L’on. Luigi Gallo (M5S), presidente della VII Commissione Cultura della Camera, ha annunciato di avere chiesto, con le commissioni Cultura di Camera e Senato, che in legge di bilancio ogni risorsa e ogni spreco risparmiato dai ministeri competenti siano reinvestiti sempre in Istruzione e Cultura. Il vicepremier Luigi Di Maio annuncia che i risparmi derivanti dal dimezzamento dell’alternanza scuola-lavoro serviranno a coprire parte della perequazione stipendiale, altrimenti garantita solo fino al prossimo 31 dicembre. Marcello Pacifico (Anief): pensavamo che le ‘partite di giro’ dei vari governi fossero finite. Dello stesso parere si dicono studiosi ed esperti, intervenuti l’8 e 9 ottobre al convegno “Cultura 2030”, organizzato dallo stesso M5S per fare il punto sul livello culturale italiano: va valorizzato al massimo, perché incide su politica, finanza, economia; ci si apra ai musei gratis, alla ricerca, soprattutto in quella educativa, ripartendo dalla Costituzione.
“Gli investimenti in istruzione e cultura sono fondamentali. Dal Parlamento con le commissioni Cultura di Camera e Senato abbiamo chiesto che in legge di bilancio ogni risorsa e ogni spreco risparmiato dai ministeri competenti siano reinvestiti sempre in Istruzione e Cultura, perché in Europa siamo ultimi in investimenti in Cultura e terz’ultimi in investimenti in Istruzione. Cultura e Istruzione generano lo sviluppo dell’immediato futuro”. Sono parole forti e reali quelle espresse dall’on. Luigi Gallo (M5S), presidente della VII Commissione Cultura della Camera, intervenuto con un post sulla propria pagina Facebook, a proposito della prossima legge di Bilancio.
Parole che fanno il paio con quelle pronunciate in queste ore dal vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio: “c'erano soldi – ha detto il vicepremier - che non si spendevano per l'alternanza scuola-lavoro, perché molti dirigenti e docenti si rifiutavano di mandare gli studenti a friggere le patatine da McDonalds e fare finta di fare alternanza scuola-lavoro, abbiamo preso una parte di quei soldi che non si spendevano e abbiamo scongiurato l'abbassamento degli stipendi agli insegnanti”. Inoltre, sempre Di Maio caldeggia la possibilità concreata di aumentare gli stipendi degli insegnanti, al fine di equipararli a quelli dei colleghi europei.
L’intenzione del primo partito di governo, dunque, appare chiara: niente tagli alla scuola. Semmai, quello che si toglie, poi si ridà allo stesso ambito ministeriale. In attesa di tempi migliori. Ma basterà? Anief teme davvero di no. Perché una politica che crede davvero nel rilancio dell’istruzione pubblica, indispensabile per migliorare le sorti di un Paese, non può prescindere dall’alto livello d’insegnamento, a tutela prima di tutti degli studenti iscritti, ma anche dei docenti e del personale tutto che vi opera. E quando si parla di stipendi europei bisogna stare attenti, perché ad oggi sono ad un livello così basso che a fine carriera, ci ha detto in settimana il rapporto Eurodyce, Paesi come la Germania e l’Olanda danno ai loro docenti circa il doppio rispetto ai nostri.
Anche di queste tematiche si è parlato in settimana a Roma durante il convegno “Cultura 2030”, organizzato dal M5S per fare il punto sul livello culturale italiano. Tra i relatori c’era la pedagogista Maria Rita Parsi che si è soffermata sulla necessità di trasformare le scuole in poli museali e in centri culturali polivalenti, con formazione permanente dei formatori. Inoltre, prima di fare cultura occorrerebbe fornire ai cittadini gli strumenti per esistere come persone e per essere riconosciute. Anche Antonio Natali, ex direttore Galleria Uffizi, aveva detto che “spetta allo Stato organizzare mostre di opere d’arte per educare. I musei dovrebbero essere gratuiti, visto che l’Italia è un museo diffuso. Perché la tutela è la chiave della cultura, non la valorizzazione”.
Secondo la dottoressa Rosa Bottino, del Cnr, “è la scuola che deve rimanere unico presidio di un’esperienza formativa condivisa, dove costruire esperienze fondanti. Ricordando che su capacità o conoscenze, se si punta sulle prime si rischia di promuovere più una cultura del consumo che una del progetto. Il futuro – ha continuato Bottino - sarà sempre più digitale ma rimarrà sempre il sistema di trasmissione di conoscenza ma in modo più collaborativo. Occorre poi investire nella ricerca, soprattutto in quella educativa: a Singapore è stato attuato un cambio del sistema educativo a seguito di una ricerca e non a caso si parla di metodo Singapore. Per questi motivi - ha concluso - offrire un supporto più stabile alle scuole è necessario. E il ruolo del docente con le nuove tecnologie non deve essere sminuito”.
