È la cifra che verrà destinata per le prime 12 mensilità a tutti i nuovi insegnanti che tra un paio d’anni, dopo aver dimostrato di potersi mettere in cattedra per formare le nuove generazioni, verranno selezionati a seguito del rinnovato concorso per diventare insegnanti: lo stesso Ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, annunciando i 600 euro lordi da assegnare ai neo assunti per il loro primo anno di lavoro, li ha definiti “poca roba”. Anief ricorda che non stiamo parlando solo di giovani ex studenti universitari, ma anche di precari storici, che a 40-50 anni avranno la forza di rimettersi in discussione. Come si fa a dire loro che per essere formati dovranno percepire 3.500 euro in un anno, ovvero lo stipendio che si assegna in poco più di un mese a un collega neo-assunto di un vero Paese moderno dove lo Stato non fa cassa sulla pelle dei precari?
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è un copione che si sta sempre più piegando verso il basso. A chi ha escogitato questa soluzione, vorremmo chiedere se ha pensato come faranno i docenti meritevoli a ‘campare’ con 70 euro a settimana, magari costretti a svolgere il loro primo anno di prova a mille chilometri da casa. Con il rischio, alla fine, di essere pure bocciati, al termine di un triennio svolto nel ruolo ibrido da docenti non più precari ma nemmeno di ruolo. Noi abbiamo compiuto tutto il percorso che era nelle nostre possibilità per contrastare il decreto legislativo 377: stiamo valutando se appellarci alle aule dei tribunali. Per stabilire se un modello di retribuzione iniziale di questo genere possa essere lecito oppure si tratti, come riteniamo noi, solo dell’ennesima soluzione adottata per salvaguardare i conti pubblici ledendo i diritti dei lavoratori.
Si è mai visto un laureato vincitore di un concorso pubblico che guadagna il primo anno di lavoro 300 euro netti al mese? La risposta è ovvia. Perché è questo lo stipendio, ma sarebbe più corretto chiamarlo rimborso-spese che verrà conferito ai quei nuovi insegnanti che tra un paio d’anni verranno selezionati con il nuovo concorso per diventare insegnanti, il cui bando è stato annunciato per il 2018: il nuovo modello è previsto dal decreto legislativo 377 della Legge 107/2015 su nuova formazione e reclutamento, approvato dal Governo e che a breve dovrebbe arrivare in Gazzetta Ufficiale, dopo la firma del Capo dello Stato.
L’entità ridotta era stata annunciata in tempi non sospetti dall’Anief. Qualche giorno fa il timore si è trasformato in doccia fredda, dopo che il Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli ha parlato di compensi mensili per i neo-assunti in formazione pari a 600 euro lordi, definendo prima la somma “poca roba”, ma poi cercando di giustificarla sostenendo che sarà una condizione momentanea, perché “il secondo anno puoi fare supplenze e integri, il terzo fai proprio la supplenza annuale”.
Per il sindacato, quanto si sta compiendo, con l’approvazione finale della delega sui nuovi concorsi per fare l’insegnante, rappresenta un bel salto indietro per il rispetto dei diritti dei lavoratori che vogliono svolgere questo delicato ma sempre più bistrattato mestiere di formazione delle nuove generazioni. Perché non stiamo parlando necessariamente di giovani ex studenti universitari, ma anche di precari storici, che a 40-50 anni avranno la forza di rimettersi in discussione e vincere un’altra selezione. Come si fa a dire loro che il primo anno dovranno percepire 3.500 euro, ovvero lo stipendio che si assegna in poco più di un mese a un collega neo-assunto di un vero Paese moderno dove lo Stato non fa cassa sulla pelle dei precari?
“Fa pensare il fatto che si debba ancora una volta commentare la decisione del Governo di turno di assegnare somme risibili ai nostri docenti - dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal –, soprattutto perché è un copione non solo già visto ma che si sta sempre più piegando verso il basso. A chi ha escogitato questa soluzione finale, vorremmo chiedere se ha pensato come faranno i docenti meritevoli e più bravi a ‘campare’ con 70 euro a settimana, magari anche costretti a svolgere il loro primo anno di formazione e prova a mille chilometri da casa. Con il rischio pure di essere bocciati, al termine del triennio svolto nel ruolo ibrido da docenti non più precari ma nemmeno di ruolo”.
“Noi, come sindacato, abbiamo compiuto tutto il percorso che era nelle nostre possibilità per contrastare il decreto sul riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente. A questo punto, stiamo valutando se appellarci alle aule dei tribunali. Dove si stabilirà se un modello di retribuzione iniziale di questo genere possa essere lecito. Oppure, come riteniamo noi, se si tratti dell’ennesima soluzione escogitata per salvaguardare i conti pubblici, a spese dei diritti dei lavoratori anche meritevoli”, conclude il sindacalista autonomo.
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