“La verità – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che il Covid19 ha reso ancora più evidente questa tendenza: operare in condizioni ambientali difficili, spendersi e studiare in continuazione metodologie didattiche efficace e da personalizzare in base alle esigenze dei singoli alunni, svolgere contemporaneamente didattica a distanza e in presenza, lavorare a centinaia di chilometri da casa per anni senza possibilità di tornare ad abbracciare figli e parenti, hanno contribuito ad innalzare i già elevati rischi di incorrere in patologie da burnout. Tutto questo, però, non viene riconosciuto. Né contrattualmente, né nello stipendio, nel quale andrebbe collocata una specifica indennità di rischio biologico e di burnout. Così ci ritroviamo con compensi che non coprono nemmeno il costo della vita e dopo 35 anni di servizio gli incrementi sono maggiori pure in Romania, Polonia e Slovenia. E neppure si affronta il problema a livello previdenziale, visto che sta andando in soffitta Quota 100 e non si parla più di una formula di pre-pensionamento che permetta, come noi chiediamo, di lasciare nella scuola il lavoro a 62 anni conservando per intero il montante previdenziale fino a quel momento accumulato”.
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