L’imbarazzante situazione, di cui il Miur ha tutta la responsabilità per l’eccessiva pre-selezione sui titoli d’accesso, si verificherà in Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria e Friuli Venezia Giulia. La rigidità del Miur nel preselezionare gli aspiranti insegnanti, contrasta pure con la decisione del Tar del Lazio di dire sì alla richiesta dei docenti di ruolo di partecipare alle prove in programma nelle prossime settimane. Inoltre, quegli oltre 500 posti di sostegno che di sicuro non andranno al ruolo, sono destinati ad essere coperti da docenti laureati. Gli stessi per i quali si attende la pronuncia del Consiglio di Stato, a proposito delle istanze di chi ancora oggi risulta, comunque, salvaguardato dalla legge che gli consente di insegnare.
Marcello Pacifico (presidente Anief): nelle more della definizione della sentenza di merito, anche per come si è comportata in passato la giustizia amministrativa, sarebbe opportuno estendere la partecipazione a tutti i candidati in possesso del titolo di studio d’accesso. Superando la dimenticanza del legislatore, che ha ignorato il principio di affidamento, di buon andamento, il rispetto del merito, la parità di accesso dei cittadini ai pubblici uffici, i principi di ragionevolezza e di equità. L’obiettivo rimane quello di ottenere dei provvedimenti d’urgenza favorevoli ai ricorrenti prima del 31 maggio. Lo stesso potrebbe accadere per le discipline, molte delle quali hanno fatto registrare domande appena superiori alle cattedre messe a bando.
Si sta sempre più rivelando un concorso a cattedre all’insegna dei paradossi. Perché la decisione del Miur di non far accedere alle prove, oltre ai laureati, neanche gli specializzandi sul sostegno che dovevano concludere il corso formativo entro il 2015, dicendo no anche a coloro che tra pochi giorni otterranno il titolo, ha determinato una preselezione eccessiva. Al punto che il numero di coloro che hanno presentato domanda ordinaria, attraverso il portale Istanze On Line, in diverse regioni porterà il prossimo 6 maggio, giorno della prova scritta per tutti gli aspiranti al ruolo in quest’ambito dell’insegnamento, ad avere un numero di candidati più basso rispetto alla quantità di posti messa a bando.
“Non solo in Lombardia – scrive oggi Tuttoscuola - vi sono meno candidati dei posti a concorso (753 candidati per 1.148 posti), con 395 posti destinati sicuramente a rimanere scoperti, ma questo avviene anche nel Veneto con 72 posti che non saranno assegnati (274 candidati per 346 posti), in Piemonte con 45 posti scoperti (333 candidati per 378 posti), in Liguria con 6 posti scoperti (126 candidati per 132 posti) e in Friuli Venezia Giulia con 5 posti scoperti (51 candidati per 56 posti). È certo, quindi, che nella migliore delle ipotesi rimarranno complessivamente non assegnati 523 posti di sostegno nella scuola primaria. Si potrebbe pensare che manchi la materia prima (i candidati) ma non è così”, conclude la rivista specializzata.
La risposta alla spiacevole decisione presa dal Ministero dell’Istruzione di allestire in ben cinque regioni un concorso pubblico senza curarsi del fatto che ci siano meno candidati che posti, è stata fornita qualche giorno fa da Orizzonte Scuola, secondo cui “sarebbe stato il caso di ammettere alla procedura concorsuale gli specializzandi di alcuni corsi di sostegno ancora in svolgimento e che più volte hanno presentato richiesta di partecipazione”. Anche perché, ricordiamo, solo gli specializzandi all’Università di Firenze e di Siena sono riusciti a terminare il corso in modo utile per partecipare alla selezione nazionale.
Ma c’è dell’altro. Perché la rigidità del Miur nel preselezionare gli aspiranti docenti a tempo indeterminato, contrasta pure con la decisione del Tar del Lazio di dire sì alla richiesta dei docenti di ruolo di partecipare alle prove scritte, in programma nelle prossime settimane. Inoltre, quegli oltre 500 posti non assegnati al ruolo, come almeno altri 25mila posti liberi (trasformati in posti in “deroga” dal vincolo del 70% dell’organico di diritto previsto dalla anacronistica Legge 128/2013 approvata durante la gestione dell’ex ministro Maria Chiara Carrozza), andranno di sicuro a dei docenti laureati.
Quegli stessi laureati su cui si attende la pronuncia del Consiglio di Stato, a proposito delle istanze di chi ancora oggi risulta comunque salvaguardato dalla legge che gli consente di insegnare: per evitare la rinnovazione delle prove o, addirittura, l’annullamento dell’intera procedura concorsuale, è bene che si rifletta sul fatto che le ultime norme approvate dal Governo sul reclutamento, la stessa Legge 107/2015, prevedono che in occasione dell’ultima ‘finestra’, valida sino all’anno scolastico 2018/2019, sarà ancora possibile essere collocati in terza fascia d’Istituto ed insegnare senza abilitazione. Per questo motivo, il legislatore, per mera equità, avrebbe dovuto applicare una clausola di salvaguardia per la partecipazione al concorso.
“Ed è per tale motivo – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – che nelle more della definizione della sentenza di merito, anche sulla base di come si è comportata in passato la giustizia amministrativa su vicende analoghe, riteniamo che sarebbe opportuno estendere la partecipazione al concorso a tutti i candidati in possesso del titolo di studio d’accesso. Superando la dimenticanza di chi ha redatto e approvato le legge, che ha ignorato il principio di affidamento, di buon andamento, il rispetto del merito, la parità di accesso dei cittadini ai pubblici uffici, i principi di ragionevolezza e di equità”.
“Questi principi verranno portati dinanzi ai gradi di giudizio superiori, con l’obiettivo di ottenere dei provvedimenti d’urgenza favorevoli ai ricorrenti di sostegno prima del 31 maggio 2016, giorno dell’ultima prova scritta del concorso. Lo stesso potrebbe accadere per quelli afferenti alle discipline, molte delle quali hanno fatto registrare un numero di domande appena superiore alle cattedre messe a bando”, conclude il sindacalista Anief.
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