Per la Corte dei Conti il “buco” per il mancato pagamento mensile dei contributi figurativi dei dipendenti pubblici era di 23 miliardi di euro dopo la fusione dell’INPDAP con l’INPS
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): la cessione del TFR assicura 100 euro oggi ma ne toglie 150 domani al momento del pensionamento. Il Trattamento di fine rapporto, infatti, è la principale fonte di finanziamento dei fondi integrativi pensione (80% quota base). Senza di esso, i lavoratori, a fine carriera prenderanno meno della metà dell’ultimo stipendio, con il rischio di una nuova tassazione che porti un solo vantaggio per le casse pubbliche. Il sindacato, inoltre, dopo i primi successi in tribunale, avvia la campagna per ottenere la restituzione del 2,5% di trattenuta operata nei cedolini del personale della scuola assunto a partire dal 2001.
La decisione del Governo di escludere i dipendenti pubblici dal piano di anticipo mensile in busta paga, oppure come quattordicesima, del pagamento del Trattamento di fine rapporto non è casuale, ma va ricondotta al fatto che lo Stato non ha mai versato quei contributi, se non a titolo figurativo. A denunciarlo è l’associazione sindacale Anief, ricordando che la Corte di Conti ha certificato un “buco” di 23 miliardi di euro, che l’Inps ha ereditato dall’Inpdap, per il mancato pagamento mensile dei contributi dei dipendenti pubblici. Il Governo ha disposto un emendamento ad hoc nella legge di stabilità, ma ad oggi nonostante le variazioni tecniche non risultano finanziamenti adeguati per coprire l’enorme “buco” sui TFR degli statali.
E anche se l’onerosa copertura dovesse arrivare, la somministrazione graduale del Trattamento di fine rapporto non costituisce una buona opportunità: “per i lavoratori – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – quella di assegnare il Tfr assieme alle buste paga sarebbe una decisione peggiorativa, perché si tratta di un risparmio derivante per l’80 per cento dai fondi pensionistici. Quello che nella scuola, ad esempio, si chiama ‘Fondo Espero’”.
“Il problema – continua il sindacalista Anief-Confedir – è che se il progetto del Governo andasse in porto, i vantaggi economici derivanti dal progredire di questo ‘tesoretto’ sarebbero quasi del tutto annullati. Sia perché con lo stipendio scatterebbe un’aliquota marginale, decisamente meno vantaggiosa per il lavoratore, sia perché la tassazione sarebbe molto più elevata. Con il paradosso che lo Stato si ritroverebbe ad incentivare gli stipendi non solo a costo zero, ma incassando pure una percentuale di soldi non indifferente: si stima una cifra vicina al miliardo di euro. E laddove invece lo Stato è chiamato a spendere, perché datore di lavoro, si tira ancora una volta indietro. Ecco perché – conclude Pacifico – il sindacato dice ‘no, grazie’ alla proposta del Governo di cedere il Tfr ai dipendenti tramite le buste paga”.
Anief coglie l’occasione per ricordare che per i dipendenti pubblici sono stati attivati i ricorsi contro l’interruzione della trattenuta illegittima in busta paga del 2,5% per il TFR, come previsto dal D.P.C.M. del 20 dicembre 1999, per la restituzione delle somme indebitamente prelevate e l’accredito figurativo dell’intero trattamento fine rapporto, assieme agli accessori interessi di legge, nonché per l’accertamento del credito del 2,69% per il 2011/2012 utile a costituire il TFS mancante nel periodo provvisorio di transito di tale personale in regime di TFR per effetto della legge 122/2010 dichiarata incostituzionale.
È possibile aderire on line al ricorso TFR seguendo le indicazioni a questo link.
Per approfondimenti:
TFR: sentenza storica del tribunale del lavoro di Roma che restituisce la trattenuta del 2,5%