La novità clamorosa è contenuta nel decreto legislativo sull’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, approvato venerdì scorso dal Governo: leggendo il testo, si scopre che i genitori decideranno se i supplenti potranno avere contratti pluriennali su sostegno. Il meccanismo scatterà quando, evidenziato un rapporto positivo con lo studente diversamente abile, le famiglie faranno richiesta perché il docente a tempo determinato venga riconfermato senza passare dalla nomina delle supplenze. Ribatte l’Anief: la conferma di un lavoratore pubblico, può passare per il gradimento di una utenza quasi priva delle conoscenze e competenze per valutare le tante variabili che entrano in gioco nell’impartire la didattica speciale? La risposta è ovviamente no.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): si sta portando a compimento un affronto a un principio base della scuola pubblica: la selezione e l’accesso attraverso procedure concorsuali chiare e avulse da scelte soggettive. Stiamo parlando di un insegnante, abilitato come tutti gli altri, e inserito nel Consiglio di Classe con i medesimi diritti e doveri. Non è, sino a prova contraria, un docente che impartisce lezioni private. Se la norma sarà approvata, posso annunciare come presidente nazionale Anief, che agiremo per vie legali, per evidenziarne tutta la sua illegittimità e per chiederne una repentina abrogazione.
La riforma del sostegno derivante dalle deleghe alla Legge 107/15, approvate il 7 aprile dal Governo, si sta rivelando peggio di quella legiferata quasi due anni fa con la riforma-madre della Buona Scuola. Perché, all’ultimo momento, nel testo che ha ottenuto il via libera dal Consiglio dei Ministri e ora all’esame del Quirinale per il visto finale, è spuntata una norma inaspettata, che si aggiunge alle tante già incoerenti e peggiorative subito evidenziate dal sindacato: si tratta di una norma che dà mandato alle famiglie degli alunni disabili di entrare nel merito della scelta dei docenti supplenti annuali di sostegno. In pratica, il parere dei genitori avrà un peso non indifferente nel confermare o meno il precario specializzato.
Il comma 3 dell’art. 14 dello decreto legislativo della Buona Scuola sulle “norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità”, pubblicato oggi da Orizzonte Scuola, non ammette dubbi di sorta: “Al fine di agevolare la continuità educativa e didattica di cui al comma 1 e valutati, da parte del dirigente scolastico, l’interesse della bambina o del bambino, dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente e l’eventuale richiesta della famiglia, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico possono essere proposti, non prima dell’avvio delle lezioni, ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo”.
“Si tratta di una novità assoluta per quanto riguarda il rapporto di lavoro tra docenti e scuole – commenta la stessa stampa specializzata che fornisce la notizia -. A decidere se il docente precario potrà restare in servizio” saranno quindi “le famiglie”. Le quali indicheranno, di fatto, se “i supplenti potranno avere contratti pluriennali su sostegno. Il meccanismo scatterà quando, evidenziato un rapporto positivo con lo studente diversamente abile, le famiglie faranno richiesta perché il docente a tempo determinato venga riconfermato senza passare dalla nomina delle supplenze. Una novità che garantirà, in questo modo, una continuità didattica per l’alunno diversamente abile che avrà, quindi, maggiori tutele”.
Ma cosa accadrà, ribatte l’Anief, qualora il docente non dovesse essere gradito dalla famiglia? Dove verrà collocato il docente precario nel caso in cui i genitori non dovessero fornire giudizi nei suoi confronti? Molto probabilmente, dovrà trovarsi un’altra sede scolastica. La domanda da fare, allora, è anche un’altra: la conferma di un lavoratore pubblico, può passare per il gradimento di un’utenza quasi priva delle conoscenze e competenze per valutare le tante variabili che entrano in gioco nell’impartire la didattica speciale? La risposta è ovviamente no. Un modello di questo genere, infatti, viola le regole di accesso al pubblico impiego che rimangono legate al possesso dei titoli, delle competenze accertate e alla quantità di servizio pregresso sul campo.
“Pensare di introdurre una procedura selettiva di un insegnante che tiene conto, nemmeno in maniera marginale, del parere delle famiglie, rappresenta un affronto a un principio base della scuola pubblica: la selezione e l’accesso attraverso procedure concorsuali chiare e avulse da scelte soggettive”, sostiene Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal.
“Stiamo parlando di un insegnante, abilitato come tutti gli altri, e inserito nel Consiglio di Classe con i medesimi diritti e doveri. Non è, sino a prova contraria, un docente che impartisce lezioni private. Premesso questo, è che chiaro che qualora questo disegno assurdo dovesse andare a compimento, trovano anche il via libera del Capo dello Stato Sergio Mattarella, per poi anche essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, posso annunciare con certezza, in qualità di presidente nazionale Anief, che agiremo per vie legali: è nostro obiettivo chiedere ai giudici di evidenziarne tutta la sua illegittimità e di chiederne l’abrogazione”.
Per approfondimenti:
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