1) Programma formativo Talent Lab-Seeds for the Future, per 15 laureandi
Il Ministero dello Sviluppo Economico, il MIUR e la Huawei (azienda che opera nel campo delle soluzioni di Information e Communication Technology) avvieranno un programma annuale di tirocinio “Talent Lab - Seeds for the Future”.
2) Esame conclusivo del I ciclo di istruzione: Domani la prova Invalsi, secondo le vecchie regole
Al MIUR perseverano imperterriti. Anche quest’anno, il test Invalsi di venerdì 19 giugno peserà per 1/6 sul voto complessivo che le commissioni attribuiranno a conclusione dell’esame di licenza media.
°Programma formativo Talent Lab-Seeds for the Future, per 15 laureandi
Il Ministero dello Sviluppo Economico, il MIUR e la Huawei (azienda che opera nel campo delle soluzioni di Information e Communication Technology) hanno firmato un Memorandum of Understanding per avviare un programma annuale di tirocinio (“Talent Lab - Seeds for the Future”) presso il quartier generale di Huawei in Cina, interamente finanziato dall’azienda e riservato, ogni anno, a 15 laureandi italiani con un percorso di studio su tecnologia e innovazione. A chiusura del programma i laureandi parteciperanno a un seminario organizzato dal MISE sulle politiche e gli strumenti 4.0, e svolgeranno un periodo di stage che consoliderà le competenze acquisite funzionali alla c.d. “fabbrica intelligente”. Nel nuovo modello Industria 4.0, l’evoluzione tecnologica prevede di ottimizzare l’efficienza dei metodi di produzione; le imprese gestiranno reti globali basandosi su prodotti intelligenti che, grazie a sensori, forniranno istruzioni di lavorazione alle apparecchiature di produzione e alla catena logistica coordinando elementi fisici e virtuali tramite l’ICT.
° Esame conclusivo del I ciclo di istruzione: Domani la prova Invalsi, secondo le vecchie regole
Al MIUR perseverano imperterriti. Anche quest’anno, il test Invalsi (venerdì 19 giugno) peserà sul voto complessivo che le commissioni attribuiranno a conclusione dell’esame di licenza media. In questi giorni, secondo calendari autonomamente stabiliti dalle scuole, 569.339 alunni stanno affrontando l’esame di Stato conclusivo del I ciclo di istruzione, che consta di un numero di prove addirittura superiore a quello dell’esame conclusivo del II ciclo. I candidati sono impegnati in 4 prove scritte (Italiano, Matematica, Lingue straniere predisposte dalle Commissioni d’Esame, e la prova nazionale predisposta dall’Invalsi) alle quali segue l’orale multidisciplinare. La prova Invalsi – spiega il MIUR - ha il fine di verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti dagli studenti in Italiano e Matematica durante il I ciclo d’istruzione. Per rispondere ai quesiti gli alunni hanno a disposizione 75 minuti per ciascuna delle due materie; per gli alunni con disturbi specifici di apprendimento e per gli alunni con bisogni educativi speciali, le commissioni d’esame adottano accorgimenti opportuni (ad es. l’assegnazione di tempi più lunghi per lo svolgimento delle prove scritte, e l’utilizzo di dispositivi tecnici e strumenti informatici), e adotteranno le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici personalizzati. La normativa stabilisce che le singole commissioni procedono alla correzione avvalendosi di una griglia pubblicata dall’Invalsi, dalle 12.00 del 19 giugno, su www.invalsi.it, e sui siti degli UU.SS.RR. e di quelli territoriali. Visto, però, che il livello di competenza degli alunni in Italiano e Matematica risulta, ai commissari, da altre due prove scritte e da quella orale, il senso di questo test Invalsi non può essere quello del duplicato ma, più ragionevolmente, quello di fornire al Sistema centrale scolastico dati utili al quadro dei livelli di istruzione nelle diverse zone del territorio nazionale e comparativamente a livello internazionale. E se questa è la finalità, perché mai l’esito di queste prove deve incidere sul voto di diploma dei singoli studenti ? Docimologi autorevoli (“All’inizio, l’Invalsi doveva essere un istituto che con metodi statistici campionari doveva tentare di costruire un’immagine dello stato della scuola italiana. Si è trasformato in un istituto censuario cui è stato dato il potere addirittura di imporre una prova a quiz che interviene e altera il processo di valutazione facendo parte delle prove per l’uscita dalle scuole medie. Siamo in molti ad aver svolto critiche dettagliate della prassi dell’ente senza alcuna risposta perché è autoreferenziale, esente da qualsiasi controllo. G. Israel, il Manifesto, 15.05.2015), associazioni professionali degli insegnanti, associazioni