La riforma Monti-Fornero obbliga i lavoratori dipendenti ad andare in pensione alle soglie dei 70 anni e con un assegno di quiescenza, anche per chi ha oltre 35 anni di anzianità, in media non molto superiori ai mille euro: è una condizione assurda, soprattutto se si pensa che fino a qualche lustro fa si lasciava il lavoro almeno 10 anni primi e con importi attigui all’ultimo stipendio da dipendente. Per il personale della scuola tutto questo diventa impraticabile, perché docenti e personale Ata svolgono un lavoro a stretto contatto quotidiano con l’utenza – in particolare alunni e famiglie – che sul lungo periodo determina in alto numero disturbi e patologie psico-fisiche derivante dal burnout venutosi a determinare per via del palese stress da lavoro correlato.
L’Anief reputa assurda questa condizione di lavoro coatto e di pensionamento spostato oltre ogni logica , ancora di più perché le istituzioni l’hanno avvolta nel silenzio: per fare diventare il problema di carattere pubblico, il giovane sindacato ha avviato da alcune settimane una petizione online, attravero la quale chiede d’introdurre il pensionamento del personale scolastico entro i 60 anni di età e garantendo il riscatto gratuito degli anni di formazione universitaria, così da garantire più anni di contributi previdenziali e un maggiore assegno pensionistico.
“Vogliamo dare voce – dichiara Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - al malcontento per il silenzio assordante che avvolge la mancata considerazione del personale scolastico quando di parla di pensionamenti spostati sempre più in avanti e che con l’aspettativa di vita crescente arriveranno attorno al 2030 attorno ai 70 anni di età. Chi lavora a scuola sa bene che si tratta di una imposizione inapplicabile perché certe professionalità, come quelle che operano nei nostri 7mila istituti scolastici, non possono essere considerate alla pari di altre comuni: lo stato di salute precario, purtroppo spesso anche patologico, di decine di migliaia di insegnanti e Ata lo testimonia. È arrivato il momento di prendere in mano la situazione affrontando il problema: il successo della petizione che abbiamo lanciato, e alla quale chiediamo di aderire ancora per chi non l’abbia fatto, testimonia che il problema è molto sentito. Adesso – conclude Pacifico – è l’ora che la politica agisca”.
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