La tendenza giunge dalle Rilevazioni nazionali degli apprendimenti 2016-17, incluse nel Rapporto Invalsi, presentate stamane al Miur: tra le regioni con le migliori performance, sia per la matematica sia per l'italiano, figurano Friuli, Veneto, Lombardia e provincia di Trento. ‘Particolarmente buoni’, nel caso della primaria, i risultati di Molise e Basilicata. Mentre ‘nettamente al di sotto della media nazionale’ in tutti i livelli scolastici, risultano Calabria e Sicilia. Gli esiti della comprensione della lettura e per la grammatica confermano che gli studenti mostrano maggiori difficoltà a confrontarsi coi testi non affrontati o approfonditi a scuola, come quelli espositivi, argomentativi e discontinui: pertanto, laddove le famiglie e gli agenti esterni alla scuola non supportano gli alunni, è chiaro che questi rimangano indietro. Lo stesso Istituto Invalsi ha ammesso che occorrono politiche scolastiche differenziate in base alle esigenze del territorio e alle tipologie di istituti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): il fatto che le differenze sono minime sino alla scuola primaria, dove comunque sarebbe bene introdurre il tempo pieno e reinserire le compresenze, è indicativo. Se il gap comincia a farsi sentire nella secondaria, significa che occorre un potenziamento all’interno di quei corsi. Potenziando tecniche e strategie d’insegnamento di tipo attivo: è un rinforzo non può che avvenire solo potenziando gli organici, proprio in quelle scuole logisticamente malcollocate e culturalmente deprivate. Il mancato sviluppo del territorio diventa, purtroppo, la condanna per i giovani del posto. Poiché il cambiamento strutturale, almeno nel breve periodo, è impossibile da attuare; solo una scuola con la ‘S’ maiuscola può salvarli.
Rimane alto in Italia il divario tra Nord e Sud nell'apprendimento scolastico di Italiano e Matematica. Con le differenze di esiti delle prove Invalsi tra macro-aree regionali cominciano a emergere in terza media e si consolidano alle superiori: il dato è contenuto nelle Rilevazioni nazionali degli apprendimenti 2016-17, incluse nel Rapporto Invalsi, presentate stamane al Miur. Nonostante nel Mezzogiorno sia "molto elevata", "si osserva una forte riduzione della variabilità degli esiti tra le classi, aspetto molto importante per favorire l'equità del sistema scolastico, specie nel suo segmento primario", rileva lo stesso Invalsi.
Tra le regioni con le migliori performance, sia per la matematica sia per l'italiano, figurano Friuli, Veneto, Lombardia e provincia di Trento. "Particolarmente buoni", nel caso della primaria, i risultati di Molise e Basilicata. Mentre "nettamente al di sotto della media nazionale" in tutti i livelli scolastici risultano Calabria e Sicilia. Anche il dato sulle prove di italiano, relativo alla comprensione della lettura e alla grammatica, conferma che gli studenti mostrano maggiori difficoltà a confrontarsi coi testi non affrontati o approfonditi a scuola, come quelli espositivi, argomentativi e discontinui: pertanto, laddove le famiglie e gli agenti esterni alla scuola non supportano gli alunni, è chiaro che questi alla lunga rimangano indietro.
“Questi dati – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – ci dicono che senza interventi straordinari nelle aree meridionali del Paese, le differenze sulle competenze acquisite a scuola sono destinate ad aumentare. Gli studi più recenti su questo genere di problemi ci dicono che occorre adottare e potenziare tecniche e strategie d’insegnamento di tipo attivo. Come i giochi di simulazione, le cooperative learning and serving, il peer education e il flipped classroom.Sono delle attività didattiche che si possono però realizzare solo in presenza di più insegnanti, anche assieme nella stessa ora di lezione, che permettono la realizzazione di micro-gruppi a seconda dei livelli, oltre che di attività aggiuntive che impegnano gli allievi in orario extra-scolastico”.
“Il fatto che le differenze sono minime sino alla scuola primaria, dove comunque sarebbe bene introdurre il tempo pieno e reinserire le compresenze, è indicativo. Se il gap comincia a farsi sentire della scuola secondaria, significa che occorre un potenziamento all’interno di quei corsi scolastici. Tale rinforzo non può che avvenire in un modo – continua Pacifico -: potenziare gli organici, proprio in quelle scuole logisticamente malcollocate e culturalmente deprivate. Il mancato sviluppo del territorio diventa, in pratica, la condanna per i suoi giovani. Poiché il cambiamento strutturale, almeno nel breve periodo, è impossibile da attuare; solo una scuola con la “S” maiuscola può salvarli”.
Lo stesso Istituto Invalsi ha ammesso, qualche mese fa, al termine di un monitoraggio nazionale, che occorrono politiche scolastiche differenziate in base alle esigenze del territorio e alle tipologie di istituti scolastici.Bisogna dare il peso adeguato al tessuto sociale: le zone ad alto tasso migratorio, le scuole isolate dal resto del territorio, di montagna e delle isole, quelle ad alta criminalità, oppure dove il tasso di abbandono è molto sopra la media, non a caso al Sud, è più che normale che non riescano a produrre i risultati attesi, rispondendo alle fredde schede Invalsi. È indicativo, inoltre, che alle superiori pure gli alunni d’origine immigrata nati in Italia rispetto agli italiani facciano registrare un incremento nel ritardo di competenze di circa 4 punti in Italiano e di 1 punto in Matematica. E non c’è da essere soddisfatti nemmeno del fatto che al Sud la variabilità degli esiti tra le classi si stia riducendo, se il livello medio tende purtroppo sempre al basso.
“Questa logica dell’uniformità a tutti i costi va sostituita con quella della verifica caso per caso, istituto per istituto: solo in tal modo, procedendo verso un’analisi qualitativa e non più quantitativa, si possono evidenziare e superare i motivi che portano al successo o all’insuccesso formativo. Lo stesso Piano triennale dell’offerta formativa, avvalorato dalla Legge di riforma 107/15, è legato, nemmeno poco, alle realtà locali: laddove queste non sono adeguate, la formazione ne risente. Continuare a fare finta che le scuole e gli alunni siano tutti uguali – conclude Pacifico – non farà altro che allargare la forbice della differente preparazione”.
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