Il 20% degli studenti che si iscrivono alla scuola secondaria di secondo grado è destinato a lasciare la scuola o ad andare incontro ad almeno una bocciatura e il loro destino è legato a doppio filo ai voti conseguiti in terza media e al livello culturale della famiglia di appartenenza: è quanto emerge dallo studio “Dalla licenza media alla maturità. Il percorso visto attraverso i dati Invalsi”. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “il nostro sistema d’istruzione sta perdendo gradualmente la sua mission primaria di ascensore sociale, lasciando sempre più al loro destino i giovani svantaggiati. Si sta realizzando l’esatto opposto di quanto scritto nel nostro dettato costituzionale, secondo il quale anche chi è privo di mezzi ha pieno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e di affermarsi nella società. Noi il nostro apporto lo stiamo fornendo, indicando ai parlamentari, anche attraverso la Legge di Bilancio 2020, le azioni da intraprendere, a cominciare dagli organici e dal tempo scuola da incrementare: se si continuerà invece a tenere la testa nella sabbia, a questo punto i cittadini italiani sanno dove andare a bussare”
A pesare negativamente sulla efficacia della scuola italiana n c’è solo l’alto tasso di dispersione, in alcune province del Meridione superiore al 30-40 per cento, come confermato dai più recenti studi Svimez: approfondendo i dati nazionali Invalsi sugli esiti della maturità, si scopre infatti che in Italia in media un alunno su cinque non riesce a concludere il percorso di studi in regola anche perché ha ripetuto uno o più anni lo stesso anno di studi. E il mix di questi due fattori rende ancora più grigio il quadro degli abbandoni alle superiori.
L’INCIDENZA DI VOTI PREGRESSI E FAMIGLIA
L’Invalsi tiene a far sapere che i risultati ottenuti dagli studenti nelle prove in seconda e in quinta superiore sono fortemente influenzati dai risultati in uscita dalla scuola media, perché più del 45% degli studenti in difficoltà al termine della scuola media rimane in questa situazione anche alla fine della scuola superiore. In Matematica la percentuale sale addirittura al 50%. Sul cammino poco lusinghiero, a livello di studi superiori, pesa molto anche il livello culturale dei genitori, o meglio il titolo di studio di mamma e papà: come si poteva presupporre, infatti, gli studenti che provengono da famiglie meno colte incontrano infatti maggiori difficoltà.
I NUMERI
I numeri pubblicati dall’Invalsi – ripresi e commentati da Orizzonte Scuola - sono evidenti: nel 2014 circa 515.000 ragazzi di terza media hanno partecipato alle prove Invalsi e hanno poi superato l’esame di Stato; di questi, appena 333.900 hanno svolto le prove del grado 10 nel 2016 o nel 2017: un ragazzo su tre non è stato censito. E coloro che si astengono dal sostenere le prove Invalsi sono studenti che sono stati licenziati con punteggi bassi.
LA STRADA DA PERCORRERE
Anief torna a chiedere uno sforzo a chi governa il Paese e in particolare la scuola. Perché i numeri dell’Invalsi ci confermano che a subire le conseguenze più amare di uno Stato che non riesce a sostenere, indirizzare e seguire i propri giovani sono gli allievi più deboli, con famiglie con titoli di studio non elevati, strutture circostanti inadeguate e variabili circostanti sfavorevoli, come la mancanza di agenti culturali e di figure specialistiche a supporto.
Il sindacato, dunque, continua a chiedere, per cambiare marcia, l’incremento degli investimenti complessivi sul comparto Scuola: invece, la spesa pubblica per l’Istruzione rispetto al Pil risulta in calo fino al 2035, passando dal 4% al 3,2%. Con Eurostat che ha collocato l’Italia all’ultimo posto UE per la spesa pubblica per l’Istruzione: nella nostra Penisola si investe pe il comparto appena il 7,9%, conto il 10,2% medio dell’Unione Europea. Su questo aspetto, Anief ha raccolto l’appello di questi giorni della rivista Tuttoscuola, sulla necessità di investire in più istruzione. Questo, significa che occorre ritornare al tempo scuola precedente al dimensionamento del 2008, quando si posero le basi per tagliare il 25% delle ore d’insegnamento, la docenza per moduli e le compresenze nella primaria, 4mila istituti autonomi su 12 mila, con l’aumento progressivo di alunni per classe, che ha poi portato alle classi pollaio e ai problemi di sicurezza.
LE MODIFICHE ALLA LEGGE DI BILANCIO
A questo scopo, per aumentare la disponibilità del personale in forza in ogni istituto ed incrementare il tempo-scuola, il sindacato Anief nei giorni passati ha chiesto di modificare la manovra di bilancio (28.14.14, dopo il comma 16) prevedendo l’adeguamento dell’organico di fatto all’organico di diritto “anche sui posti in deroga di sostegno e per le sezioni primavera nonché alle effettive esigenza della comunità”, da attuare “anche sui posti relativi alle sezioni primavera”. Tale proposta, comporterebbe “la revisione dei criteri di assegnazioni degli organici alle istituzioni scolastiche da sottoporre alla Conferenza Stato – Regioni, in base alle effettive esigenze del territorio, alla dislocazione, alla rete di collegamento con le stesse istituzioni scolastiche nelle piccole isole o comunità montane, all’ubicazione in luoghi a rischio, ad alto tasso di dispersione scolastica, migratorio o ancora depresse economicamente”.
Infine, il giovane sindacato ha chiesto di modificare la Legge di Bilancio (28.14.18, dopo il comma 16), prevedendo sia l’estensione dell’obbligo scolastico a diciotto anni e anticipo dell’obbligo scolastico a 5 anni, “considerati i dati sulla dispersione scolastica, l’aumento dei neet, la scarsa percentuale di giovani che conseguono un diploma terziario si ritiene necessario investire sulla formazione del capitale umano e innalzare l’obbligo formativo a diciotto anni per dotare gli studenti di quel bagaglio di competenze che potrà sostenerli nella ricerca di un lavoro di qualità e nella formazione universitaria”.
“Anticipare l'obbligo scolastico a 5 anni, introducendo una classe 'ponte' che preveda la compresenza dei maestri dell'infanzia con quelli della scuola primaria, all'interno di una rinnovata programmazione e organizzazione degli spazi d'aula consentirebbe di valorizzare l'esperienza educativa dei bambini di cinque anni collocandola in continuità con l'apprendimento del percorso di formazione successivo”, conclude il sindacato nelle motivazioni dell’emendamento.
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