Fu l’entourage del ministro dell’Istruzione a chiedere spiegazioni all’Usr della Sicilia per la pubblicazione del video didattico che accostava le leggi razziali del 1938 al decreto sicurezza voluto dalla Lega. Peccato che di se stesso, lo scorso mese di maggio disse: “Il ministro non è stato interessato né nell’avvio né nella conclusione dell’iter”. Era una bugia colossale.
Marcello Pacifico (Anief): “Si cercava chi fosse l’artefice di un’iniziativa punitiva del tutto inopportuna, perché adottata su un fatto che non sussiste, andando pure a mettere in dubbio l’azione formativa di chi nella scuola opera per elevare lo spirito critico degli studenti e per insegnare loro a riflettere. Alla luce di questa rivelazione, la politica pilatesca scelta da Bussetti, confermata pure durante un question time alla Camera, la dice lunga sulla caratura di questo personaggio: l’avevamo accolto a capo del Miur con speranze vive, consapevoli del fatto che per una volta era stato scelto come ministro dell’Istruzione un cittadino competente di scuola. È bastato un anno per capire che era solo una maschera, dietro alla quale si nasconde un uomo che non fa il bene dell’Istruzione, ma solo quello di un partito che punta dritto alla regionalizzazione: spieghi perché sulla professoressa Dell’Aria ha mentito oppure torni pure a fare il provveditore”.
Nessuno aveva il coraggio di dirlo, ma il dubbio era lecito. E avevano ragione a dubitare: è partito da Roma, direttamente del Miur di Viale Trastevere, l’ordine di verificare l’operato della docente palermitana di Italiano “rea” di non avere vigilato sulla produzione di un video dei suoi studenti, pubblicato il 28 gennaio scorso, che associava le leggi razziali al decreto sicurezza approvato in Parlamento in autunno. A sostenerlo, con un dettagliato articolo dall’emblematico titolo “Diteci, il ministro vuole sapere”, è stata La Repubblica.
“L’ispezione che ha portato alla sospensione della professoressa dell’Iti Vittorio Emanuele III Rosa Maria Dell’Aria, accusata di avere collaborato con i suoi alunni nella realizzazione di un video che accostava le leggi razziali del 1938 al decreto sicurezza di Salvini, partì su preciso impulso del ministero dell’Istruzione. Contrariamente a quanto dichiarato dal ministro Marco Bussetti. E adesso i legali della docente annunciano ricorso”, scrive il quotidiano romano.
Così terminava l’email indirizzata dal Miur all’allora direttrice dell’Ufficio Scolastico Regionale, Maria Luisa Altomonte, oggi in pensione: “potrebbe gentilmente verificare e farci sapere l’esito della sua verifica per mettere a punto la risposta del ministro?”. La richiesta del Miur era quella di capire la fondatezza del tweet dell’attivista di destra “Claudio Perconte, allegato al testo dell’email, lanciato in rete lo stesso giorno della proiezione del powerpoint”. Subito la dottoressa Altomonte girò la richiesta al suo vicario e direttore dell’Usp, Marco Anello, il quale chiese all’ispettrice Viviana Assenza di approfondire il caso segnalato “dal Miur/Roma”.
Il resto è noto: dopo poche ore, l’ispettrice si reca nell’Iti Vittorio Emanuele III di Palermo, dove opera la professoressa Rosa Maria Dell’Aria, e interroga, singolarmente, la stessa docente, una collega e il dirigente scolastico. Poi ascolterà anche gli studenti, alla presenza dei genitori. All’inizio di febbraio è pronta già la relazione dell’amministrazione sul caso e il 16 dello stesso mese “viene comunicata alla prof la contestazione disciplinare”. Il figlio della docente, legale, ed un suo collega, preparano la memoria difensiva, che dopo due rinvii viene discussa il 7 maggio con il vicario del provveditore Marco Anello, il dott. Pietro Velardi. Subito dopo arriva la sospensione della professoressa, con dimezzamento dello stipendio, dall’11 al 25 maggio.
Dunque, ecco come sarebbero andate le cose. Dopo avere umiliato e illuso la professoressa, promettendole una soluzione tecnica per bocca dei ministri Matteo Salvini e Marco Bussetti, l’approdo in tribunale è ora inevitabile: martedì prossimo, i legali della docente depositeranno il ricorso per chiedere l’illegittimità del provvedimento. Mentre non servirà un tribunale per capire se il titolare del Miur ha mentito: “Il ministro non è stato interessato né nell’avvio né nella conclusione dell’iter, perciò evitiamo accuse di censura”, aveva detto lo stesso Marco Bussetti il 18 maggio a Rai Tre, intervistato da Massimo Gramellini. Ora si scopre che non solo sapeva tutta, ma era stato lui stesso a sollecitare l’Usr della Sicilia.
“Reputiamo particolarmente grave – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – che un ministro della Repubblica possa negare pubblicamente la conoscenza di fatti e circostanze condotti in prima persona. È evidente che Bussetti non ha detto la verità. Ed ora non provi a dire che la richiesta di chiarimenti, confermata dai vertici degli uffici scolastici siciliani, sia stata prodotta a sua insaputa. Quella frase inviata per e-mail ‘il ministro vuole sapere’ non ammette né dubbi né repliche”.
“A questo punto – continua Pacifico –, riteniamo che il dottor Marco Bussetti debba dare delle spiegazioni: prima di tutto alla docente, poi ai cittadini, infine ai colleghi del Governo e pure al Parlamento, visto che ha detto di essere estraneo a quanto accaduto anche davanti alle telecamere della tv di Stato. Il ministro deve spiegare per quale motivo ha cercato di far credere di essere all’insaputa di tutto, quando è stato lui ad avere stimolato la procedura di contestazione, a seguito della segnalazione di un attivista di estrema destra. Ha il dovere di farlo, proprio – conclude il sindacalista – per il ruolo che ricopre”.
PER APPROFONDIMENTI:
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