In ballo c’è la violazione degli articoli 3 e 36 della Costituzione da parte della Legge 448/98 che regge il DPCM del 20/12/1999, il quale a sua volta recepisce l'accordo sindacale confederale del 29/07/99. Ma la parte pubblica lo ignora, riferendosi a vecchie espressioni dei giudici. Il sindacato inviata il personale interessato ad opporsi a questo balzello illegittimo, inviando la diffida per recuperare fino a 21mila euro. Il provvedimento potrebbe interessare soltanto nella scuola un milione di contratti tra supplenze e immissioni in ruolo avvenute negli ultimi cinque anni, sia docenti che Ata.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Se fossimo l’Aran saremmo più cauti nello scrivere le guide. Ma siccome operiamo come sindacato, continuiamo ad invitare tutti i dipendenti pubblici assunti dopo il 2000 ad inviare una diffida per interrompere il termine di prescrizione, in attesa della decisione della Consulta che ci sembra abbia le idee chiare sul tema. È inconfutabile che ne valga la pena: basti pensare che su uno stipendio medio di 1.500 euro, la trattenuta per tutta la vita lavorativa del 2,5% equivale a 21mila euro. L'ennesimo furto sulla pelle dei lavoratori precari e poi assunti negli ultimi anni di ruolo.
È possibile che un dipendente pubblico assunto dopo l’anno 2000 debba ritrovarsi, a fine carriera, con una liquidazione inferiore rispetto a chi opera nel settore privato dovendo rinunciare a diverse migliaia di euro per via di una trattenuta-balzello introdotta furbescamente dallo Stato? La risposta è ovviamente negativa, ma siccome la parte pubblica non vuole mettere le cose a posto, anzi continua a inviare informazioni di tenore opposto, la questione è passata in mano ai giudici superiori che tra non molto emetteranno la loro sentenza.
Per comprendere l’ostinazione dell’Aran nell’opporsi a questa discutibilissima “tassa”, basta andare a leggere cosa riporta la home page del sito internet dell'ARAN: si rimane colpiti della guida dettagliata e delle sentenze negative fornite a corredo, ‘postate’ proprio per scoraggiare i lavoratori del pubblico impiego assunti dopo il 2000 a chiedere l'interruzione della trattenuta del TFR a seguito della diffida messa a disposizione dal 2012 dal nostro sindacato. La parte pubblica riporta, infatti, una serie di sentenze che nascondano quelle positive. Allo stesso modo, non si ricordano quelle negative, tipo della Corte di appello di Torino, che sono state impugnate in Cassazione. Ma la cosa più sorprendente è che l'ARAN non sa o tace sulla pendenza in Corte costituzionale della legittimità della trattenuta a titolo di rivalsa per garantire la parità retributiva del 2,5% sul TFR. Come si guarda bene dall’invitare i lavoratori a non incorrere nella prescrizione quinquennale in caso di esito favorevole del credito vantato.
A questo punto, è doveroso da parte dell’Anief fornire una corretta ancorché sintetica guida sulla liquidazione degli statali. Partendo dall'articolo 26, comma 19 della legge 448/98, si demanda a un successivo Accordo collettivo nazionale quadro (AQN) che è firmato da CGIL/CISL/UIL/CONFSAL il 29 luglio 1999 per armonizzare il sistema delle liquidazioni del settore pubblico a quello privato. Tale AQN è recepito nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) il 20 dicembre del 1999 e prevede che soltanto i lavoratori pubblici assunti dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DPCM - maggio 2000 - passino dal regime più favorevole di trattamento di fine servizio (TFS) con aliquota 9,60 con la trattenuta a titolo di rivalsa del 2,5% a regime privatistico di trattamento di fine rapporto (TFR) con aliquota 6.91 regolato dall'articolo 2120 del Codice civile, interamente a carico del datore di lavoro, con la cessazione apparente della trattenuta (art. 1, comma 1), salvo poi con il ripristino della stessa trattenuta del 2,5% (art. 1, comma 3), invece assente nel settore privato.
Pertanto, prima l'INPDAP e poi l'INPS, rassicurati dall'accordo sindacale e dalla legge, hanno sempre incluso nei cedolini dei pubblici dipendenti assunti dopo il 2000 la trattenuta del 2,5% relativa al TFR. Con la legge 122/2010, anche tutti i lavoratori pubblici assunti in regime di TFS passano dal 1 gennaio 2011 in regime di TFR con la stessa trattenuta del 2,5% che viene dichiarata, però, su ricorsi presentati dai magistrati, illegittima prima dal TAR Calabria (sentenza n. 53/12 passata in giudicato), poi dalla Consulta (sentenza n. 227/12), tanto da costringere il legislatore all'annullamento di tale passaggio (legge 228/12) e alla promessa - disattesa - di restituzione della differenza da liquidare.
Alcuni pubblici dipendenti chiedono alla Consulta se sia legittima la trattenuta a questo punto a titolo di rivalsa pure sul TFS che risponde positivamente (sentenza n. 244/14) proprio per la differenza sostanziale dal regime di TFR regolato dal Codice civile, dove si ribadisce che non può trovare esistenza la trattenuta del 2,5% lì operata. Nel frattempo, Anief ha messo a disposizione fin dalla primavera del 2012 un modello di diffida per interrompere la trattenuta del 2,5% in regime di TFR e ottenere la restituzione di quanto preso dallo Stato. Non è un caso se, un anno dopo, nei cedolini delle buste paga dei dipendenti pubblici è cambiata la motivazione della cifra espropriata per tredici anni: non è più TRATTENUTA 2,5 % TFR, ma diventa TRATTENUTA art. 1, comma 3, DPCM 20 dicembre 1999.
I tribunali del lavoro cominciano ad occuparsi della questione con sentenze alterne nonostante l’ARAN ne ricordi solo 12 negative e non avverta che la questione è pendente in Cassazione. Ma a questo punto pure il giudice di legittimità deve sospendere il processo in attesa di una terza e nuova sentenza della Corte Costituzionale che su Ordinanza n. 125 del 21 aprile 2017 del tribunale di Perugia dovrà pronunciarsi proprio sulla legittimità della trattenuta del 2,5% a titolo di rivalsa o comunque per garantire la parità retributiva in regime di TFR, ovvero sulla presunta violazione dell'art. 26, comma 19 della legge 448/98, quindi dell'art. 1, comma 3 del DPCM emanato ai sensi dell'AQN firmato dai sindacati.
“Se fossimo l’Aran – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - saremmo più cauti nello scrivere le guide. Ma siccome operiamo come sindacato, continuiamo ad invitare tutti i dipendenti pubblici assunti dopo il 2000 ad inviare una diffida per interrompere il termine di prescrizione, in attesa della decisione della Consulta, che ci sembra abbia le idee chiare sul tema. È inconfutabile che ne valga la pena: basti pensare che su uno stipendio medio di 1.500 euro, la trattenuta per tutta la vita lavorativa del 2,5% equivale a 21mila euro. L'ennesimo furto sulla pelle dei lavoratori precari e poi assunti negli ultimi anni di ruolo”.
Si ricorda che coloro che sono in regime di TFS, qualora non inviino una diffida entro novembre 2018 non potranno recuperare il differenziale del 2,69% mensile per il biennio 2011/2 non versato dallo Stato, per la prescrizione intervenuta a seguito del quinquennio trascorso da quando il Governo avrebbe dovuto disciplinare e finanziare l'ex TFS “tieffirizzato”. Resta inteso che dovrebbero da subito, anche con decreto ingiuntivo, ricorrere in tribunale se già pensionati, al fine di recuperare il credito vantato.
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