Non lasciano spazio a dubbi i dati pubblicati in queste ore dall’Istituto nazionale di valutazione, relativi alle prove di italiano e matematica nelle classi riguardo il valore aggiunto delle prove nazionali, che fa luce anche sui fattori endogeni, come il background ambientale: a livello di scuola secondaria, le percentuali di istituti eccellenti da Firenze in giù rimangono davvero bassi; alla primaria non va molto meglio. Marcello Pacifico (Anief): Da una parte c’è il Nord, dove il tempo pieno è garantito sostanzialmente per l’intera domanda, e i servizi annessi agli istituti scolastici, come gli scuola-bus, le mense, gli agenti territoriali a supporto, oltre ai buoni livelli socio-culturali del posto, alla lunga non possono che dare un’impronta positiva sui livelli dell’offerta didattica e sugli apprendimenti. Dall’altra parte, il Centro-Sud, vittima dell’abbandono dello Stato centrale, degli ultimi decenni, a livello di servizi ed infrastrutture, che non risparmia le scuole, visto che in certe regioni, come la Campania, il tempo pieno si ferma al 15% e attorno agli istituti permane il vuoto. Ed è in questo contesto che si colloca l’opera straordinaria del corpo docente e del personale tutto in servizio nelle scuole del Sud, dove si lavora in contesti difficili se non ostili.
Secondo l’Invalsi, al Sud le scuole secondarie di primo grado eccellenti sono appena l’1%, mentre gli istituti che non riescono ad incidere sul rendimento degli studenti sono oltre il 10%. Nel Centro Nord, partendo da Firenze, la differenza è molto meno accentuata. Stesso copione negli istituti secondari di secondo grado: nei licei classici e scientifici del Meridione, ad esempio, le scuole efficaci sono il 3-4%, mentre quelle “meno efficaci” sono meno del 10%: nel resto del Paese la predetta differenza è meno marcata.
I DATI INVALSI SU CUI RIFLETTERE
Sempre secondo l’Invalsi, anche alla primaria il gap formativo regionale risulta confermato: il Mezzogiorno e le Isole maggiori si caratterizzano, rispetto all’Italia del Centro-Nord, per una tendenza alla polarizzazione tra scuole che conseguono risultati superiori e scuole che conseguono risultati inferiori a quelli che si potevano predire in base alle caratteristiche dei loro studenti.
Sono queste le conclusioni a cui è giunto l’Istituto sul “valore aggiunto” o “effetto scuola”, la misura della qualità delle competenze degli studenti “al netto” di tre fattori che non dipendono direttamente dalle scuole: il livello socio-culturale del territorio (background ambientale); il livello socio-culturale della famiglia di ciascun alunno (background individuale); le competenze che gli studenti già possedevano all’ingresso della scuola.
IL PARERE DI MARCELLO PACIFICO
“Questi risultati sugli apprendimenti – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief –, anche se di natura puramente quantitativa, con tutti i limiti che tali rilevazioni comportano, non fanno altro che confermare la presenza nella nostra Penisola di due realtà formative sostanzialmente diverse. È come se si vivesse in ‘due Italie’: da una parte c’è il Nord, dove il tempo pieno è garantito sostanzialmente per l’intera domanda e i servizi annessi agli istituti scolastici, come gli scuola-bus, le mense, gli agenti territoriali a supporto, oltre ai buoni livelli socio-culturali del posto, alla lunga non possono che dare un’impronta positiva sui livelli dell’offerta didattica e sugli apprendimenti che ne conseguono”.
“Dall’altra parte - continua il sindacalista autonomo - troviamo un Centro-Sud che da solo non riesce proprio a tenere il passo. Di base, l’abbandono dello Stato centrale, a livello di servizi e infrastrutture, a partire dalle grandi opere, coinvolge infatti anche le scuole, dove in certe regioni, come la Campania, il tempo pieno si ferma al 15% ed anche dopo l’assegnazione di 941 cattedre (su 2 mila complessive) finalizzate, per volontà dell’attuale governo, a permettere agli alunni della primaria di uscire da scuola alle ore 16 anziché all’ora di pranzo, non si andrà comunque oltre il 16,8%”.
A completare l’incidenza negativa sulle realtà del meridione è poi il background ambientale e familiare, su cui si è soffermato l’Invalsi, che ha rimarcato come nei contesti non favorevoli il livello delle competenze da un momento precedente a uno successivo rimane pressoché fermo.
ANIEF NON CI STA
“Paradossalmente, in questo quadro di palese disparità territoriale, che nella scuola trova probabilmente l’espressione massima, l’attuale maggioranza politica giallo-verde sta valutando anche di introdurre la cosiddetta autonomia differenziata: una regionalizzazione, che secondo le intenzioni della Lega, che dovrebbe diventare legge senza che il Parlamento possa cambiare una virgola del testo approvato dal governo, contro cui l’Anief ha già scioperato lo scorso 27 febbraio e poi l’8 marzo, ribadendo anche, davanti a Montecitorio, che non farà altro che accentuare queste differenze, perché assicurerebbe maggiori risorse e servizi a chi già oggi ne ha di più e farebbe sprofondare chi invece già oggi non riesce a stare al passo, pur garantendo sempre un’offerta formativa di livello grazie all’opera straordinaria del corpo docente e del personale tutto in servizio in quelle nelle scuole del Sud, dove si lavora in contesti difficili se non ostili”.
Anief ricorda, a questo proposito, che la strada da percorrere è indicata anche nell’ultimo rapporto Pirls, attraverso il quale si è chiesto di ripristinare l'insegnamento per moduli alla primaria, quindi reintroducendo i 30 mila posti tagliati a partire dal dimensionamento introdotto dalla Legge 133/08. Oltre che collocando diverse decine di migliaia di posti in più, introducendo finalmente la logica degli organici differenziati, docenti e Ata compresi, ovvero non più rispondenti solo al numero di alunni iscritti ma anche alle criticità del territorio circostante alle scuole, ai tassi di disoccupazione e di Neet, oltre che di dispersione scolastica e criminalità”.
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