La sentenza sulla causa 282/19 rimessa dal Tribunale di Napoli è del 13 gennaio 2022 e riconosce la violazione della clausola 5 della direttiva comunitaria 1999/70 che non è giustificata dall’idoneità diocesana rilasciata dall’autorità ecclesiastica. Spetta al giudice nazionale se ci sono rimedi cui rinviare come per la stabilizzazione dei lavoratori del settore privato, cui si rivolgeranno i legali di Anief nei prossimi giorni. Sono più di 20 mila i precari IRC che si stima possono aderire al ricorso promosso dal giovane sindacato al seguente link.
L’avv. De Michele che ha vinto la causa in Lussemburgo commenterà la sentenza insieme all’avv. Miceli e al presidente Anief, Marcello Pacifico, lunedì 17 gennaio 2022, in un webinar dedicato, dalle ore 17 alle ore 18 dal titolo:
È possibile registrarsi all’evento al seguente link.
Per i giudici del Tribunale di Lussemburgo, gli argomenti invocati dallo Stato italiano non giustificano l’abuso dei contratti a termine. L’idoneità diocesana e la conseguente revoca, infatti, attuati nel rispetto del Concordato, non possono costituire una ragione oggettiva visto che si possono applicare anche ai lavoratori a tempo indeterminato (100) né giustificano il ricorso al 30% di supplenti per impartire tale insegnamento in maniera costante. Se per esigenze di flessibilità si può ricorrere a contratti a termine, tuttavia, non “si può invece ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti che rientrano nella normale attività del settore dell’insegnamento”. L’esigenza provvisoria non si può trasformare in un’esigenza permanente che nel caso di specie dura da 15 anni. Né lo Stato italiano come peraltro ha fatto altre volte può invocare interessi finanziari che non possono costituire obiettivo di una politica tesa a disapplicare la prevenzione del ricorso abusivo ai contratti a termine. “Pertanto, e sempreché non esistano «norme equivalenti per la prevenzione degli abusi», ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare, una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale nel settore dell’insegnamento pubblico della religione cattolica non è idonea a prevenire o a sanzionare gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.”
La decisione della Curia
“La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso, da un lato, che essa osta a una normativa nazionale che esclude gli insegnanti di religione cattolica degli istituti di insegnamento pubblico dall’applicazione delle norme dirette a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato, qualora non esista nessun’altra misura effettiva nell’ordinamento giuridico interno che sanzioni detto ricorso abusivo, e, dall’altro, che la necessità di un titolo di idoneità rilasciato da un’autorità ecclesiastica al fine di consentire a tali insegnanti di impartire l’insegnamento della religione cattolica non costituisce una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), di tale accordo quadro, nella misura in cui tale titolo di idoneità è rilasciato una sola volta, e non prima di ogni anno scolastico che dà luogo alla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato”.