette l’autorevolezza agli occhi dei discenti; l’insegnante non autorevole non è in condizione di assolvere alla sua funzione. Lo spiega così (http://www.treccani.it) anche il costituzionalista Sergio Lariccia: “L'art. 33, c. 1, garantisce la libertà di insegnamento, con una disposizione che, considerando tale libertà in stretta connessione con la libertà dell'arte e della scienza, non consente la previsione di limiti concettualmente incompatibili con l'arte e con la scienza. La libertà di insegnamento nella scuola merita una considerazione particolare rispetto alle altre libertà costituzionali, perché il rapporto di insegnamento/apprendimento presuppone una differenza di cognizioni e di preparazione tra chi insegna e chi impara, che rende necessarie la tutela morale nei confronti di questa seconda categoria di soggetti e la garanzia dell'esigenza di protezione dell'infanzia e della gioventù (art.31 Costituzione.)”. Questa proposta del Governo potrà reggere al controllo di legittimità da parte del Presidente della Repubblica e della Suprema Corte ? Poiché il d.s. agirebbe indipendentemente dalle scelte degli organi collegiali, si realizzerebbe, in campo educativo, il controllo del MIUR (supportato dall’istituendo IPAV) vanificando l’Autonomia scolastica (principio che è di rilievo costituzionale, ai sensi dell’art.117 della legge cost. n.3/2001). • Altro detonatore di conflittualità è, nel d.d.l., l’Articolo 17 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica). L’articolo 33 comma 3 della Costituzione è, in tale modo, raggirato con l’escamotage degli aiuti alle famiglie: le detrazioni IRPEF sono una forma ulteriore (sia pure indiretta) di soccorso alla sopravvivenza delle Paritarie (dicono di attraversare la crisi più grave del dopoguerra, e minacciano di chiudere i battenti); solo le scuole paritarie la stanno attraversando….! In sostanza, il governo Renzi aggiunge - ai contributi deliberati dopo il varo della Legge n.62 del 10 marzo 2000, da tutti i governi - la detraibilità del 19% delle spese sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia e I ciclo del sistema nazionale di istruzione, fino a 400 euro l'anno per alunno. E fin qui, si tratterebbe della tradizionale ricerca del consenso politico, se non fosse che, per la copertura della voce “erogazioni liberali”, saranno utilizzati (a norma del 2 art. 24 del disegno di legge delega approvato dal governo il 12 marzo scorso) soldi destinati alle immissioni in ruolo (Carlo Forte, ItaliaOggi, 17 marzo 2015). La ricerca di equilibrio tra l’esigenze dei gestori delle scuole paritarie e il dovere dello Stato di garantire un’istruzione di qualità a tutti è stata ragione di inciampo per governi anche guidati da autentici statisti (così, ad es., nel gennaio 1966, Moro cadde sull'istituzione della Scuola Materna Statale, che avrebbe contrastato il quasi-monopolio delle scuole confessionali), e a sinistra, è un tema particolarmente lacerante. Lo spiega così il già citato prof. Sergio Lariccia: “Per quanto in particolare si riferisce al divieto di sovvenzioni alle scuole private, è da ricordare che esso è stato, sin dai primi anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione, costantemente aggirato per ogni ordine e grado di scuola… Ogni testo di legge e, a maggior ragione, il testo di una disposizione inserita in una costituzione 'rigida', qual è quella italiana, va interpretato anzitutto per ciò che dice e in modo che quel che dice abbia un significato e non si risolva in un'interpretazione esattamente contrastante con le espressioni usate nel testo. Senza vuol dire senza; scuola privata vuol dire scuola privata e non può significare scuola pubblica (non statale); e oneri per lo stato sono non soltanto i diretti finanziamenti, ma anche gli esoneri fiscali e tutte le agevolazioni che comportino un aggravio del bilancio statale. Qualunque riforma normativa riguardante il problema della politica scolastica deve essere impostata tenendo presente che la Costituzione disciplina diversamente scuola pubblica e scuola privata, istituzioni diverse”. •Potenzialmente ancora più deflagrante ci sembra la previsione (inserita agli artt. 2, 7 e 9 del d.d.l.) in materia di prerogative del ds circa la: - valutazione monocratica del periodo di formazione e prova del personale docente ed educativo (tornando indietro a prima del 1974, quando ancora il preside attribuiva annualmente la qualifica, e non esisteva il Comitato di valutazione dei servizi dei docenti. Tutta indietro ! E di corsa, secondo lo stile di Renzi; - la chiamata diretta nell’organico dell’Autonomia, senza vincolo in ordine ai punteggi maturati dai docenti (cioè, in definitiva, disconoscendo il criterio del merito basato sulle regole tassative dei titoli posseduti, della continuità didattica accumulata e dell’anzianità di servizio); - la proposta di incarico solo triennale agli insegnanti iscritti nell’albo territoriale, e al personale docente di ruolo già in servizio presso altra Istituzione scolastica, anche in questo caso senza vincolo a rispettare la collocazione dei docenti nelle graduatorie di provenienza attestante titoli ed esperienza maturata. A questo proposito, ci sembra particolarmente significativo l’apprezzamento per queste procedure rigide, regolate da norme tassative, espresso da un attento osservatore esterno alla Scuola: “…precludono qualsivoglia decisione discrezionale da parte dei dirigenti e dell'amministrazione scolastica. E grazie alla legge 241/90 sono assolutamente impermeabili ad ogni arbitrio o discriminazione di sorta. In buona sostanza, dunque, si tratta di un sistema che, da una parte, garantisce l'assoluta trasparenza delle operazioni. E dall'altro lato pone al riparo l'amministrazione scolastica dal rischio di responsabilità, anche penali, che potrebbero insorgere in capo a dirigenti e funzionari in caso di errori o valutazioni discrezionali. In pratica, l'attuale sistema, proprio grazie alla tassatività e trasparenza delle regole che lo governano rende assolutamente impossibile ogni forma di corruzione. Prova ne è che, da quando è entrato in vigore, non si registra alcuna condanna penale in tale materia.”. (Carlo forte, ItaliaOggi, 24 marzo 2015).