° Esami di Stato a conclusione dei corsi di Istruzione tecnica e di Istruzione professionale
In bella evidenza, nella home page di www.istruzione.it, un certo numero di esempi della II prova - conformi alle tipologie del Settore Economico e del Settore Tecnologico, per gli Istituti Tecnici, e del Settore Servizi e del Settore Industria e Artigianato, per gli Istituti Professionali - sono messi a disposizione degli Istituti che stanno perfezionando la preparazione delle classi V. Sono esempi per: -“Tecnologie e tecniche di istallazione e manutenzione” (IPIA); -“Scienza della navigazione, struttura e costruzione del mezzo aereo” (ITST); -“Scienza della navigazione, struttura e costruzione del mezzo navale” (ITST); -“Economia aziendale” (IT);-“Economia Aziendale e Geopolitica” (IT); -“Tema di Informatica” (IT); -“Ideazione, Progettazione e Industrializzazione dei Prodotti di Moda” (IT); -“Igiene, Anatomia, Fisiologia e Patologia” (IT); -“Sistemi Automatici” (IT); -“Tecnologie Progettazione Sistemi Elettrici ed Elettronici” (IT); -“Progettazione Multimediale” (IT).
° Buono il piatto ma non il contorno
Ieri, in questa rubrica, abbiamo dato notizia della Campagna nazionale per cambiare l'Istruzione tecnica e professionale, dell’Unione degli Studenti (www.unionedeglistudenti.net/sito/mettiamoci-al-lavoro-per-unaltra-istruzione-tecnica-e-professionale). Ci è sembrata una proposta intesa a valorizzare gli studi tecnici e professionali (in Italia, a differenza che in ogni altro Paese industrializzato, riservati ai ceti marginali), orientata a importanti scopi: Maggior coinvolgimento degli studenti nella scelta delle aziende in cui svolgere esperienze di alternanza scuola lavoro; Reali tutele e diritti agli studenti, con uno Statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola lavoro; Piano straordinario per la messa a norma dei laboratori in modo da renderli agibili e sicuri. Insomma, i responsabili dell’associazione studentesca hanno confezionato una proposta (corredata dei riferimenti al contesto politico e normativo) che abbiamo apprezzato perché ha il sapore, per noi gradevole, della cultura del lavoro; semmai avremmo fatto a meno dell’inappropriato contorno, la polemica nei confronti del sistema duale tedesco che certamente ha difetti ma… Molto si perde, del gusto della cultura del lavoro, con questo contorno: “Il decreto interministeriale 104/2013 che vuole essere un primo passo per introdurre il modello duale tedesco in Italia… prevede che gli studenti passino il 35% delle ore di lezione non in classe ma in azienda”. “Il sistema duale tedesco è una delle due componenti del sistema di istruzione tecnica e professionale tedesca assieme all’Alternanza formativa…. L’obiettivo che si pone questa formazione è quello di fornire un’ampia preparazione professionale di base e le conoscenze e le abilità tecniche necessarie per svolgere un’attività professionale qualificata tralasciando quasi totalmente quelle che sono le competenze trasversali e le conoscenze di base quali l’apprendimento della lingua madre e delle lingue straniere se non strettamente connesse con le esigenze lavorative. … Risulta particolarmente interessante vedere come si struttura la settimana tipo di uno studente che frequenta questi corsi: i ragazzi passano 3-4 giorni all’interno dell’azienda e solamente due giorni a scuola. Il monte ore trascorso in classe settimanalmente è quindi di 12 ore di cui 8 ore sono dedicate all’apprendimento di materie specifiche alla mansione che si deve apprendere e solamente 4 all’insegnamento di materie generali non finalizzate. ….Altro elemento da analizzare per comprendere il funzionamento di questo sistema è come vengono valutati gli studenti: la valutazione si divide principalmente in due prove, la prima al termine del secondo anno di studio/lavoro e la seconda al termine del corso di studi. Il primo esame si articola in due prove, una prova scritta che valuta le conoscenze teoriche apprese e una prova pratica che si basa sul lavoro svolto in azienda. L’esame conclusivo si basa sempre su due prove