La popolazione del Mezzogiorno è meno istruita rispetto a quella nel Centro-Nord: il report dell’Istat, pubblicato da alcune ore, non lascia scampo a dubbi. Se al Sud solo il 38,5% degli adulti ha il diploma di scuola secondaria superiore e il 16,2% la laurea, al Centro-Nord circa il 45% è diplomato e in media il 23% ha terminato pure l’Università. C’è un divario, quindi, pari in entrambi i casi a circa il 7%. Il gap è preoccupante, perché il ridotto titolo di studio ha influenze notevoli pure sulle nuove generazioni: sempre l’Istat ci ha detto che nelle famiglie italiane con elevato livello di istruzione l’incidenza di giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente è dieci volte inferiore rispetto a quella registrata nelle famiglie italiane con bassi livelli di istruzione e nelle famiglie straniere.
Anief ritiene che i tempi per agire contro l’abbandono precoce dei banchi di scuola siano maturi. Ancora di più perché a disposizione c’è ora il “tesoretto” del Recovery Plan. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “i 18 miliardi che arriveranno nei prossimi anni dal Pnrr non vanno dispersi in mille progetti mentre la vera priorità rimane al palo. Riteniamo che occorra predisporre le basi per voltare pagina: prima di tutto modificando l’arco di tempo che obbliga un giovane a rimanere nell’ambito formativo, da estendere fino alla maggiore età ma anche anticipandolo a 5 anni. Solo in questo modo, si arriverebbe a centrare l’obiettivo comune, a tutti i Paesi moderni, di andare al di sotto del 10% di abbandono scolastico nazionale. Di concerto, servirà anche ripristinare il tempo scuola, gli organici del personale e gli istituti precedenti al dimensionamento varato con il Dpr 81/2009. E procedere con lo sdoppiamento delle classi, una circostanza ancora più impellente in tempo di Covid19”.