Anief: se la norma passa chiederemo ai governatori delle Regioni del Sud d'impugnarla alla Consulta per annullarla. In sei mesi, in 60 mila hanno scioperato contro il progetto del Governo. Marcello Pacifico (Anief): Il voto dato da un italiano su cinque alla Lega alle ultime europee non può distruggere la sovranità dello Stato italiano e cambiare la Costituzione. Ci rivolgiamo a quei sindacati che hanno firmato l'accordo con cui siamo pronti nuovamente a mobilitarci per raccogliere le firme per un'eventuale referendum.
Subito dopo l’esito delle elezioni dei cittadini che rappresenteranno l’Italia fino al 2024 in Europa, svolte il 26 maggio, quando un italiano su due non si è recato alle urne, sono diventati tre gli obiettivi immediati del Governo: "Ridurre le tasse, accelerare su autonomia e infrastrutture". A dirlo è stato il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, indicando, a caldo, i provvedimenti sui quali l’Esecutivo deve ora accelerare. Alle parole di Salvini, che ha preso il 34% sul 55% dei voti espressi, si aggiungono quelle recenti pronunciate da un altro esponente leghista, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, secondo il quale l’autonomia è un’opportunità che porta maggiori risorse: “Ribadisco: aumentare le risorse destinate alla scuola è sempre una buona notizia”, ha detto di recente il titolare del Miur ricordando anche che “l’autonomia è prevista dall’articolo 116 della Costituzione”. A dire no all’autonomia differenziata è in realtà la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica. E tutto il fronte sindacale, Anief in testa. Il suo presidente, Marcello Pacifico: Noi abbiamo sempre detto che regionalizzare la scuola è un’operazione impossibile, perché se attuata metterebbe ancora più in crisi l’offerta in certe zone d’Italia, le quali convivono con problemi strutturali e di risorse così evidenti da rifiutare, come accaduto in questi giorni in Sicilia, un contingente aggiuntivo per attivare il tempo pieno.
Secondo la rivista Orizzonte Scuola, il ministro Marco Bussetti e la Lega sembrano pronti a varare il provvedimento sulla regionalizzazione, scuola compresa, ma ci sono almeno tre elementi che depongono a sfavore: l’accordo stipulato dal Governo con i sindacati all’alba dello scorso 24 aprile a Palazzo Chigi; i dubbi del Mef, secondo cui la regionalizzazione della scuola sarebbe troppo costosa; il M5S, che con diversi suoi esponenti ha espresso la propria contrarietà.
LA SECESSIONE MASCHERATA
Per rispondere alle richieste delle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, le regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata, sull'adozione nella scuola di un sistema di servizi differenziato e non più coordinato dallo Stato, bisognerebbe drenare molte delle risorse economiche assegnate alle regioni del Centro e del Sud, così da marcare le attuali distanze in termini di servizi offerti al cittadino e sviluppo economico e aprire a una secessione mascherata.
Nella scuola le singole regioni avrebbero piena facoltà di stabilire il tipo di offerta formativa da adottare, le modalità di reclutamento, di utilizzo delle graduatorie dei tanti precari in lista di attesa, mobilità del personale a livello provinciale e interprovinciali, ma anche il trattamento economico dei dipendenti, docenti e Ata, aprendo alle pericolosissime gabbie salariali. Per non parlare della gestione di immani risorse da parte dei governatori, i quali in passato, anche recente, hanno spesso dimostrato di non essere in grado di gestire determinati ambiti, come la formazione, e anche, in alcuni casi, di arrivare a trarre benefici personali derivanti dal loro stato di potere. Contro questo, tutti i sindacati erano d'accordo a scioperare insieme, il 17 maggio, prima dell'accordo del Governo che tutti affermano avrebbe allontanato quanto ora richiesto dal vincitore delle elezioni europee.
IL PARERE DEL PRESIDENTE ANIEF
“Uno scenario del genere non è accettabile – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché andrebbe a cozzare con gli articoli 33 e 34 della Costituzione italiana, i quali garantiscono degli standard minimi qualitativi della formazione dei cittadini, l’equa distribuzione dei fondi statali per il diritto allo studio, l’adizione delle norme generali sull’istruzione, la possibilità di raggiungere i gradi più alti degli studi a tutti gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi. In Sicilia, è tutto dire che il 40% di cattedre aggiuntive assegnate dal Miur con lo scopo di introdurre il tempo pieno alla scuola primaria verrà restituito per inadeguatezza”.
“Dietro a quella comunicazione che ha rimandato a Roma quasi 100 nuovi maestri inizialmente assegnati all’Isola c’è tutta la difficoltà di un territorio ad organizzare servizi aggiuntivi, in mancanza di strutture e istituzioni a supporto adeguate. Tutte mancanze che l’autonomia renderebbe ancora maggiori. Proprio per dire no ad un sistema educativo spezzettato in materia di offerta formativa, di trattamento economico del personale, dei criteri per la selezione dei lavoratori da assumere e dello scorrimento delle varie graduatorie dei precari, Anief ha scioperato quest’anno due volte nell’attuale mese di maggio. La nostra battaglia su questo fronte sarà ferma, perché, se dovesse passare la regionalizzazione, l’Italia rischia di perdere uno dei baluardi più importanti che unifica il Paese, dalla Valle d’Aosta e dal Trentino alla provincia più a Sud della Sicilia: siamo pronti – conclude Pacifico – a portare la questione in tribunale”.
"Si parla tanto di democrazia, allora, se la mobilitazione non bloccherà il progetto della Lega, nell'attesa che le Regioni del Sud possano impugnare il provvedimento presso la Consulta, siamo pronto a raccogliere le firme per un referendum degli italiani. Non possiamo tollerare che lo Stato italiano perda la sua sovranità per delle elezioni europee che hanno attribuito a un partito il voto di un italiano su cinque. Per non parlare degli ultimi episodi di corruzione di diversi ex presidenti di Regioni del Nord che non fanno ben sperare in una sana amministrazione".
PER APPROFONDIMENTI:
ISTRUZIONE - Spesa in calo fino al 2040, lo dice il Def: dal 3,9% del 2010 al 3,1%