sempre una pratica e una teorica che hanno come solo fine la valutazione dell’apprendimento della mansione. Le qualifiche che si ottengono con questi corsi di studi sono tre: lavoratore specializzato, assistente commerciale o artigiano qualificato … Analizzando quella che è la strutturazione di questi corsi è lampante l’impostazione ideologica che gli è stata data: all’interno del sistema duale non si imparano competenze trasversali e saperi critici ma solamente apprendimenti di una mansione tecnica da svolgere per tutta la vita…”. L’impostazione ideologica ! Parliamone. La tradizione del Novecento è ricca di modelli pedagogici che valorizzano la funzione educativa del lavoro. Nel Novecento, l’istruzione e il lavoro sono stati intesi come fattori educativi di dignità pari per lo sviluppo intellettuale e sociale della persona, sia nella pedagogia progressista americana, sia nella pedagogia socialista francese e in quella dei Paesi comunisti. Ma lasciamo da parte l’ideologia e stiamo all’attualità politica. Per il prossimo anno scolastico, il Governo si propone di estendere ai licei l’Alternanza scuola-lavoro e di quintuplicare le risorse economiche; non sarebbe poco, se non fosse che nell’anno in corso il Governo ha stanziato soltanto 20 milioni. Nel V capitolo del testo di La buona scuola si legge: “Sono previsti quattro tipi di intervento a seconda delle esigenze dei ragazzi e del tipo di aziende e istituzioni in cui si effettuerà il percorso: (a) l’obbligo di alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni degli Istituti tecnici e in un anno degli Istituti professionali; (b) la possibilità che istituti tecnici superiori (Its) e istituti e enti di formazione professionale (IeFP) costituiscano imprese commerciali per la vendita di beni e servizi, utilizzandone i ricavi a fini didattici; (c) l’inserimento degli studenti in imprese artigiane; (d) l’estensione del programma sperimentale, previsto dalla l.128/13 (conversione del d.l. Carrozza), per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni di tutti gli indirizzi della scuola secondaria di II grado, che contempla la possibilità di stipulare contratti di apprendistato in deroga ai limiti di età previsti”. Nel medesimo documento è scritto che il Miur introdurrà l’obbligo dell’Alternanza Scuola-Lavoro (ASL) negli ultimi tre anni degli Istituti Tecnici, e lo estenderà di un anno nei Professionali, prevedendo un monte ore dei percorsi di 200 annue. Alle ore di alternanza parteciperanno docenti, unitamente a personale aziendale. Il sottosegretario Gabriele Toccafondi (che, al riguardo, ha la delega) più volte ha dichiarato che la linea governativa sull’Alternanza muove dal proposito di creare una stretta corrispondenza tra ciò che, in termini di competenze, il mercato del lavoro chiede e ciò che la Scuola fornisce. Il Sottosegretario enfatizza la finalità del contrasto alla disoccupazione giovanile; gli studenti dell’Unione degli Studenti sanno, e se non lo sanno purtroppo lo costateranno presto, quanto difficile sia, ai giovani, nella perdurante situazione recessiva, ottenere non dico un lavoro ma anche solo di fare uno stage. D’accordo, quello evocato da Toccafondi è un obiettivo minimo, e da parte nostra abbiamo sempre insistito su un altro registro (l’Alternanza ha valore sopratutto sul piano formativo); ma l’uno non toglie che anche l’altro abbia validità. Per parte nostra, rimarchiamo inoltre che la “cultura del lavoro” smussando il dualismo tra area degli studi liberali e area degli studi tecnici (e il pregiudizio classista nei confronti del lavoro manuale) ha valenza democratica. L’Anief auspica che: - l’ambito della collaborazione scuola lavoro sia ampliato a misura da coinvolgere, oltre che le aziende di produzione, i teatri, le biblioteche, i musei, le botteghe artigiane, gli uffici pubblici; - la collaborazione scuola lavoro non condizioni la libertà di insegnamento/apprendimento; - il MIUR impedisca che i privati sfruttino (ad es., nel settore alberghiero) in modo illecito le collaborazioni scuola-lavoro. Leonardo MAIORCA