Il Ministero dell’Istruzione decide che un prof abilitato per medie e superiori non può insegnare indifferentemente agli allievi che necessitano di didattica “speciale”. Che così rischiano di vedersi assegnati docenti non qualificati.

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): è una contraddizione, perché la tendenza è quella di estendere la spendibilità del titolo. Che si aggiunge a tante altre: corsi formativi che non partono, organici e assunzioni sottodimensionate, famiglie costrette a rivolgersi ai tribunali per avere le giuste ore di assistenza scolastica, governi che interpretano la spesa per il sostegno come un costo da contenere.

Il sostegno agli alunni disabili non sembra proprio essere la materia preferita dei funzionari e dirigenti del Ministero dell’Istruzione: nella nota di chiarimento n. 2143 sui titoli utili all’inserimento nelle graduatorie d’Istituto, pubblicata in queste ore, il Miur ha tenuto a specificare che la specializzazione conseguita negli ultimi anni per il sostegno “è direttamente correlata al grado di istruzione per la quale è stata conseguita. Pertanto, in caso di abilitazioni verticali a cascata, la specializzazione conseguita con i nuovi corsi abilitanti in base al DM n. 249/10 e la DM 30 settembre 2011 non vale in automatico per tutti i gradi di scuola per cui si è abilitati”.

Traducendo il “burocratese” dell’amministrazione scolastica, ciò significa che un docente di Italiano o di Matematica abilitato all’insegnamento nella scuola media e superiore non conseguirà la specializzazione per il sostegno per entrambi i livelli scolastici. Ma solo per uno di essi.

Anief ritiene questa decisione davvero singolare: prima di tutto perché il titolo che si consegue per insegnare agli alunni con problemi di apprendimento non ha nulla a che vedere con le classi di concorso. Tanto è vero che di recente anche nella scuola superiore lo stesso Miur ha deciso di far cadere l’assegnazione degli alunni sulla base dell’abilitazione all’insegnamento di cui si è in possesso. Ora, se questa è la linea, perché si decide di nuovo di tornare all’antico?

“Obbligare un insegnante pluri-abilitato della scuola secondaria a dover scegliere tra il sostegno della scuola media e quello superiore – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – significa continuare a far prevalere la burocrazia sul buon senso: siccome la specializzazione per insegnare agli alunni disabili non si accompagna alla classe di concorso, non si comprende per quale motivo si preclude la possibilità ad un docente di accedere indifferentemente alle medie o alle superiori. Tra l’altro, questa scelta rischia di penalizzare gli alunni ‘certificati’, a cui si rischia di affidare docenti non specializzati: per rifiutare quelli di altri livelli, i dirigenti scolastici saranno infatti costretti a nominare supplenti senza alcuna esperienza con l’handicap. Il tutto per delle rigidità normative che hanno davvero fatto il loro tempo”.

La decisione del Miur, che contestiamo, si somma a tante altre che ad oggi continuano a non avere risposta. Che fine hanno fatto, tanto per rimanere all’attualità, le selezioni dei 6.630 posti per accedere ai corsi di specializzazione di sostegno che sarebbero dovuti partire parallelamente ai corsi Tirocini Formativi Abilitanti le cui iscrizioni sono invece già scadute? E perché anche nell’anno scolastico 2015/2016 si continuerà ad avere un organico nazionale di diritto sottodimensionato del 30%, rispetto a quello di fatto utilizzato per garantire il rapporto uno a due tra alunni e docenti?

Perché tante famiglie per vedersi assegnato il numero di ore di sostegno per i figli, previste dagli organismi sanitari competenti e dai gruppi scolastici di lavoro sull’handicap sulla base delle oggettive diagnosi funzionali, sono costrette a rivolgersi ai tribunali della Repubblica? Perché quando si parla di tagli alla pubblica amministrazione si continua ciclicamente a puntare il dito contro i 4 miliardi di euro l’anno spesi dallo Stato per garantire la didattica ad oltre 220mila alunni?

Anief-Confedir ha sempre più l’impressione che, come già accaduto con la scuola primaria che prima della “mannaia” Tremonti-Gelmini tutto il mondo ci invidiava, stavolta ai piani alti del Miur e della politica italiana si è deciso di fare ‘cassa’ demolendo il settore del sostegno agli alunni disabili. A frenarli, fortunatamente, almeno sino ad oggi sono state le espressioni dei giudici. Come una sentenza della Corte Costituzionale del 2010 che ha vietato ogni tipo di blocco all’assegnazione in deroga di personale qualificato nei casi di alunni con gravi handicap.

