Università

Università: Anvur corregge il decreto con i criteri per partecipare al concorso

Rimangono diversi svarioni. Scandaloso che commissari e aspiranti associati e ordinari debbano avere gli stessi requisiti. Tradita la Raccomandazione Ue per i ricercatori. Valutata la quantità delle pubblicazioni piuttosto che la qualità della ricerca, contro il tetto previsto dalla legge. Rivolta tra i candidati e si profila l’ennesimo ricorso al Tar Lazio.

Che fosse travagliata la nuova organizzazione dei concorsi per ordinario e associato si era capito all’indomani dell’approvazione della legge n. 240/2010, che rispetto alla legge n. 1/2010 che avrebbe dovuto bandire 5000 posti per il primo gradino della ricerca cancellava la figura del ricercatore e rimandava a diversi decreti attuativi per il nuovo reclutamento. Il Consiglio di Stato aveva espresso ben tre pareri sulla riforma (25 febbraio 2011, 21 aprile 2011, 23 febbraio 2012) con diverse considerazioni, al netto di quelli espressi e ignorati dalle Commissioni parlamentari del Senato e della Camera e delle proposte di modifica richieste dal Cun, dalla Crui e dai Sindacati, tra cui l’Anief.

Il 24 agosto 2012, a procedura bandita e in scadenza per il 20 novembre prossimo, venivano resi noti i criteri dell’Anvur per la partecipazione dei candidati al concorso, ed ecco che già ieri, 27 agosto, ne arrivano di nuovi perché i primi non erano perfettamente corrispondenti a quanto previsto dal Decreto. Ogni candidato dovrebbe superare la mediana per il settore concorsuale in base agli indicatori bibliometrici e all’età accademica in uno dei tre settori individuati, rispettivamente dimostrando di aver pubblicato almeno due o più libri, o 18 o più articoli, o a volte 2 o più articoli nelle riviste classificate di “serie A” non ancora individuate.

Eppure per l’Anief il calcolo continua a essere pretestuoso, illegittimo e foriero di nuovo contenzioso: uno studioso, infatti, con un libro rivoluzionario nella ricerca, anche di 1.000 pagine, pur avendo soddisfatto tutti i requisiti previsti dalla Carta europea dei ricercatori, con dottorato e anni di docenza alle spalle, nonché rispondente ai criteri individuati dal decreto, non meriterebbe di essere abilitato in Italia all’esercizio della professione e deve emigrare all’estero. Per non parlare del fatto che se la legge impone la presentazione al massimo di 12 pubblicazioni non si comprende perché se ne debbano vantare 19, o ancora del fatto che se lo stesso criterio di selezione dei requisiti è adottato per commissari ed esaminandi non si comprende come possa essere garantita l’obiettività della valutazione.

E che dire del numero iniziale di pubblicazioni richiesto dall’Anvur in violazione della Raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005 riguardante la carta europea dei Ricercatori e un Codice di condotta per l’assunzione dei Ricercatori, come richiamato, peraltro, dall’articolo 18 (chiamata dei professori) e dall’articolo 24(ricercatori a tempo determinato) della stessa legge 240/2010, che così recita: «Ciò significa che il merito dovrebbe essere valutato sul piano qualitativo e quantitativo, ponendo l’accento sui risultati eccezionali ottenuti in un percorso personale diversificato e non esclusivamente sul numero di pubblicazioni. Pertanto, l’importanza degli indicatori bibliometrici deve essere adeguatamente ponderata nell’ambito di un’ampia gamma di criteri di valutazione, considerando le attività d’insegnamento e supervisione, il lavoro in équipe, il trasferimento delle conoscenze, la gestione della ricerca, l’innovazione e le attività di sensibilizzazione del pubblico. […]Ciò comprende qualsiasi attività nel campo della «ricerca di base»; della «ricerca strategica », della «ricerca applicata», dello sviluppo sperimentale e del «trasferimento delle conoscenze», ivi comprese l’innovazione e le attività di consulenza, supervisione e insegnamento, la gestione delle conoscenze e dei diritti di proprietà intellettuale, la valorizzazione dei risultati della ricerca o il giornalismo scientifico».

L’associazione sindacale conclude con un appello al ministro che recepisce quanto già espresso dalla magistratura: “E’ ovvio che di fronte a criteri definiti per legge, per le commissioni deve essere possibile che i parametri di natura quantitativa, ove opportunamente e accuratamente definiti e misurati, comunque, dovranno essere impiegati al fine di definire livelli di soglia per la produzione scientifica, al di sotto dei quali un positivo giudizio di merito possa essere formulato esclusivamente in casi eccezionali, associati a risultati di assoluto valore, la cui peculiarità risulti comprovabile mediante evidenze e attestazioni obiettive” (adunanza del 24.V.2011, prot. 786 del 9giugno 2011).

Se ciò non sarà consentito, sarà scontata l’apertura di nuova stagione di ricorsi al Tar Lazio.

Il precedente comunicato dell’Anief