Dall'accesso al reclutamento, dal merito alla mobilità: il diritto del lavoro come scolpito nella nostra carta fondamentale è costantemente violato per il personale del settore dell'istruzione e della ricerca. E ora si aggiunge il pericolo della regionalizzazione che mette in crisi il principio di solidarietà e sovranità nazionale. Marcello Pacifico (Anief): Per quasi un milione e mezzo di italiani tra docenti, Ata e ricercatori, c'è poco da festeggiare e per molti politici c’è ancora troppo da imparare. Nel frattempo, ogni giorno una maestra di ruolo è licenziata, perché ‘colpevole’ di aver un titolo di studio che per lei, soltanto per lei, non è più ritenuto valido. E di certo, quelle maestre non festeggiano proprio
La Repubblica è fondata sul lavoro. Un lavoro che nella scuola si può esercitare da precario, per anni, con un titolo d’accesso che vale per fare il supplente ma non per entrare nei ruoli dello Stato; un lavoro che se svolto da precario, quando questi entra di ruolo non viene riconosciuto completamente nella ricostruzione di carriera; un lavoro che se svolto come supplente costa di meno allo Stato che paga soltanto lo stipendio iniziale, senza salario accessorio, se la supplenza è di tipo ‘breve’ e anche senza le mensilità estive se il contratto è sino al termine delle attività didattiche, comunque sempre senza scatti stipendiali, in barba alla normativa comunitaria che la nostra Costituzione dovrebbe rispettare.
Eppure le tutele sono scritte a chiare lettere nella Costituzione italiana, che preserva la dignità umana e sociale di ogni cittadino lavoratore, in maniera che possa concorrere al progresso della Nazione; ma non nella scuola, dove gli stipendi sono slegati dell'inflazione, dieci punti sotto il costo della vita, persino, inferiori in media ai livelli di dieci anni fa.
E che dire degli ostacoli che la Repubblica rimuove nella ricerca del lavoro, tra una provincia e l'altra, già la Repubblica quella pensata nel 1948, non quella di oggi che mette vincoli nella mobilità del personale, addirittura abiurandolo con il passaggio di alcune competenze pretese dalle Regioni.
Nei settori, poi, dell'università e della ricerca, neanche a parlarne di lavoro, visto che persino la figura di ricercatore a tempo indeterminato è stata messa ad esaurimento, così chi è precario non deve esaurirsi tanto per entrare nei ruoli. Ancora a scuola e nell'università, c'è una lezione da imparare.
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