Per Anief è arrivato il momento di adeguarli all'inflazione con una salario minimo di cittadinanza, di prevedere per il personale della scuola indennità minima di dieci euro giornaliere per rischio biologico in tempo di Covid-19, di stabilire risorse nella legge di bilancio per aumenti di ulteriori 50 euro rispetto ai cento euro già stanziati. In questo modo, conclude Pacifico, nel prossimo contratto potremmo dare aumenti di 450 euro mensili a ogni dipendente dei nostri istituti.
Il gap di mille euro medi in meno al mese rispetto alla media UE rimane intatto. Si confermano significative le differenze tra i paesi europei negli stipendi tabellari iniziali degli insegnanti: i compensi possono infatti variare, a seconda del paese, da 5 a 80 mila euro lordi all’anno. Scorrendo il Rapporto Eurydice 2020, risultano infatti decisamente più alti gli stipendi iniziali degli insegnanti in Belgio, Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia e Scozia. Stipendi ancora più maggiori si registrano in paesi con PIL pro-capite alto: Danimarca, Germania, Lussemburgo, Svizzera, Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Le stime europee indicano che gli stipendi dei nostri prof possono aumentare di circa il 50% solo dopo 35 anni di servizio.
Secondo il presidente nazionale Marcello Pacifico “è avvilente che aumenti degli ultimi dodici anni rimangano fermi a meno di 80 euro lordi, al 3,48% accordati con l’ultimo rinnovo del 2018: quel piccolo aumento non è servito nemmeno a coprire gli 8 punti percentuali persi tra il 2007 e il 2015 per via del costo della vita. Per il nuovo contratto, Anief chiede da tempo non meno di 240 euro medi mensili di aumento”.
Compensi sempre ridotti per i docenti italiani: secondo Bruxelles, i nostri insegnanti hanno bisogno di una significativa anzianità di servizio per raggiungere aumenti salariali modesti, poiché gli stipendi possono aumentare di circa il 50% solo dopo 35 anni di servizio. Per contro, in Irlanda, Paesi Bassi e Polonia, gli stipendi tabellari iniziali dei docenti possono addirittura aumentare di oltre il 60% già nei primi quindici anni di servizio, e ancor di più negli anni successivi. Infine, va rilevato che in Spagna, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, esattamente come in Italia, il potere di acquisto degli insegnanti è rimasto più o meno lo stesso negli ultimi 4 anni.
Ma perché il disavanzo stipendiale si mantiene così alto? Ad oggi, l’unica certezza è quella dell’aumento stipendiale del 3,48% del 2018, giunto dopo quasi un decennio di blocco; gli stipendi dei docenti italiani hanno subito gli influssi di un nuovo stop contrattuale che perdura ormai da un biennio. A ben vedere, c’è anche una recente novità in busta paga, che ha avuto effetto la scorsa estate, a partire dalla mensilità di luglio 2020: è quella del taglio del cuneo fiscale, quindi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (con trattamento integrativo di importo pari a 600 euro nel 2020 e di 1.200 euro a decorrere dal 2021, ma solo se il reddito annuo complessivo individuale non supera i 28.000 euro), introdotto per tutti i dipendenti pubblici, compresi i docenti e il personale Ata.
A fronte di questa situazione, Anief reputa indispensabile avviare al più presto la trattativa per il rinnovo del contratto del comparto scuola, al fine di procedere con l’assegnazione di aumenti stipendiali “veri” a tre cifre, come accordato dai ministri Marco Bussetti prima (aprile 2019) e Lorenzo Fioramonti (nella seconda parte dello stesso anno): si ricorda che se in media lo stipendio di docenti e Ata non supera i 30 mila euro, guardando alle stime ufficiali della PA la media è di 34.491 euro. Anche i dipendenti ministeriali (con 30.140 euro annui medi) superano il personale docente. Nella presidenza del Consiglio gli stipendi medi annui sono di 64.611 euro e nelle Autorità indipendenti superano i 91.259 euro. Per non parlare dei magistrati, che sforano i 140 mila euro.
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