L’Agenzia che segue i negoziati per conto del Governo ha convocato i sindacati per l’8 novembre: si ricomincia dal comparto della Pubblica amministrazione centrale, gli statali in senso stretto (Ministeri, Inps, Agenzie fiscali), per i quali già si erano tenute le prime riunioni. Presto toccherà anche alla Sanità. Una delle contrattazioni più attese è quella sulla Scuola, dove opera un terzo di tutta la PA e gli stipendi sono tra i più bassi del pubblico impiego. Ma quello che doveva rappresentare il contratto della svolta, dopo quasi un decennio di inaudito blocco adottato solo per il comparto pubblico, si sta rivelando un “contentino”, visto che le trattative che si stanno avviando possono contare su risorse a di poco inadeguate. Nella legge di Bilancio 2018, i finanziamenti si fermano a 2 miliardi e 850 milioni di euro ai rinnovi, per il triennio 2016-2018. Sono talmente pochi che solo per il comparto Scuola servirebbe altri 2,3 miliardi di euro.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Il confronto della parte pubblica con i sindacati servirà solo a ratificare l’accordo del 30 novembre dello scorso anno, adottando dei criteri che faranno oscillare avanti e indietro quell’incremento in busta paga. Significa che alcuni lavoratori della scuola potranno contare su cifre vicine ai 100 euro, altri si fermeranno probabilmente a 60 euro. La sostanza comunque non cambierà di molto: perché si tratta sempre di cifre lorde, quindi di fatto un docente o Ata dovrà aspettarsi un incremento netto che potrà variare dai 30 ai 50 euro. Gli incontri che si svolgeranno nei prossimi mesi serviranno a capire quali sono i parametri da adottare per far pendere la bilancia da una o dall’altra parte. In ogni caso, anche coloro che percepiranno gli aumenti maggiori si ritroveranno con uno stipendio ancora fortemente inferiore al tasso d’inflazione, che nell’ultimo periodo è salito del 15 per cento, e a quello dei colleghi di quasi tutti i Paesi europei. Rispetto ai docenti tedeschi, che tra l’altro vanno in pensione con circa 25 anni di servizio e pure senza grosse penalizzazioni, i nostri insegnanti lavorano di più e continueranno a percepire quasi la metà.
Il giovane sindacato ricorda che solo presentando ricorso con Anief è possibile recuperare il 7% dello stipendio da settembre 2015, come giàconfermato dalla Corte Costituzionale. Tutti i lavoratori interessati a presentare ricorso possono farlo sin d’ora utilizzando i modelli di diffida per ancorare almeno lo stipendio al 50% dell’aumento del costo della vita.
Dopo il Ponte di Ognissanti, entrerà nel vivo la trattativa per il rinnovo del contratto degli statali: l’Aran, l’Agenzia che segue i negoziati per conto del Governo, ha convocato i sindacati per l’8 novembre. Si ricomincia dal comparto della Pubblica amministrazione centrale, gli statali in senso stretto (Ministeri, Inps, Agenzie fiscali), per i quali già si erano tenute le prime riunioni. Presto toccherà anche alla Sanità. Una delle contrattazioni più attese è quella sulla Scuola, dove opera un terzo di tutta la PA e gli stipendi sono tra i più bassi del pubblico impiego, con quelli degli Ata – amministrativi, tecnici e ausiliari – collocati all’ultimo posto potendo contare su una media annua di poco superiore a 21mila euro lordi.
Sulla vicenda degli aumenti stipendiali in arrivo c’è forte rammarico tra il personale. Perché quello che doveva rappresentare il contratto della svolta, dopo quasi un decennio di inaudito blocco adottato solo per il comparto pubblico, si sta rivelando un “contentino”, visto che le trattative che si stanno avviando possono contare su risorse a di poco inadeguate. “Lo sblocco dei negoziati – scrive Orizzonte Scuola - cade in parallelo con la definizione del testo della legge di Bilancio, che stando alle ultime bozze destinerebbe 2 miliardi e 850 milioni di euro ai rinnovi, per il triennio 2016-2018. In ballo ci sono aumenti medi mensili di 85 euro, fatto salvo il bonus Renzi per chi ha redditi tra i 24 e i 26 mila euro annui”.