dei genitori e degli studenti e, più modestamente, noi stessi abbiamo ripetutamente argomentato sulla contraddittorietà di un test che standardizzato a livello nazionale è usato per la valutazione dei singoli alunni. Le disposizioni ministeriali per la Terza prova scritta dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo (di cui alla legge 25 ottobre 2007 n.176) sono contraddittorie: attribuiscono scopo statistico ai test (valutano il sistema scolastico, “non gli alunni”) ma anche stabiliscono che dall’a.s. 2009/2010 i test sono prova obbligatoria d’esame incisivi nella valutazione finale complessiva dei singoli alunni. A volte, le commissioni d’esame restano ostaggio dell’INVALSI: se l’esito dell’esame non rende giustizia agli alunni, le commissioni d’esame di Stato – pur formate, per una precisa ragione pedagogica, dai docenti del Consiglio di classe – non possono correlare l’esito delle prove d’esame al percorso educativo e formativo dello studente. Inoltre, il voto di ammissione all’esame non ha incidenza adeguata sul voto complessivo finale. E dire che una disposizione ministeriale raccomanda: “Il voto conclusivo sia frutto meditato di una valutazione collegiale delle diverse prove e del complessivo percorso scolastico dei giovani candidati”. A nostro parere, la valutazione didattica degli alunni è prerogativa professionale dei Consigli di classe presupponendo specifiche competenze psicopedagogiche e disciplinari; la rilevazione Invalsi dei livelli di apprendimento attraverso prove standard nazionali segue metodologie basate sull’analisi statistica. L’una ha natura differente dall’altra: da un lato la comparabilità internazionale tra sistemi scolastici, dall’altro l’efficacia didattica e docimologica. Si tratta di reciproci negativi; proponendo l’immagine di una linea, poniamo agli estremi l’insegnante, responsabile dell’efficacia docimologica, e lo statistico, esperto di comparabilità statistica. I due ordini di valutazioni non sono commisurabili e non deve sorprendere se producano punteggi differenti, sugli stessi alunni: - La valutazione degli alunni che si produce nella relazione educativa è un’attività su “realtà di fatto” riferite alla persona degli alunni e contestualizzate alle loro condizioni sociali, alle caratteristiche del rapporto didattico e dell’ambiente educativo, alle risorse organizzative e strumentali delle scuole, alla progettazione dell’offerta formativa; - La valutazione degli alunni effettuata dagli statistici mediante strumenti standard è, invece, attività di ricerca finalizzata a monitorare il sistema educativo, il rapporto costi-benifìci nella gestione delle scuole e nell’investimento pubblico, l’efficacia delle politiche scolastiche. Questa utile ricerca, che nulla ha a che spartire con l’attività docimologica, è condotta con indicatori convenzionali scelti in funzione di modelli teorici che sono ipotesi interpretative. L’ingerenza dell’Invalsi nell’esame di Stato conclusivo del I ciclo è, a nostro avviso, inaccettabile: - dal punto di vista didattico-docimologico condizionando impropriamente la valutazione scolastica e incidendo per 1/6 sul voto finale di un intero corso di studi, quale che sia l’orientamento dei commissari d’esame (che, oltretutto, conoscono gli alunni da almeno un anno perché le commissioni sono fatte coincidere, a ragion veduta, con i Consigli di classe); - dal punto di vista educativo, per il fatto che i responsabili dell’Istituto fanno pervenire alle scuole note operative trasudanti sfiducia nei confronti della professionalità del personale scolastico: i professori vi vengono sospettati di cheating, e vengono avvertiti del fatto che l’Invalsi attua accorgimenti per rilevare i comportamenti “opportunistici”; i dd.ss. sono richiesti di attivare certe procedure solo in presenza dell’incaricato Invalsi. Siamo al paradosso: per mesi o anni, insegnanti scelti dallo Stato esercitano l’attività educativa ma, nel momento conclusivo, persone che quel lavoro sconoscono entrano a condizionarne l’esito. Segnaliamo che, nei mesi scorsi, non pochi studenti e genitori hanno espresso dissenso verso la somministrazione di test Invalsi anche soltanto per la finalità statistica di cui abbiamo detto. Questa contestazione è stata così motivata, con riferimento al Teaching for test, dal Collettivo autonomo studentesco, di Bologna: “Il modello di test a crocette sminuisce il pensiero critico di alunni e insegnanti, educa i giovani a un’impostazione mentale da azienda, introduce una meritocrazia che penalizza chi ha grossi problemi per premiare chi è già bravo”. Non ci sembra che abbiano torto.