Regna piena confusione sui 48mila docenti assunti con il potenziamento scolastico, introdotto con i commi 2 e 3 della Legge 107/2105, ma la cui figura professionale non è prevista dal contratto di categoria. Dalle scuole giungono notizie di insegnanti spaesati e senza incarichi definiti, perché impegnati in attività non in linea con i contenuti previsti dal Piano dell’offerta formativa e sempre più spesso utilizzati come tappa-buchi per sostituire i colleghi assenti o sui posti vacanti.
Uno di loro ha inviato un accorato appello, tramite un cliccatissimo video-messaggio, alla titolare del Ministero dell’Istruzione: ma non eravamo una risorsa della scuola dell'autonomia? Come è possibile supplire dei colleghi, senza nemmeno l’abilitazione e magari per mesi? Perché le scuole hanno dovuto scegliere il profilo del “potenziatore” la prima volta fra sette preferenze su una lista fornita dal Miur e non in base al loro Piano triennale dell’offerta formativa? Esiste una differenza tra insegnante e “potenziatore”? Se quest’ultimo non ha le competenze richieste dalla scuola, allora prende uno stipendio inutile?
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Sono domande sulle quali la Ministra ha l’obbligo di fornire risposte chiare e convincenti. In attesa che questo avvenga, Anief un'idea ce l'ha e cercherà di realizzarla nel contratto collettivo nazionale. Nel frattempo, consigliamo a questo docente e a tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni di non perdere la fiducia nel proprio ruolo, nella professionalità che contraddistingue il percorso dell'insegnamento. Siamo sempre più convinti, ascoltando tali insegnanti, che è giunta l’ora di cambiare insieme questa cattiva scuola: al suo posto vogliamo costruirne una giusta, dove il docente non è un impiegato e i saperi non sono interscambiabili, nonostante siano sempre in relazione tra loro. Un luogo di formazione dove si entra per merito, tramite il superamento di concorso, per insegnare la propria disciplina, nella quale ci si è abilitati. Senza più fare il tappa-buchi.
Continua a regnare piena confusione sui 48mila docenti assunti con il potenziamento scolastico, introdotto con i commi 2 e 3 della Legge di riforma 107/2105, ma la cui figura professionale non è prevista dal contratto di categoria. Dalle scuole giungono notizie di insegnanti spaesati e senza incarichi definiti, perché impegnati in attività non in linea con i contenuti previsti dal Piano dell’offerta formativa e sempre più spesso utilizzati come tappa-buchi per sostituire i colleghi assenti o sui posti vacanti, in attesa dei supplenti oppure, non di rado, su insegnamenti per i quali non sono nemmeno abilitati.
A far emergere tutte queste incongruità, di “docente della scuola pubblica italiana” che in certi frangenti si sente anche “pagato per non lavorare”, è il professor Daniele Costantino: attraverso un video-messaggio, si rivolge alla Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, per spiegare la sua condizione e chiedere l’utilità del docente “potenziatore”. È un tappabuchi, una risorsa della scuola dell'autonomia? Come è possibile supplire i colleghi, classe dopo classe, senza avere nemmeno l’abilitazione e magari per mesi? Perché le scuole hanno dovuto scegliere il profilo del “potenziatore” la prima volta fra sette preferenze su una lista fornita dal Miur e non in base al loro Piano triennale dell’offerta formativa? Esiste una differenza tra insegnante e “potenziatore”? Se quest’ultimo non ha le competenze richieste dalla scuola, allora prende uno stipendio inutile?
Sono diverse le riflessioni che suscita l’appello del docente alla Ministra. Perché il contratto collettivo nazionale della categoria è ormai vecchio di dieci anni, quando ancora ci si domandava se il docente di sostegno fosse un docente curricolare o se il docente precario avesse gli stessi diritti di quello di ruolo. A rendere ancora più caotica la situazione è stata la Buona Scuola del Governo Renzi. Perché è stato istituito questo nuovo profilo, svincolato dai posti e dell’organico, quale è appunto il potenziatore: è una novità importante che però alla lunga si sta rivelando poco efficace ed in certi casi anche frustrante per i diretti interessati.
In primo luogo, perché il “potenziatore” deve essere utilizzato per coprire tutte le vacanze di organico ai sensi della legge 107/15 voluta da Renzi e poi perché può sviluppare tutti i progetti della scuola dell'autonomia a condizione che il suo profilo sia da essa richiesto. Per esempio, se manca il docente di cucina o sala o ricevimento per tutto l'anno, è possibile che sia sostituito da un “potenziatore” docente di economia che non ha mai cucinato in vita sua? E se non l'utilizza e il Collegio non approva alcun arricchimento del curriculo degli studenti per cui possano essere sfruttate le sue competenze, allora lo paghiamo senza motivo? E se si realizzasse la rete di scuole per mettere in comune il personale, come prevede la legge, il “potenziatore” farebbe la prima ora di lezione al Nautico di Palermo e la seconda al Nautico di Ancona?
I nodi da sciogliere, a due anni e mezzo dall’approvazione della Legge 107/15, sono ancora tanti: se per il contratto sottoscritto quest’anno sulla mobilità il potenziatore può passare sull’insegnamento curricolare e se per il Miur non esiste alcuna differenza tra potenziamento e disciplina, e se ancora ai sensi di legge il dirigente scolastico attribuisce il personale all'organico dell'autonomia, allora è possibile in una scuola scambiare un curriculare con un potenziatore, come avviene già per i collaboratori esonerati dal preside? Ma allora, la condizione del docente “potenziatore” dovrebbe interessare non solo la Ministra, ma anche tutti quei docenti che sono passati su ruoli regionali dal 1 settembre 2016. In questo caso, non esisterà più la titolarità su scuola, né su materia curricolare e il docente potrà insegnare qualunque materia? E poi, il docente è un potenziatore in atto o in potenza? E viceversa, il docente?
Se prima gli studenti seguivano nel medioevo il magister, ora sarà il contrario?
“Sono domande – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – sulle quali la Ministra ha l’obbligo di fornire risposte chiare e convincenti. In attesa che questo avvenga, Anief un'idea ce l'ha e cercherà di realizzarla nel contratto collettivo nazionale. Nel frattempo, consigliamo a questo docente e a tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni di non perdere la fiducia nel proprio ruolo, nella professionalità che contraddistingue il percorso dell'insegnamento”.
“Siamo sempre più convinti, ascoltando tali insegnanti, che è giunta l’ora di cambiare insieme questa cattiva scuola: al suo posto, vogliamo costruirne una giusta dove il docente non è un impiegato e i saperi non sono interscambiabili, nonostante siano sempre in relazione tra loro. Un luogo di formazione, dove si entra per merito, tramite il superamento di concorso, per insegnare la disciplina per la quale ci si è abilitati. Senza più fare il tappa-buchi”, conclude il sindacalista autonomo.
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