“In pratica – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - il confronto della parte pubblica con i sindacati servirà solo a ratificare l’accordo del 30 novembre dello scorso anno, adottando dei criteri che faranno oscillare avanti e indietro quell’incremento in busta paga. Significa che alcuni lavoratori della scuola potranno contare su cifre vicine ai 100 euro, altri si fermeranno probabilmente a 60 euro. La sostanza comunque non cambierà di molto: perché si tratta sempre di cifre lorde, quindi di fatto un docente o Ata dovrà aspettarsi un incremento netto che potrà variare dai 30 ai 50 euro. Gli incontri che si svolgeranno nei prossimi mesi serviranno a capire quali sono i parametri da adottare per far pendere la bilancia da una o dall’altra parte: si favoriranno gli stipendi più esigui? Oppure il merito professionale? O ancora la minore anzianità di servizio?”.
Secondo il sindacalista Anief-Cisal, comunque, “lo sapremo tra non molto, ma quello che più interessa è che, in ogni caso, la sostanza del discorso è destinata a non cambiare: perché anche coloro che percepiranno gli aumenti maggiori si ritroveranno comunque con uno stipendio ancora fortemente inferiore al tasso d’inflazione che nell’ultimo periodo è salito del 15 per cento, e a quello dei colleghi di quasi tutti i Paesi europei. Rispetto ai docenti tedeschi, che tra l’altro vanno in pensione con circa 25 anni di servizio e pure senza grosse penalizzazioni, i nostri insegnanti lavorano di più e continueranno a percepire quasi la metà”.
Tra l’altro, la carenza di investimento per il rinnovo contrattuale è tale che non basta nemmeno a coprire per tutti la somma su cui c’è stato l’accordo. Basta andare a leggere le tabelle annesse all’Atto di indirizzo per il rinnovo del contratto: gli 85 euro medi lordi per docenti e Ata andrebbero infatti moltiplicati per 39 mesi (triennio 2016-2018) e poi assegnati a 1,1 milioni di dipendenti della Scuola. Ora, solo per loro servirebbero 3,6 miliardi. Nella tabella ufficialmente approvata dal Governo, invece, sono finanziati appena 1,3 miliardi. E non risulta che la differenza, pari a 2,3 miliardi di euro, sia stata prevista con le precedenti Leggi di Bilancio di fine anno. Senza contare che ci sono altri 2 milioni di dipendenti pubblici a cui dovere assegnare il medesimo aumento.
“L’unico modo per uscire da questa situazione – continua Marcello Pacifico – è assegnare gli aumenti decisi con la Funzione Pubblica solo ad una parte di dipendenti pubblici. Ecco perché si continua a parlare di stagione di aumenti a ‘pioggia’ arrivata al capolinea: è solo un modo per riuscire a far quadrare i conti, pur avendo la coperta corta. E, allora, di cosa stiamo parlando. Già gli 85 euro non sarebbero bastati a coprire quanto previsto dalla Legge 203/2008 sull’adeguamento parziale delle buste paga al tasso programmato di inflazione. Figuriamoci – conclude il sindacalista autonomo – una cifra ancora più bassa”.
Il giovane sindacato ricorda che solo presentando ricorso con Anief è possibile recuperare il 7% dello stipendio da settembre 2015, come giàconfermato dalla Corte Costituzionale. Tutti i lavoratori interessati a presentare ricorso, possono farlo sin d’ora utilizzando i modelli di diffida per ancorare almeno lo stipendio al 50% dell’aumento del costo della vita. Perché l’articolo 36 della Costituzione impone un adeguamento parziale degli stipendi all’aumento del costo della vita. È possibile anche pre-aderire direttamente al ricorso.
Tabella incrementi attuabili presentando il ricorso con Anief:
Anno |
Tasso al 50% Programmato Dal MEF |
Aumenti annuali Stipendio medio 1.500 euro |
Ratei Mensili |
2015 | +4,25% | 274,12€ | 63,75€ |
2016 | +4,26% | 865,58€ | 66,58€ |
2017 | +4,66% | 987,45€ | 75,95€ |
2018 | +5,51% | 1.227,02€ | 94,38€ |
Aumenti complessivi IVC dal 2016 |
3.354,17€ | ||
Recupero contrattuale 2016-2018 | 3.080,05€ | ||
Totale | 6.434,17€ |
A cura dell’Ufficio Studi Anief.
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