La Legge di Stabilità prevede 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 a decorrere dal 2018, mentre di miliardi ne servirebbero ben 11 e, per un incremento equo, servirebbero 170 euro. Questi ultimi da corrispondere dal 1° settembre 2015: esattamente il doppio di quanto propongono ora amministrazione pubblica e sindacati. Se si volessero adeguare, poi, le buste paga dei lavoratori pubblici a quelle dei privati, la somma dovrebbe raddoppiare: si tradurrebbe, quindi, in 340 euro di aumento per una copertura di 44 miliardi complessivi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): si sta chiudendo su un accordo che prevede l’assegnazione di un salario che non copre nemmeno l’inflazione, come certificato nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti. E si aggira pure la sentenza della Consulta (sulle pensioni quali retribuzioni differite), di un anno e mezzo fa, che ne impone, per analogia, la perequazione automatica al di là della firma del contratto: come indicato anche dalla Consulta, un anno fa, che ha reputato illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi pubblici.
Se dopo quasi un decennio di stipendi pubblici fermi il rinnovo del contratto dovesse portare 85 euro lordi di aumento, ci troveremmo di fronte a un incremento a dir poco insufficiente. L’accordo, che si starebbe consumando in queste ore, tra il Ministro per la P.A., Marianna Madia, e le organizzazioni sindacali rappresentative, andrebbe così a sancire un’altra beffa per circa 3 milioni e 300mila dipendenti statali.
I conti non sono un’opinione: Anief-Cisal, pertanto, ha calcolato che i 300 milioni di aumento approvati nell’ultima Legge di Stabilità costituiscono un’inezia rispetto a quanto era dovuto ai lavoratori pubblici: addirittura la centesima parte di quanto sarebbe servito. Non si comprende, inoltre, con quali fondi si possano “coprire” gli stessi 85 euro di aumento, sui quali si sta chiudendo la trattativa avviata in estate, da assegnare a tutti i dipendenti che operano per lo Stato: in tal caso, considerando che il contratto è triennale, lo stanziamento dovrebbe essere di 11 miliardi. Mentre nella nuova legge di bilancio, per quanto riguarda il “pubblico impiego e amministrazioni pubbliche”, è prevista “l'istituzione di un Fondo per il pubblico impiego, con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro a decorrere dal 2018”.
Tale importo, già decisamente insufficiente, sarebbe volto, tra l’altro, a finanziare (articolo 52) non solo “la contrattazione collettiva nel pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018 (in aggiunta ai 300 milioni di euro già stanziati dall'ultima legge di stabilità)”, ma anche “il miglioramento economico del personale non contrattualizzato, nonché assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente”.
L’aumento previsto nella legge di bilancio 2017 risulta, pertanto, ampiamente insufficiente: ammesso che il Governo riesca, comunque, a finanziare gli 85 euro che andrebbe, però, a ridare solo quell’indennità di vacanza contrattuale (da corrispondere dal 1° settembre 2015), si tratterebbe di una percentuale inadeguata. A fronte di uno stipendio lordo medio di 1.700 euro, l’incremento necessario sarebbe infatti del 10 per cento, pari quindi a 170 euro.: esattamente il doppio di quanto propongono ora amministrazione pubblica e sindacati. Se si volessero adeguare, poi, le buste paga dei lavoratori pubblici a quelle dei privati, la somma dovrebbe raddoppiare: si tradurrebbe, quindi, in 340 euro di aumento, per una copertura complessiva di 44 miliardi.
“Dopo i meno abbienti, le madri e le forze dell’ordine – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – potrebbe, quindi, toccare ai dipendenti pubblici ottenere 80 euro mensili in più. Peccato, però, che si tratti di lavoratori che attendono questo momento da sette anni e a cui, nel frattempo, il costo della vita ha fatto regredire lo stipendio in modo spaventoso. Viene da chiedersi, tra l’altro, dove siano le coperture di tale accordo, peraltro teso al risparmio. Dai nostri calcoli, infatti, non vi è la copertura economica adeguata, come non lo era in passato. A meno che non si tratti di un annuncio-accordo in chiave referendum del 4 dicembre”.
“Fatto sta – continua il sindacalista Anief-Cisal – che noi rimaniamo fermi ai fatti e ai numeri veri. Gli stessi che ha pubblicato, di recente, l’Aran e, anche l’Istatsecondo cui nel 2016 gli stipendi dei lavoratori statali hanno raggiunto il punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982. La verità è che si sta chiudendo su un accordo che prevede l’assegnazione di un salario che non copre nemmeno l’inflazione, come certificato nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti. E si aggira pure la sentenza della Consulta (sulle pensioni quali retribuzioni differite), di un anno e mezzo fa, che ne impone, per analogia, la perequazione automatica al di là della firma del contratto: come indicato anche dalla Consulta, un anno fa, che ha reputato illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi pubblici”.
Per questi motivi, Anief-Cisal invita i lavoratori della scuola e del pubblico impiego a ricorrere per recuperare per via giudiziaria quell’indennità di vacanza contrattuale che altrimenti verrà persa per sempre.
Per approfondimenti:
Contratto, meglio tardi che mai: i sindacati maggiori si svegliano e chiedono 220 euro di aumento
Pa: firma accordo 4 comparti(Ansa, 5 aprile 2016)
Aumento stipendi ai minimi dal 1982 (Ansa, 27 maggio 2016)
P.a: Madia, mai detto soglia 26mila euro per aumenti salario(Ansa, 13 giugno 2016)
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