È ormai cosa certa che è intenzione del governo applicare gli aumenti solo a chi percepisce uno stipendio ridotto e ai “meritevoli”: è una prospettiva peggiore dell’ultima revisione, datata 2009, perché oggi il governo intende incrementare le buste paga ad una ristretta cerchia di lavoratori statali. Nella migliore delle ipotesi, si arriverebbe ad uno ogni tre, con circa 2 milioni che rimarrebbero fermi a quella di sei anni fa. Come se gli stipendi dei dipendenti pubblici non avessero raggiunto il punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982. Per questo, Anief ribadisce il progetto di ricorrere al giudice del lavoro e delle leggi, per recuperare quell’indennità di vacanza contrattale che rimarrà “congelata” almeno sino al 2018.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è un’ipotesi inaccettabile e incostituzionale. Il governo la finisca con le soluzioni al risparmio e provveda ad adeguare gli stipendi, da settembre scorso, già prima di sedersi al tavolo con i sindacati, di quel 10% sottratto per la mancata applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale. Rinunciarvi significa non applicare la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego. Dopo di che le buste paga di tutti i dipendenti pubblici vanno pareggiate al livello d’inflazione, applicando un altro 10 per cento di aumenti. Perché, nel frattempo, il costo della vita ha surclassato gli stipendi.
Tra una smentita e un’ammissione, il Ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, sta facendo emergere il vero volto della riforma della pubblica amministrazione: applicare gli incrementi contrattuali solo a chi percepisce uno stipendio ridotto e a quelli che l’amministrazione di competenza individuerà come “meritevoli”. Si tratta, dunque, di una prospettiva peggiore dell’ultima revisione, datata 2009, perché oggi il governo intende portare gli aumenti stipendiali ad una ristretta cerchia di lavoratori statali: nella migliore delle ipotesi, si arriverebbe ad uno ogni tre, con circa 2 milioni che in questo modo rimarrebbero ancora una volta fermi alla busta paga di sei anni fa.
Il Ministro della Funzione Pubblica ufficializzerà la sua proposta tra qualche giorno, quando si incontrerà con i sindacati. In quell’occasione, ha annunciato, dirà che “non si dà di più a chi ha di più, ma a chi ha di meno” e che “la valutazione dev'essere fatta in modo differenziato”. L’intento è chiaro: utilizzare il trancio di pizza in più al mese, stanziato dal governo con l’ultima Legge di Stabilità, per meno dipendenti, al fine di incrementarne la consistenza: peccato che si tratterà di dare loro, in media, qualche decina di euro lordi in più al mese, anziché gli attuali sette.
Come se gli stipendi dei dipendenti pubblici non avessero raggiunto il punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982. Con l’aggravante che anche l’unica modalità certa di incremento, quale è l’indennità di vacanza contrattuale, rimarrà bloccata almeno sino al 2018 e forse anche fino al 2021, come del resto già indicato con il Documento di Economia e Finanza 2016.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, si tratterebbe di “una proposta francamente inaccettabile. Prima di tutto perché va contro la Costituzione, la quale prevede un corrispettivo adeguato al lavoro profuso, per tutti e non solo per alcune frange di lavoratori. Il governo la finisca con le soluzioni al risparmio e provveda ad adeguare gli stipendi, da settembre scorso, già prima di sedersi al tavolo con i sindacati, di quel 10 per cento sottratto per la mancata applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale”.
“Rinunciare a questa indennità, significa non applicare la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego, a partire dall’articolo 2, comma 35, della Legge n. 203/2008, dalla legge finanziaria 2009 e anche le disposizioni previste dal Decreto Legislativo 150/2009. Dopo di che – prosegue Pacifico – le buste paga dei dipendenti pubblici vanno pareggiate al livello d’inflazione, applicando un altro 10 per cento di aumenti. Perché, nel frattempo, il costo della vita ha surclassato gli stipendi: per questo, pensare di tenerli ancora per anni e anni immobilizzati è un’ipotesi che non si può nemmeno prendere in considerazione”.
Anief, assieme a Cisal e Radamante, già oggi si batte in tribunale per l’assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale al vero costo della vita, quello certificato dal ministero: ciò comporterà aumenti degli stipendi, per almeno il 10% nelle buste paga. Per richiedere, pertanto, l'adeguamento dei valori dell'indennità di vacanza contrattuale alla metà dell'inflazione, come registrata a partire dal settembre 2015 rispetto al blocco vigente dal 2008, basta cliccare sul seguente link.
Per approfondimenti:
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Aumento stipendi ai minimi dal 1982 (Ansa, 27 maggio 2016)
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