L’attuale schema, in questi giorni all’esame delle commissioni parlamentari, diminuisce infatti ulteriormente l’indennità fissa di sede (-38% dal 2014 per docenti superiori), penalizza il rientro in Italia (no al super-punteggio e sì ad ambiti territoriali), cancella le supplenze (ore aggiuntive obbligatorie per chi è in servizio), svilisce la dirigenza (lontana dall’ISE dei diplomatici), mortifica le reggenze (nessun esonero o indennità), introduce un tetto all’organico di sostegno (10 unità). Per il sindacato è un’operazione inconcepibile proseguire coi tagli ai corsi e alle docenze all’estero avviati durante il Governo Monti, che ha già ridotto il numero di corsi e di docenti in servizio fuori Italia, penalizzando la domanda e l’allargamento dell’identità culturale italiana nel mondo. Inoltre, solo nel 2015 un docente di scuola superiore, a seguito delle operazioni di spending review, ha perso il 12% di indennità di sede. Ora, con la proposta di riforma, si aggiungerebbe un’ulteriore perdita netta del 26%. Svariate le proposte di modifica presentate dal sindacato all’Atto n. 383.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non possiamo permettere che come ‘ringraziamento’ al servizio prestato dai precari nell’ultimo quinquennio si proceda alla loro cancellazione. Così come sono inaccettabili le probabili riduzioni di organici e gli spezzoni di ore. I problemi del precariato si risolvono invece riconoscendone dignità e parità di trattamento, alla luce anche delle ultime sentenze della Cassazione che equiparano il servizio pre-ruolo a quello di ruolo. Lo stesso vale per l’indennità tabellare, senza per forza rivolgersi a professionalità esterne non abilitate in Italia per le stesse materie. Se passa le delega, piuttosto che scegliere la sede e aver riconosciuto un super-punteggio, il personale si ritroverà suo malgrado nella ‘bolgia’ degli ambiti territoriali. Inoltre i nostri governanti sembrano non sapere affatto che ‘reggere’ una scuola all’estero, in assenza di un dirigente scolastico, non può prescindere dall’esonero dall’insegnamento e da un trattamento economico adeguato.
La legge delega approvata in Consiglio dei Ministri lo scorso 14 gennaio sul riordino delle scuole italiane all’estero, l’Atto n. 383, deve essere urgentemente cambiata con degli emendamenti riparatori: le modifiche sono necessarie per evitare danni professionali al personale in servizio precario e di ruolo. Il testo, approdato alle commissioni parlamentari, infatti, piuttosto che invogliare sembra punire il personale in servizio nelle 142 scuole, nei 242 lettorati e nei corsi di lingua e cultura italiana dove sono iscritti più di 30mila alunni (scuole italiane ed europee), 60 mila nei lettorati, 320mila nei corsi ex lege 153/71. La loro caratteristica è quella di rivolgersi a una utenza “mista”, composta da alunni italiani e stranieri, e di proporre le lezioni sia in lingua italiana sia in quella locale. E il loro apporto è fondamentale, poiché la lingua italiana figura tra le prime 20 più parlate al mondo e al quarto posto tra le più richieste.
Nello specifico, l’attuale schema in questi giorni è all’esame delle commissioni parlamentari e riduce ulteriormente l’indennità fissa di sede (-38% dal 2014 per docenti superiori), penalizza il rientro in Italia (no al super-punteggio e sì ad ambiti territoriali), cancella le supplenze (ore aggiuntive obbligatorie per chi è in servizio), svilisce la dirigenza (lontana dall’ISE dei diplomatici), mortifica le reggenze (nessun esonero o indennità), introduce un tetto all’organico di sostegno (10 unità).
Per il sindacato è un’operazione inconcepibile proseguire coi tagli ai corsi e alle docenze all’estero avviati durante il Governo Monti, che ha già fortemente ridotto il numero di corsi e di docenti in servizio fuori dall’Italia, penalizzando la domanda e l’allargamento dell’identità culturale italiana nel mondo. Come se non bastasse, solo nel 2015 un docente della scuola superiore, a seguito delle operazioni di spending review, ha perso il 12% della sua indennità di sede. Ora, con la proposta di riforma in atto, si aggiungerebbe un’ulteriore perdita netta del 26%. Lo stesso discorso vale per la dirigenza scolastica che a parità di livello con un vice-ambasciatore percepisce un I.S.E. decisamente superiore, e potrebbe, persino, sempre a seguito della legge delega, percepire meno di un docente di ruolo obbligato a coprire i vuoti d’organico.