“La verità – continua Pacifico – è che negli ultimi 10 anni il numero di alunni che necessitano del docente di sostegno sono più che raddoppiati. E per adeguare il numero di insegnanti specializzati alla quantità crescente di alunni serve un incremento dell’organico. Soprattutto per alcune aree del Paese, dove siamo ancora molto lontani da rapporto 1 a 2 previsto per legge. L’amministrazione, quindi, provveda ad incrementare le assunzioni in ruolo, oltre i numeri già programmati, perché i posti vacanti sono già oggi decine di migliaia. Invece di creare dei ‘paletti’ normativi di cui nessuno sente il bisogno. Soprattutto – conclude il sindacalista Anief-Confedir – i tanti alunni disabili che hanno il diritto di essere aiutati da personale qualificato”.

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Il divario rispetto a quelli del Nord rilevato analizzando i dati ufficiali Miur–Istat: Molise, Basilicata e Calabria le regioni più penalizzate, anche dalla mancanza di percorsi adatti agli alunni portatori di handicap. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): è grave che ciò accada in Regioni già danneggiate dal taglio di oltre 4mila docenti di sostegno e dallo scarso numero di immessi in ruolo. Oltre che in aree del Paese depresse economicamente, dove si registra il più alto tasso di dispersione scolastica, di Neet e di disoccupati.

Per gli studenti disabili del Sud andare a scuola rappresenta sempre più un percorso ad ostacoli. Non bastava che lo Stato riducesse il numero di docenti di sostegno, con oltre 4mila posti tagliati negli ultimi anni di cui 2.275 solo in Sicilia e 900 in Campania: ora si scopre anche che “il Mezzogiorno presenta la percentuale più bassa di scuole con scale e servizi igienici a norma”, strutture indispensabili per favorire un apprendimento migliore e una vera integrazione scolastica. Mentre al Nord le cose vanno molto meglio. A rilevarlo, dopo aver incrociato gli ultimi dati pubblicati dall’ufficio di statistica del Miur e dall’Istat, sono gli organizzatori di Exposanità, l’evento nazionale dedicato alla sanità e all’assistenza che si svolgerà a Bologna dal 21 al 24 maggio.

I ricercatori hanno sottolineato che gli alunni con disabilità non necessitano solo del docente di sostegno, ma anche “di servizi con determinate caratteristiche per il superamento delle barriere architettoniche, come le scale a norma, gli ascensori, servizi igienici specifici, segnali visivi e acustici, percorsi interni ed esterni che facilitino gli spostamenti”. Analizzando le scuole con scale e servizi igienici a norma è emerso che agli ultimi posti figurano Molise, Basilicata, Calabria e Campania. Mentre le Regioni Settentrionali sono quelle più attrezzate, in particolare Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia. “Per quanto riguarda i percorsi interni ed esterni, che si dimostrano comunque carenti, è sempre il Nord a presentare una situazione migliore rispetto al Mezzogiorno”, concludono i ricercatori di Exposanità.

“Ancora una volta – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ci ritroviamo a commentare la carenza di supporto e di strutture adeguate a dei ragazzi già deprivati che non meritano proprio trattamenti discriminanti. Il Sud e le Isole già vantano la più alta concentrazione tra le province più depresse economicamente del Paese, il più alto tasso di dispersione scolastica, di Neet, di disoccupati. Con punte superiori al 40%. Non è possibile accettare che lo Stato si dimentichi pure di assistere adeguatamente i disabili. E poi ci si lamenta se le famiglie ricorrono in tribunale”.

A tal proposito, c’è da dire che il problema non è solo nel numero non sempre adeguato di docenti di sostegno. Ma anche nella loro mancata stabilizzazione: nel prossimo biennio le regioni più penalizzate dalle assunzioni di insegnanti specializzati nell’assistenza agli alunni disabili saranno Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia. Da queste parti le assunzioni saranno ridotte al ‘lumicino’. Il motivo non sarebbe però quello che tutti possono immaginare, la mancanza di posti liberi, ma un coefficiente legato alla burocrazia: il rapporto troppo alto, attorno all’80%, tra organico di diritto e di fatto.

La soluzione a questo inghippo sugli organici non può essere che quella di raddoppiare il numero assunzioni di docenti di sostegno, collocando i 25mila aggiuntivi in larga parte al Sud. “In assenza di una manovra di questo genere – continua Pacifico – nei prossimi due anni ci ritroveremo con uno sfalsamento rispetto ai criteri nazionali di costituzione degli organici e con un’alta percentuale, al Meridione, di docenti di sostegno precari. Costretti a cambiare scuola ogni anno, non garantendo quella continuità didattica che nel caso dell’apprendimento degli alunni disabili è fondamentale. Come lo sarebbe il potenziamento delle strutture per disabili a norma, per le quali si attendono ancora finanziamenti statali ad hoc”.

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