Per il sindacato occorre andare oltre il via libera definitivo del Consiglio dei Ministri al Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di istruzione da 0 a 6 anni. La realtà, a due anni e mezzo dall’approvazione dell’ultima riforma, è quella di un servizio ancora molto ristretto: la stessa Legge 107/2015, con il conseguente decreto legislativo n. 65, indica infatti la copertura di appena il 33% della popolazione sotto i 3 anni. Continuando a delegare i comuni e i privati per assolvere a quello che rimane, da Costituzione della Repubblica, un servizio pubblico a carico dello Stato. Inoltre, la retta per la frequenza di nidi continua, prevalentemente, a rimanere sulle spalle delle famiglie: in alcune aree, ben oltre le 500 euro al mese.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Perché non si è dato seguito alla nostra proposta, più che motivata anche a livello pedagogico, di anticipare di un anno l’inizio della scuola dell’obbligo, introducendo un’annualità ‘ponte’ durante la quale far operare in compresenza maestre della scuola dell’infanzia e primaria? Questo avrebbe anche sopperito al problema delle GaE ancora stracolme di precari della scuola dell’infanzia e non considerati in occasione del potenziamento degli organici, che ha invece toccato tutti gli altri ordini. Non bastano di certo i 2mila maestri della fascia alunni 3-6 anni previsti dalla Legge di Stabilità: i docenti potenziatori in arrivo non saranno nemmeno uno a scuola. Rimane un mistero, poi, il motivo per il quale si continua a limitare il servizio delle classi ‘primavera’. La risposta è la stessa che porta a mettere a disposizione dell’utenza potenziale appena una scuola su quattro: la mancanza di risorse e di investimenti.
C’è poco da rallegrarsi per il via libera definitivo del Consiglio dei Ministri al Piano nazionale per la promozione del sistema integrato di istruzione da 0 a 6 anni, grazie al quale l’asilo-nido entrerà a far parte del sistema scolastico: ai principi e alle regole, condivisibili, sulla nascita di un sistema integrato di istruzione per la fascia 0-6 anni, attraverso risorse specifiche per il potenziamento dei servizi offerti alle famiglie e per l’abbassamento dei costi sostenuti dai genitori, non corrispondono risorse adeguate. Inoltre il servizio che si prospetta all’utenza pubblica continua ad essere fortemente sottodimensionato.
La realtà, a due anni e mezzo dall’approvazione della riforma scolastica Renzi-Giannini, è quella di un servizio tutt’altro che allargato: la stessa Legge 107/2015, con il conseguente decreto legislativo n. 65, indica infatti la copertura di appena il 33% della popolazione sotto i 3 anni. Continuando a delegare i comuni e i privati per assolvere a quello che rimane, da Costituzione della Repubblica, un servizio pubblico a carico dello Stato. Inoltre, la spesa per la frequenza di nidi continua, prevalentemente, a rimanere sulle spalle delle famiglie, costrette a pagare rette sempre più salate, e a rimanere anche uno dei motivi principali di lontananza delle madri dal lavoro. Inoltre, con i sempre più massicci tagli dei finanziamenti agli enti locali, rimane una pia illusione pensare che le rette chieste alle famiglie, in alcune aree superiori anche di molto alle 500 euro mensili, possano essere ridimensionate.
Su questi aspetti l’Anief ha presentato delle dettagliate modifiche al ddl 2960, attraverso esponenti appartenenti a più raggruppamenti politici, per i quali si attende ancora l’esito definitivo. “Ad oggi – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - il quadro generale dell’istruzione 0-6 anni rimane desolante. Se poi si entra nel dettaglio, le cose sono ancora più complesse. Viene da chiedersi, tanto per iniziare, per quale motivo non si è dato seguito alla nostra proposta, più che motivata anche a livello pedagogico, di anticipare di un anno l’inizio della scuola dell’obbligo, introducendo un’annualità ‘ponte’ durante la quale far operare, in compresenza, maestre della scuola dell’infanzia e primaria. Questo avrebbe anche sopperito al problema delle GaE ancora stracolme di precari della scuola dell’infanzia e non considerati in occasione del potenziamento degli organici che ha invece toccato tutti gli altri ordini”.
“A tale proposito – continua Pacifico – non si comprende perché nella Legge di Stabilità 2018 sia stato previsto solo un incremento di 2mila maestri della fascia alunni 3-6 anni, corrispondenti a 1.700 comuni e 300 di sostegno: basta dire che le scuole dell’infanzia in Italia sono ben oltre quota 10mila, ma di queste solo 2.700 risultano pubbliche; quindi, i docenti potenziatori in arrivo non saranno nemmeno uno a scuola. Rimane un mistero, poi, il motivo per il quale si continua a limitare il servizio delle classi ‘primavera’. La risposta, probabilmente, è la stessa che porta a mettere a disposizione dell’utenza potenziale appena una scuola su quattro: la mancanza di risorse e di investimenti. Quella che ci porta a dire – conclude il sindacalista – che non bastano le linee guida e i nuovi principi per rilanciare la scuola fino a sei anni”.
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