Su questo punto, non può essere che critica la posizione del giovane sindacato Anief che, da anni, si è schierato al fianco dei docenti e del personale tutto in servizio all’estero: “non possiamo permettere – spiega il suo presidente nazionale Marcello Pacifico – che come ‘ringraziamento’ al servizio prestato dai precari nell’ultimo quinquennio si proceda alla loro cancellazione. Come sono inaccettabili le probabili riduzioni di organici e gli spezzoni di ore. I problemi del precariato si risolvono invece riconoscendone dignità e parità di trattamento, alla luce anche delle ultime sentenze della Cassazione che equiparano il servizio pre-ruolo a quello di ruolo. Lo stesso vale per conferire l’indennità tabellare, senza per forza rivolgersi a professionalità esterne non abilitate in Italia per le stesse materie d’insegnamento”.
Nella proposta di modifica, il sindacato chiede con fermezza che al “personale a tempo determinato come da recenti sentenze della Cassazione in Italia e all’Estero” venga riconosciuta “la stessa parità di trattamento del personale a tempo indeterminato. Inoltre, considerato che, nell’ultimo triennio per effetto del combinato disposto di legge di bilancio e della Buona scuola l’indennità è scesa complessivamente del 40%, si ritiene opportuno ripristinare la stessa in vigore prima delle recenti riforme. Per i dirigenti scolastici, inoltre, si sottolinea l’opportunità di adeguarne l’I.S.E. ai dirigenti della carriera diplomatica”.
Il presidente Anief conosce bene le problematiche che affliggono da tempo le scuole all’estero e il personale che vi opera: a fine 2014, infatti, tenne un seminario ad Atene, nel corso del quale denunciò la presenza di organici inadeguati anche nelle sedi e sezioni scolastiche collocate fuori confine, oltre alla discrasia di trattamento tra personale di ruolo e precario. Sempre in quell’occasione, rimarcò che il 50% dei docenti collocati all’estero era precario e che nei loro confronti l’indennità aggiuntiva, assegnata al personale di ruolo, veniva inspiegabilmente dimezzata. Oltre al fatto che degli spezzoni, per anni assegnati su posti vacanti, non c’era alcun accenno nella riforma “La Buona Scuola”. Si metteva così a rischio il servizio scolastico offerto a 31mila studenti; a due anni di distanza possiamo dire che non solo il Governo non interviene, ma ora vuole addirittura peggiorare la situazione.
È stato innescato un attacco frontale agli organici e al precariato: per gli anni scolastici 2012/2017 sono stati impiegati, in molti casi per portare avanti le scuole, i precari chiamati dalle graduatorie d’istituto di cui al D.M. MAE 3399/12, come prorogate dal D.M. 3643/15 e dal D.D.G. 3894/16. Per questi precari Anief ha pure attivati ricorsi al foro di Roma, per riconoscere la parità di trattamento in termini di progressione di carriera e indennità complessiva di sede con il personale di ruolo.
“Se passa – dice Marcello Pacifico – la legge delega approvata dal Governo, il personale Ata e docente impiegato all’estero sarà fortemente penalizzato: piuttosto che scegliere la sede e aver riconosciuto un super-punteggio, si ritroverà suo malgrado nella ‘bolgia’ degli ambiti territoriali. Inoltre i nostri governanti sembrano non sapere che ‘reggere’ una scuola all’estero, in assenza di un dirigente scolastico, non può prescindere dall’esonero dall’insegnamento e da un trattamento economico adeguato. Le nostre sono poche proposte, ma che se accolte servirebbero finalmente a valorizzare chi tiene alto il nome dell’Italia nel mondo. Per questi motivi, chiediamo al Parlamento di recepirle come parere e al Governo di approvarle”.
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