Il fisico Francesco Sylos Labini ha ricordato che “in Europa, l’Italia, l’Ungheria e l’Irlanda sono le nazioni con minor spesa per ricerca e istruzione. Negli Ultimi 10 anni in Italia si è registrato un calo immatricolati che determina una situazione paragonabile al periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Inoltre, se non sono sostituiti i professori, come ormai è frequente, si perderanno i contenuti. Intanto, al Sud Italia il differenziale aumenta. E tutte le risorse in Italia si concentrano su pochi poli universitari, pur avendo tasse universitarie tra le più alte d’Europa. Così il merito, privato delle pari opportunità, è diventato un privilegio”.
Tutto ciò non è stato affrontato delle ultime due leggi di riforma della scuola: quelle prodotte da Gelmini e Giannini sono state riforme “cosmetiche”, ha detto Piergiorgio Odifreddi, matematico e divulgatore. Secondo Michela Schenetti, pedagogista all’università di Bologna, negli ultimi anni le scuole sono diventate dei progettifici: occorre un nuovo andamento di contenuti ed esperienze. Per sostenere le competenze degli insegnanti, e le competenze del contesto che le accoglie, come il via libera degli organi collegiali. La buona qualità della scuola non può essere affidata alla personalità di un singolo insegnante. Servirebbe, poi, rivedere le pratiche didattiche insieme agli insegnanti con prospettive di autovalutazione, più che organizzare percorsi di formazione.
Del resto, ha sottolineato Moni Ovadia, attore, cantante, musicista e scrittore, “solo il sapere critico consente di prefigurare il futuro. Adesso viviamo un presente ipertrofico. Ecco perché occorre affrontare con il sapere critico tutte le innovazioni. Bisogna poi imparare ad usare il virtuale in modo critico, ad esempio per ascoltare lezioni universitarie da professori stranieri. La politica deve lasciare che la cultura si appropri della politica e non il contrario. Mentre abbiamo assistito ad una evidente censura nelle proposte culturali di approfondimento. E pensare che la cultura determina gli altri aspetti: politica, finanza, economia. Quindi, un cambiamento è possibile solo a partire da un cambiamento della cultura”.
Anche Filomena Albano, Garante dell’infanzia e adolescenza, per il futuro si augura meno povertà educativa e culturale, intervenendo nella fascia 0-6 anni. Oltre all’importanza del contrasto alla dispersione scolastica e la creazione di scuole attrattive. Un intervento in linea è stato fatto da Gherardo Colombo, ex magistrato, per il quale “il nostro Paese guarda alla cultura con superficialità, come fosse un tema superfluo. Mentre sarebbe importante ripartire dalla Costituzione”.
Per il prof. Severino Salvemini, della Bocconi, “siccome è inevitabile l’ingresso dell’economia nel mondo della cultura, alle imprese conviene investire in cultura. E l’Italia è il paese dell’economia simbolica. In questa situazione, i mercati dei consumi culturali sono destinati a crescere, a partire dagli eventi dal vivo, come i festival. Perché, invece, con la digitalizzazione di archivi non si possono fare business culturali. Infine, chi rivendica in continuazione i fondi per cinema e arte, sappia anche che occorre evitare il mercantilismo della cultura.
Mauro Calise, direttore web learning Federico II, ha detto che la trasmissione della cultura viaggia ormai per via telematica, tanto è vero che una buona parte degli studenti non frequenta molte lezioni. Nel 2030 potrebbero non esserci più la metà dei profili lavorativi adesso esistenti: diventerà un obbligo la formazione permanente. Ed è il sistema universitario pubblico e dover rispondere a tutto ciò, andando anche oltre al piano nazionale digitale. Gli ha fatto eco Mario Sesti, critico cinematografico, per il quale in futuro “l’aumento del tempo libero dovrebbe consentire maggiore disponibilità a fruire dell’offerta culturale”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, che ieri si è schierato con gli oltre 70 mila studenti che hanno manifestato per ricordare che in Italia i costi economici per studiare sono insostenibili e contro la manovra finanziaria annunciata dal Governo, ritiene che “sull’elevazione della cultura italiana è oramai scaduto il tempo degli esperimenti e dei buoni annunci. La cultura è vitale? Allora ci si creda, con disposizioni finanziarie e normative tali da collocarla tra gli obiettivi prioritari del nostro Paese. Non con le solite soluzioni-tampone, come quella di girare i 100 milioni di tagli alla scuola allo stesso comparto. Pensavamo che almeno a livello governativo le ‘partite di giro’ fossero finite: servono investimenti veri, già con la prossima manovra”, ha concluso Pacifico.
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